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Anna Lanzetta. Il male della scuola: la dispersione
19 Settembre 2018
 

Con l’inizio dell’anno scolastico si ripropongono gli annosi problemi della scuola che la rendono sempre più instabile. L’abbandono scolastico è uno dei più gravi e ci obbliga ogni anno a riparlarne tra amarezze e possibili rimedi. Ogni volta che un ragazzo abbandona la scuola apre una ferita all’interno della società non rimarginabile. Accanto a problemi, quali: il precariato, la mancanza di personale, specialmente per il sostegno, l’assegnazione delle cattedre, e tanti altri, la dispersione si pone in tutta la sua gravità e ci obbliga a riflettere su come intervenire. Interventi e progetti vengono effettuati ma risultano del tutto insufficienti visto che il problema permane e investe essenzialmente le zone più disagiate. Quali sono i motivi che spingono i ragazzi all’abbandono?

Innanzitutto la loro fragilità, specialmente nella fase adolescenziale, la scarsa considerazione che hanno della scuola, non supportata dalla famiglia, la poca fiducia nelle proprie capacità, il guadagno apparentemente veloce che miete costantemente vittime, a beneficio della strada. I ragazzi purtroppo, sono facili prede, e affascinati dall’apparire, sono facilmente aggirabili con false chimere; la formazione delle baby gang e il fenomeno del bullismo lo dimostrano. Il problema diventa sempre più preoccupante dato che, nonostante l’impegno di volontari, degli insegnanti e di progetti mirati, non si riesce ad arginarlo.

Perdere un ragazzo, è uno smacco per l’intera società, un fallimento, poiché dimostra la nostra incapacità di trattenere i ragazzi nelle aule per un adeguato processo di educazione e di formazione. È chiaro, che la gravità del problema richiede un impegno collettivo, attivo e costantemente partecipato. Sul piano educativo, limitare il numero degli studenti per classe, potrebbe aiutare, specialmente nel biennio. Sul piano didattico, bisogna rivedere programmi e metodologie, individuando strumenti e strategie capaci di suscitare in ogni discente interesse e curiosità, uscire dai testi e lasciare che il pensiero navighi libero da coercizioni programmatiche; ce lo suggeriscono gli stessi ragazzi quando dicono che non sono interessati, che si annoiano. Sul piano personale bisogna che acquistino fiducia e autostima, fondamentali per credere nelle proprie capacità e operare scelte critiche e consapevoli. È necessario che la scuola dia loro sicurezza e speranza; che li renda artefici di se stessi nel ruolo di protagonisti, in cui il sapere diventi saper fare, con la libertà di inventare, di creare e di modellare le proprie conoscenze secondo i propri interessi; che li guidi al corretto utilizzo degli strumenti della comunicazione; che usi la sinergia dei linguaggi espressivi aprendo loro il mondo della “bellezza”, attraverso la musica e le arti.

Educhiamoci ad educare! Questo deve essere il nostro slogan.

Famiglie, istituzioni, l’intera società è chiamata a rispondere delle proprie responsabilità. Il dialogo deve vincere sul silenzio e diventare un punto di convergenza per l’ascolto, per un’analisi circostanziata dei fenomeni negativi che investono i ragazzi, per confrontarsi, uscire dal proprio isolamento e operare cambiamenti e riforme, frutto dell’esperienza di chi vive dal di dentro la vita scolastica nelle sue problematiche quotidiane, e non calate dall’alto, col rischio che il tutto risulti fallimentare. Bisogna assolutamente allontanare i ragazzi dalla noia e dalla solitudine, dare loro certezze e l’affettività di cui hanno bisogno, una speranza che li tiri fuori dal guscio che li separa dal contesto sociale, il senso di appartenenza, di comunità in cui i valori della vita prendano forma e aprano i loro occhi ai valori planetari, senza rifiuti e distinzioni. È necessario che nella società e in particolare nelle scuole, gli adulti si interroghino sul proprio agire e retrocedano consapevolmente da comportamenti sbagliati e violenti che in prospettiva si riflettono sui ragazzi. Ognuno a scuola deve riprendere il proprio ruolo e dare in concreto un pieno significato alle parole “regole”, “dignità” e “rispetto”, sia a livello individuale che collettivo e contro ogni forma di violenza e di prevaricazione riconoscere alla cultura il suo ruolo storico e alla scuola l’alveo capace di assicurare un domani a tutti. Contro le incertezze devono prevalere: la passione all’insegnamento, l’impegno e la dedizione, realizzabili solo con tenacia e volontà e con progetti finalizzati al recupero, la cui completa vittoria non sarà la lode del primo ma il ritorno e l’inserimento dell’ultimo.

Al punto in cui siamo, il compito non si presenta né facile né immediato, dobbiamo tuttavia agire e ai ragazzi che si allontanano dobbiamo offrire serietà, impegno e la vicinanza dell’intera società. Ma per operare in modo costruttivo e finalizzato, non bastano gli sforzi individuali e collettivi che, sebbene elogiabili, risultano insufficienti a durare nel tempo se le Istituzioni non prendono in cura la scuola, restituendole l’“autorità” dovuta e intervenendo con un costante impegno economico e con finanziamenti a largo raggio, nella piena e convinta consapevolezza che investire in cultura è la più grande ricchezza del nostro paese sia nel presente che in una prospettiva futura e che il valore della scuola deve essere anteposto a qualsiasi investimento in altri settori, perché la cultura è un’arma insostituibile contro ogni forma di prevaricazione ed è l’unica e vera base di ogni società in progress.

 

Anna Lanzetta


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