Non possiamo più prescindere dalla prima, ma possiamo affrontare ciò che istintivamente ha prodotto. Complice la concomitanza della più grande crisi economica dopo quella del ‘29 del secolo scorso, dicono… Ciascuno di noi ha la propria ricetta a livello politico o ...personale (che l’è po’ la stesa roba). Ognuno dovrebbe affrontare il problema con i mezzi che ha: intellettuali ed economici. Nel mio piccolo, con le capacità e l’esperienza datami dalla barba bianca e con i mezzi economici a mia disposizione: 1.200,00 euro di pensione al mese +13ª, da un paio di anni sto formando dei “Contadini di Montagna” con la (involontaria) collaborazione della Comunità Il Gabbiano che ospita ragazzi minorenni in una ex cascina sopra Morbegno in località Dos de la Lümaga. Insegno ad alcuni loro ospiti l’arte del contadino di montagna. Ho avuto come apprendisti: per un paio di stagioni agricole il ‘Nico proveniente dai dintorni di Milano. I Caramba l’avevano beccato che spacciava un po’ di erba: (come nei films) gli si erano incastrati i pantaloni nella rete di recinzione mentre cercava di scappare. Due giorni al Beccaria lo avevano fatto “cagarsotto”… Il giudice dei minori gli aveva affibbiato due anni di “messa alla prova” al Gabbiano appunto. Un ragazzino di diciotto anni che ne dimostrava simpaticamente quattordici, sgamato come pochi soprannominato “Nico capatosta” ...chissà che fine ha fatto! Poi per un anno mi hanno affidato Oumar, arrivato dall’Africa coi barconi ai tempi della ...“Grande Invasione”!!! Ora, sempre come “Volontario” della Comunità Il Gabbiano ho l’onore e il piacere di aiutare a trovare un lavoro a Amadou e a Demba ...Oddìo! a momenti dimenticavo il primo Amadou, anche lui uscito dalla SCAM (Scuola Pratica per l’Agricoltura di Montagna) col diploma di “Contadino di Montagna”.
L’ultimo Amadou (in ordine temporale, perché probabilmente ne arriveranno altri...) è arrivato in Europa dopo aver attraversato il deserto del Sahara e aver conosciuto le prigioni della Libia. Anche Demba (io lo chiamo Dembà alla francese), vi può raccontare la stessa... “avventura” per far ingrossare un po’ la bile agli anti tesi su nel titolo. Oh! Cazzarola! Mi viene in mente now-now, che uno parla inglese e l’altro francese. Si, so un po’ il francese e un po’ di inglese, avendo studiato quelle lingue e trascorso un annetto in Africa, però non posso non rendermi conscio tra una battuta e l’altra sulla tastiera che sto parlano ad entrambi in francese da oltre sei mesi, sic!. Alimortacci dell’età! Dimenticavo pure Klevis, un ragazzo albanese che fumava già la pipa elettronica a diciotto anni e si faceva delle gran belle dormite…
La Compagna di casa mi suggerisce che c’è stato già anche un altro Amadou... quel ragazzone che veniva a lavorare “dietro a fieno” quell’estate che lo facevi salire alla Selva dei Geltrüda in bicicletta… Se regordèt? Ah già! Un altro diploma meritato. Divagando, dicevo?! La sintesi: Quando la casa brucia, non bisogna scappare ma aiutare a spegnere l’incendio. Glocalmente, cioè globalmente e localmente, io do una mano in questa maniera. Aiuto i furest, non gli stranieri o extracomunitari, a inserirsi in Valle dove c’è un grande bisogno di braccia per i territorio, nel mio caso nel comparto agricolo. Ci scambiamo le culture, i saperi le conoscenze e diventiamo vecchi senza fare le guerre, che di casini ce ne sono già abbastanza… A volte però ho degli scrupoli perché li faccio lavorare questi ragazzi; d’altra parte la Scuola è... pratica. Pic e pala, spazza fò, spacà legna, mundà, “tirer le lait aux chevres”, falciare i prati e tutti i lavori che facevo e faccio ancora anch’io. Gli do una piccola mancia alla settimana in accordo con loro e la Comunità, una bottiglia di aranciata alla settimana e una bisciola al mese. Poi hem! uva, noci, castagne e qualche verdura dell’orto. Di più non posso proprio. Come hanno fatto con me alcuni artigiani di Cimacase di Morbegno, che non scorderò mai, che al pomeriggio dopo la scuola mi prendevano nelle loro Botteghe per farsi aiutare nei piccoli lavori di manovalanza: pulire il pavimento, i vetri, strappare i chiodi, scartegià e così via, dandomi appunto una piccola mancia.
Dovete saper però che nei paesi africani dove sono stato io a fare volontariato, non è il datore di lavoro che paga gli apprendisti, ma è la famiglia dell’apprendista che remunera il datore di lavoro affinché insegni al proprio figlio il mestiere, perché sostanzialmente il mestiere glielo ruba. ‘l mestee s'ha de rubàl per imparàl! Che sia giusto o sbagliato potremmo discuterne.
Ecco io ho messo assieme queste due visioni economiche: io, datore di lavoro non ti pago come un professionista, perché non mi rendi come tale. Ti retribuisco un po’ meno, però alla fine quando sei in grado di metterti su la tua azienda dal punto di vista professionale, ti rilascio un pezzo di carta in cui dico che sei in grado di fare il mestiere. Praticamente questi ragazzi stanno con me un anno circa in modo che coprono tutte le stagioni agricole: ognuna ha i suoi lavori da fare e apprendendo la loro organizzazione: non è semplice far capire loro che le capre d’inverno mangiano fieno e d’estate erba. Lo possono apprendere solo se falciano l’erba, seccano il fieno e poi d’inverno lo danno da mangiare alle bestie. La primavera scorsa, grazie anche al diploma della SCAM, Oumar è stato assunto da una cooperativa agricola locale e di questo me ne vanto. Spero che alcuni dei ragazzi che formerò possano continuare l’arte del contadino, salire sugli alpeggi o essere dei boscaioli o quant’altro...; perché dobbiamo farci aiutare, ne abbiamo bisogno, per spegnere assieme l’incendio: anche loro, laggiù hanno i loro foeux de brousse.
Alfredo Mazzoni