Questo testo è stato scritto per permettere a tutti coloro che non sono potuti intervenire all’evento “Tran-sito in viaggio per i continenti” di ripercorrere le tappe del nostro... Tran-sito attraverso brevi citazioni dei testi letti.
Lo scorso 13 ottobre lo Studio Avart ha aderito alla Giornata del Contemporaneo proponendo il reading “Tran-sito in viaggio per i Continenti”. Barbarah Guglielmana ha dato voce a testi e poesie di autori di diverse provenienze attraverso i quali sono stati affrontati i molteplici motivi del Transito e del Viaggio. Costrizione, trovare fortuna, esplorare e scoprire, estrema necessità, abbandono della patria, sopravvivenza, ricerca della libertà e di una vita migliore sono le parole chiave del nostro percorso che si è sviluppato lungo il Molo di Camogli, su una sottile lingua di terra circondata da un lato dal mare aperto, dall’altro dal porto.
La prima lettura ha preso in considerazione l’introduzione dell’Odissea di Omero con Ulisse vero simbolo del Transito. Ricordiamo i versi “Narrami, o Musa, dell’eroe che tanto vagò, dopo che distrusse la rocca sacra di Troia: di molti uomini vide la città e conobbe i pensieri, molti dolori patì sul mare nell’animo suo, per garantire a sé la vita e il ritorno ai compagni”. Barbarah ha poi recitato le prime strofe della canzone genovese Ma se ghe pensu del 1925, un inno dei migranti che abbandonarono la Liguria in piena crisi politica, sociale ed economica per cercare fortuna nelle Americhe; il desiderio di tornare nel vecchio continente non li aveva mai abbandonati. Tutto è rappresentato in queste poche parole: «Ma il figlio gli diceva “Non ci pensare a Genova cosa vuoi tornare a fare?” ...e allora io penso ancora di ritornare a posare le ossa dove ho mia nonna».
Percorrendo il molo in un pomeriggio soleggiato e caldo, ci siamo fermati per riflettere sul rapporto viaggio-scoperte e abbiamo analizzato la vicenda di Colombo che ha guidato ed incoraggiato l’equipaggio delle tre caravelle, avendo come missione quella di portare ricchezza alla Spagna. Le letture sono stata tratte da una lettera destinata ai regnanti Ferdinando ed Isabella e dal Diario di bordo. È lo stesso Colombo che descrive la propria esperienza e il desiderio di esplorare il mondo: “in giovanissima età cominciai a navigare e continuo ancora oggi. Questa stessa arte induce chi la segue a desiderare di conoscere i segreti di codesto mondo. Ho percorso tutte le rotte conosciute”.
Colombo sbarcando in America aveva conosciuto popoli stranieri: “essi vanno nudi, sono molto ben fatti e tutti assai belli, hanno capelli lisci, corti e grossi come i crini della coda di cavallo. Alcuni si pitturano di bianco, altri di nero, altri di rosso. Non usano le armi, né le conoscono. Hanno modi gentili, sono buoni e di ingegno vivace”, per quanto possibile con gesti e qualche parola cercò di entrare in amicizia, di indagare sulla loro vita e sul loro territorio.
Lo straniero viene visto come uomo enigmatico, di lui non si sa niente, per questo gli si rivolgono semplici domande sulla famiglia, sulla provenienza, sulle passioni. Lo straniero, uomo enigmatico e poi meraviglioso uomo, è il protagonista del breve dialogo “L’étranger” di Baudelaire. Egli non sa nulla, sa solo che ama le nuvole per l’idea di libertà che racchiudono, possono viaggiare liberamente nel cielo, senza ostacoli fisici, appartengono a tutti. L’uomo straniero è tale perché si trova al di là del confine del proprio territorio, vorrebbe immedesimarsi nelle nuvole, le uniche che vagano ignorando i confini ed i limiti imposti dall’uomo stesso. Abbiamo selezionato i seguenti versi: “- Uomo enigmatico, dimmi, chi ami di più? tuo padre, tua madre, tua sorella otuo fratello? - Non ho né padre, né madre, né sorella, né fratello… - E allora chi ami tu, dunque, meraviglioso straniero? - Amo le nuvole... le nuvole che passano... laggiù... le nuvole meravigliose!”
Il nostro viaggio è passato dalla Francia al Kurdistan per presentare l’idea di libertà espressa dal poeta curdo Abdulla Pashew nella poesia dal titolo “Se desideri”. Egli fornisce una serie di visioni che evocano la rinascita, la luce, la prosperità e la vita: “Se desideri che i cuscini dei tuoi bambini si animino di fiori rosa. Se desideri che i tuoi giardini siano ricchi di frutti...” In questa poesia chi abbatte i confini e li supera sono gli uccelli con il loro volo libero, essi abbandonano il nido fatto in un territorio per andare altrove: “allora libera, libera l’uccello che ha fatto il nido sulla mia lingua”.
La poetessa Warson Shire con “Home” ci porta in Africa. Spesso l’uomo si identifica con la casa; in questo contesto la casa non sono solo fisicamente i quattro muri che ci ospitano e ci proteggono, sono anche gli affetti, il territorio, la patria, le persone, tutto quello che ci circonda. La casa è il nostro nido. In tutte queste accezioni la casa non potrà mai allontanarci e nessuno lascerebbe la casa. A volte la casa ci dice andatevene nel modo più crudo e lo fa per metterci al sicuro, mentre fuggiamo restiamo così legate a lei che dentro di noi continuiamo a mormorare l’inno nazionale. Nessuno può sopportare le difficoltà che si incontrano nel transito, ma la nostra casa è ancor peggio, è la bocca di uno squalo, la canna di un fucile. In queste condizioni tutto diventa sopportabile per la sopravvivenza. Shire nella conclusione della lunga e toccante sequenza di immagini di fuga scrive: «Nessuno se ne va via da casa finché la casa è una voce soffocante che ti mormora all’orecchio “Vattene, scappa lontano da me adesso non so più quello che sono ma so solo che qualsiasi altro posto è più sicuro di qua”».
E infine siamo rientrati in patria, nella nostra Italia e abbiamo fatto un omaggio a Barbarah Guglielmana che oltre ad essere una toccante lettrice di testi altrui è una instancabile e profonda scrittrice di pensieri e di poesie. Affronta molte tematiche, dalla migrazione alla condizione della donna, dal legame con le radici alle emozioni nate dall’osservazione di ciò che vive. Per la mostra “Contempora Longobardorum” (Castello Visconteo, Pavia 2017) era stata chiamata per accompagnare con le poesie le sale della mostra. I Longobardi nella visione di Barbarah spesso hanno tanti punti in comune con i popoli in fuga nel mondo odierno. A cavallo o su una zattera, dal Nord o dal Sud, l’uomo di ieri come quello di oggi è alla ricerca di una condizione di vita migliore, tranquilla e sicura: “Sono salito sulla mia zattera a forma di cavallo, ho indossato una maschera che mi coprisse il viso per nascondere quello che non sapevo per ripararmi dallo sguardo degli attacchi e ho cercato dove coltivare una vita migliore per fermarmi”.
Rosaria Avagliano
Studio Avart Camogli