Se il portolano è un manuale che offre l’elenco dettagliato dei porti a cui sbarcare, ad uso dei marinai, col Portolano del corpo Dal Falco dà voce ad un simbolico marinaio che scopre e valorizza tutte le bellezze del corpo della donna. Non è la donna dantesca di cui ammiriamo solo la luminosità del sorriso, che passa tra la gente con la leggerezza di un angelo, ma la femmina in tutta la sua fisicità, con la concretezza di ogni parte del corpo, può essere il collo, l’orecchio, lo zigomo, le unghie delle mani, poi tutto il resto, a scendere, con grande delicatezza: “lingua vegetale il silenzio,/ spazio descritto in cerchi,/ dalla mano che scende/ ad angoli più acuti,/ a invidiosi ascolti”.
Il sorriso la rende desiderabile, sembra avere un suono, è ammaliante: “Breve tempesta in viso,/ vento di terra,/ augurio di melograni:/ spaccata bellezza in chicchi”.
Il contatto, la pelle, la carezza, il percorso della mano sul corpo, aprono alla sensualità ed all’erotismo con la voluttà della scoperta e dell’attesa. Con lo stesso desiderio si attendono i fiori alla fine dell’inverno: “Sono la terra prima dei fiori, coperta/ da una crosta di brina”.
La meraviglia ed il piacere sono dovunque palpabili, del resto “tutto/ lo spaesato mondo/ dall’al di qua/ affidato/ a spanne/ di piacere/ a rosse cappelle/ e nere cervici”.
La bocca scorre sul corpo che si offre “alla lama dei baci”, lo ascolta palpitare, ed il piacere avvolge entrambi, “schiavi - brezza o tempesta/ della stessa acqua”, mentre il tempo si dilata “nella stanza frugale/ fresca/ e lenta d’ore”, e portolano, approdo, si diventa in due.
Se il mare aperto è dei marinai, questa è la voce di chi non sceglie il largo, ma sta in porto, osserva le partenze e attende i ritorni, voce di terra, sicurezza per i naviganti sotto le stelle: “All’altare nei porti/ Ho sacrificato/ La via del largo”. Il corpo è la terra, è accoglienza e casa.
Se l’elemento liquido - il mare - è sempre in sottofondo, la terra è presente col suo avvicendarsi delle stagioni, che altro non è che lo scorrere della vita, quando diventa prezioso “l’erbario dei ricordi”. Il ricordo ha il dono della selezione: qui si raccolgono emozioni forti, positive, vitali, attraversate da una nostalgia leggera.
La prima parte della raccolta, Portolano del corpo, trova complementarietà nella seconda, Appendice di terra, perché il corpo di lei ha bisogno di attenzioni, deve essere curato come si cura un orto: “Bagnato e curato come si cura un adolescente, con qualche carezza/ e molte parole gettate al vento”: l’apprezzamento della bellezza attraverso il contatto è al di sopra delle parole.
Quella di Dal Falco è una poesia dove la fisicità e l’eros non prorompono sfacciati, ma sono stemperati in un linguaggio simbolico, allusivo ed a suo modo pudico. Dove alle immagini ed ai colori si affiancano le voci della Natura, il canto dei grilli, i rintocchi del picchio, il lento smangiare dei tarli, i fischi delle poiane alla riva, lo schiocco dell’acino d’uva sotto i denti.
Ma sopra tutto c’è un suono che solo l’orecchio di un poeta può percepire, ed è “quel bussare a tempo/ di chi nasce”, in cui sta il miracolo della vita e della continuità del genere umano. Che è frutto solo d’amore.
Marisa Cecchetti
Nicola Dal Falco, Portolano del corpo
La Vita Felice, 2018, pp 72, € 12,00