Margaret Atwood
Disordine morale
Ponte alle Grazie, 2007, pp. 228, € 15,00
Una raccolta di undici racconti della scrittrice canadese Margaret Atwood -Ottawa 1939- Disordine morale si legge come un romanzo e conquista il lettore con un affabulare pacato e profondo che scolpisce i personaggi e fissa con maestria di pennellate l’ambiente.
L’ambiente magico ma inospitale di foreste canadesi, una grezza abitazione di legno lungo il bordo di un lago, la solitudine che costringe a trovare comunque delle soluzioni, un padre che studia gli insetti, il fascino che esercita sui figli il laboratorio fatto di tronchi d’albero, le magre cene che la madre prepara col pesce pescato, sono le basi su cui si formano e si consolidano personalità capaci di resistere alla vita.
Al centro le figure di Tig e Nell con le loro scelte anticonvenzionali, scandalose per i benpensanti, perché vivono insieme pur essendo lui sposato e con il matrimonio ormai alla fine. Entrambi legati con la loro professione al mondo della letteratura, scelgono di vivere lontano dalla città in una fattoria assai malridotta, a detta della gente frequentata da entità invisibili, e la vanno popolando di animali e curano l’orto e la terra come se fosse il loro primo lavoro.
Complessa la figura di Oana, la moglie legittima di Tig, che, dopo essersi avvalsa della collaborazione di Nell per la pubblicazione di un libro, la ritiene la sua giusta sostituta, tanto che le spiana la strada verso Tig, la accetta per riconquistare la propria libertà ma allo stesso tempo la vuole gestire. Mite è Nell, versatile, obbediente fin da bambina, disposta al sacrificio di sé, capace di sopportare percorsi coraggiosi e responsabilità più grandi di lei.
Ci sono situazioni che sembrano surreali, se pensiamo ad una bambina di dieci anni che si prende cura della madre incinta caduta in totale abulia, e si deve sostituire a lei nella cura della neonata, col padre assente per lavoro ed il vuoto intorno. Ci sono comportamenti anomali della sorella di Nell, difficoltà a gestire una fattoria con ospiti – animali e persone – che aumentano nei giorni. Ma intorno la natura ricompensa con la sua bellezza. Ci sono genitori che invecchiano, che lentamente consumano vista, forze, memoria, con il passato carico di emozioni e di esperienze e di contatti umani che rimane solo fissato da foto ingiallite o in scarse righe di diario. Pietosa la figlia tenta di alimentare la memoria che fugge, nella speranza di recuperare ancora la madre alla vita, desiderosa di fare luce su qualcosa di intrigante di lei, solo intuito, che ne completerebbe l’immagine.
C’è la maternità desiderata e quella che nasce nei confronti di figli non propri. Ci sono macchiette fissate nelle loro abitudini, in riti che si ripetono. Le fattorie, gli appartamenti, vanno e vengono veloci da un proprietario all’altro: in un momento di mercato favorevole, si vendono case piene di magagne, si ristrutturano, si trasformano in poco tempo. Scorrono le cose e scorre la vita, dalla meraviglia della nascita, alla consumazione. Ostacoli compresi.
La Atwood racconta con una distanza controllata dalle emozioni, non crea tensioni ma curiosità – siamo certi che ci sarà una via di uscita, in qualche modo –. Non drammatizza, è incline al sorriso, alla lieve ironia, sembra volerci dire che la vita va accettata con tutto il suo bagaglio di pesi, che è preziosa comunque, che va vissuta senza costrizioni che la snaturino. La memoria è un modo per ringraziare la vita, e la letteratura la suggella.
Marisa Cecchetti