Il suo nome viene da Christus
ma non era seguace di nessuno,
[era un bambino
che non era cresciuto e si dilettava
[a fare, a farsi male.
Aveva trentatré anni quando
[lo tirarono giù,
impiccato con un lenzuolo alle sbarre.
Reo di ricettazione – miserabile traffico
di piccolo spavaldo delinquente senza alcuna nozione
di bene e di male, di giusto e d’ingiusto –
era stato sbattuto in cella d’isolamento in attesa di giudizio.
Nessun contatto con nessuno, lui parlava col muro
e chiamava la mamma, che gli portasse panni di ricambio
calzini magliette mutande, lo spazzolino un pettine.
E quel dolce gonfio di uvetta e confettini da inzuppare nel latte.
Lui odiava la madre, per quanto l’amava.
Del padre non voleva saperne. Ancora la sua testa scattava
se appena qualcosa si muoveva nell’aria, come se quella mano
a taglio fosse sempre sospesa sulla sua nuca indifesa.
Poi piangeva poi urlava e imprecava poi piangeva poi urlava
e crollava sfinito sul cemento scuro del pavimento, s’addormentava
e di colpo si ridestava e chiamava la mamma e le urlava contro
come l’avesse davanti, il pugno alzato a colpirla, la voglia pazza
d’abbracciarla per farsi abbracciare, almeno una volta, mamma,
almeno una volta! poi s’aggrappava alle sbarre e sbracciando
gridava aiuto, aiuto, aiuto! E ricordava quel giorno
della prima comunione ed era contento di tutta quella festa
e dei regali, sì, dei regali, la catenina d’oro col crocifisso, l’orologio
col cinturino di cuoio nero, e camicie e pigiami e calzini (mamma,
portami i panni puliti!) e tutta quella roba per niente, solo qualche volta
a dottrina e la confessione bugiarda, e quel giorno non aveva rubato nemmeno un biscotto, e niente busse dal padre, e perfino un sorriso dalla madre che però piangeva.
Si chiamava Cristiano e aveva trentatré anni. Non era seguace di nessuno
e si sentiva perso così solo, solo e abbandonato a se stesso di cui non si fidava. Un bambino che non sarebbe più, mai più cresciuto, che rubava per vizio e per rivalsa e anche per giocare a guardie e ladri, per sfida, per quel sapore asprodolce della gara.
Si chiamava Cristiano e aveva trentatré anni, non era seguace di nessuno solo della sua cattiva stella.
Maria Lanciotti