Una delle accuse che sono state spesso rivolte a quel filone del cinema italiano che è la cosiddetta “commedia all'italiana”, è la compiacenza nei confronti dei vizi che quella commedia denunciava. Insomma: se alcuni dei suoi protagonisti erano affetti da cinismo, da volgarità, da cialtroneria, se non proprio dalla corruzione, erano proprio quei mali, quelle tare, che li rendevano in fondo simpatici; e così l'accusa era mitigata, annacquata, da un ammiccamento, e cioè da un fondo di complicità tra gli autori e i personaggi, che poteva indurre un'analoga complicità tra i personaggi e gli spettatori.
Notti magiche, l'ultimo film di Paolo Virzì, non soltanto è un esemplare di commedia all'italiana, ma racconta, fra l'altro, di coloro che, per esempio in qualità di sceneggiatori cinematografici, negli anni Novanta erano autori ancora in piena attività dei film di quel filone.
Ma il personaggio intorno al quale ruota tutto l'intreccio, è un produttore cinematografico, ridotto, come dice lui stesso, “alla canna del gas” (l'ufficiale giudiziario gli sequestra tutti i mobili di casa), fidanzato con una giovane attrice svampita per la quale ha lasciato la moglie e che lo tradisce quasi sotto i suoi occhi; ma che non si dà per vinto, e tenta come può di mettere su un nuovo film con ambizioni artistiche: tenta di coinvolgere nel progetto Federico Fellini, all'epoca impegnato nelle riprese di quello che sarà il suo ultimo film: La voce della luna; ma anche, a suo dire, uomini politici influenti, funzionari della RAI, divi americani. E tuttavia, ignorante, caotico, imbroglione com'è – anche se si tratta di un grande produttore, sia pure decaduto – ci lascia intendere che quel progetto è alla stregua di un vaniloquio, non vedrà mai la luce. Come si vede, il ritratto del personaggio, esasperato quasi come una caricatura (lo interpreta da par suo Giancarlo Giannini), non è indulgente.
E sarà proprio dopo un incontro a cena con lui che un giovane, aspirante sceneggiatore, giunto a Roma dalla provincia toscana, con la testa piena di progetti, e di sogni di gloria e di amori, indignato, deciderà di abbandonare per sempre il mondo del cinema: che del resto, ai suoi occhi, aveva già dato pessima prova di sé, con i suoi registi disposti ai compromessi artisticamente più disastrosi pur di tornare a realizzare dopo anni un nuovo film; con i suoi sceneggiatori di grido pronti a sfruttare schiere di “negri” (e cioè: sceneggiatori meno noti disposti a scrivere per loro anonimamente e sottocosto); con un quadro d'ambiente nel complesso chiacchierone, maschilista, pettegolo, vanamente litigioso, nel quale spicca come coscienza critica uno sceneggiatore anziano, che adombra la nobile figura di Scarpelli (lo interpreta, molto bene, Roberto Herlitzka) e che esorta i suoi discepoli e i suoi colleghi a non ripiegarsi sul proprio ombelico ma a guardare “fuori dalla finestra”.
Si può allora concludere che Notti magiche è il film di un moralista, che esprime in fondo una condanna di quel mondo di cinematografari che dipinge?
Ebbene, no. Il senso del film è già nel titolo: “Notti magiche”, appunto. Vale a dire: tanta cialtroneria avrebbe un che di grandioso, di creativo, di magico. Sarebbe l'inevitabile terreno di coltura del vero cinema.
E in quel contesto i personaggi più seri, più colti, magari più tormentati, fanno la figura di macchiette pietose, ridicole.
Insomma: anche stavolta dietro l'apparente condanna, si ritrova puntuale l'ammiccamento, il sorriso complice, quasi l'assoluzione.
Va detto che comunque Virzì dimostra le sue solidi doti di narratore, cosicché il suo film si lascia seguire con interesse. E che tra i giovani attori spicca per naturalezza Giovanni Toscano, nel ruolo di un aspirante sceneggatore. (Del resto, tra i giovani, è il personaggio meno macchiettistico di tutti).
Gianfranco Cercone
(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 10 novembre 2018
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