Uno degli studiosi della “postmodernità” è il sociologo, filosofo e accademico polacco Zigmunt Brauman (1925-2017). Riporto un brano tratto da Intervista sull’identità (Laterza, Bari 2003) ove l’autore svela la precarietà dell’identità (individuale e politica) ed invita a delle riflessioni.
«Le comunità virtuali che hanno sostituto quelle naturali, creano solo l'illusione di intimità e una finzione di comunità.
Non sono validi sostituti del sedersi insieme ad un tavolo, guardarsi in faccia, avere una conversazione reale. Né sono in grado queste comunità virtuali di dare sostanza all'identità personale, la ragione primaria per cui le si cerca.
Rendono semmai più difficile di quanto non sia già accordarsi con se stessi.
Le persone camminano qua e là con l'auricolare parlando ad alta voce da soli, come schizofrenici, paranoici, incuranti di ciò che sta loro intorno.
L'introspezione è un'attività che sta scomparendo.
Sempre più persone, quando si trovano a fronteggiare momenti di solitudine… invece di raccogliere i pensieri, controllano se ci sono messaggi sul cellulare per avere qualche brandello di evidenza che dimostri loro che qualcuno da qualche parte, forse li vuole o ha bisogno di loro».
Un flash su quella che il pensatore ha definito società liquida con un’immagine felice e fortunata. È la società che si delinea nella “postmodernità” con il venir meno di quelle entità che garantivano ai singoli la soluzione dei problemi del tempo e con l’avvento della crisi del concetto di comunità. Non più comunità naturali, ma comunità virtuali che creano solo l’illusione di intimità e una finzione di comunità.
Con amarezza si constata inoltre che l’individualismo sfrenato, il soggettivismo esasperato rendono ancor più fragile la società priva di punti di riferimento e di valori oggettivi e universali.
Si perde la certezza del diritto e spesso la magistratura viene considerata come nemica; così le uniche soluzioni per l’individuo senza punti di riferimento, sono da un lato l’apparire, la visibilità a tutti i costi e dall’altro il consumismo.
Una società di consumatori – scrive altrove il filosofo – è una società liquida perché tutte le entità possono essere come non essere, tutte le appartenenze ingenerano fedeltà o tradimenti arbitrari. E ancora: la modernità liquida è la convinzione che il cambiamento è l'unica cosa permanente e che l'incertezza è l'unica certezza.
Maurizio Ferrera, editorialista del Corriere della sera, sottolinea che per Bauman la società liquida è il compimento di tendenze già insite nella prima modernità.
“Tutto ciò che è solido si scioglie nell’aria”, si legge nel Manifesto di Marx e Engels del 1848. Essi non immaginavano però che, invece di sconfiggerlo, la liquidità avrebbe dato nuova linfa al capitalismo, rendendolo globale e, in più, avrebbe creato precarietà, incertezza, continua fluidità.
In tanta liquidità si sciolgono anche le parole, si svuotano di senso.
In verità, mai come ai nostri giorni, le parole s’arrestano, s’inceppano, zoppicano e sembrano spegnersi.
I ragazzi, fruitori di immagini televisive e di icone informatiche, non sanno più parlare e scrivere. L'introspezione è un'attività che sta scomparendo… eppure, ci ricorda Bauman, il fantasticare, l'immaginare, sono fondamentali per la propria salute mentale, e anche per avere idee. Fanno parte di quelle attività “inutili” che stanno scomparendo travolte dalle tecnologie che saturano il nostro tempo. Siamo sempre più dipendenti dal conforto che gli smartphone ci forniscono. L’essere un utente di un Social Network – ad esempio – ci convince di far parte di una comunità, ci fa credere di essere amici, quando invece si tratta di una comunità “virtuale” in cui i rapporti molto spesso sono finti. Si parla oggi di nuove tecno-fobie e di stress da nuove tecnologie come controllare incessantemente il telefonino per paura di non essere raggiungibile o guardare la mail o un sms o un wathsapp per paura di non leggere un messaggio importante.
Per Alfonso Berardinelli, saggista e critico letterario, è un pericoloso rischio sostituire le cose reali con la loro immagine. Molte entità solide e l'intera vita sociale diventano “liquide”, poi aeree, infine puramente visive e incorporee. Immagini fittizie e virtuali.
Lentamente si va verso la smaterializzazione della nostra civiltà, si diffonde un virus culturale che apre le porte ad una civilizzata barbarie.
Cieca devastazione si insinua tra reale e virtuale, sterile, trascina verso il nulla. (g.r.)