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Margherita Sarfatti. “Segni, colori e luci” a Milano 
E al MART “Il Novecento Italiano nel mondo”
Margherita Sarfatti
Margherita Sarfatti 
08 Settembre 2018
 

Margherita Sarfatti (1880-1961), fu donna libera, intellettuale e politica, megafono e amante del duce, quindi, compromessa con il regime fascista, figura, quindi, che può far discutere ancor oggi, ma due mostre “autonome e complementari” al Mart di Rovereto, “Margherita Sarfatti. Il Novecento italiano nel mondo”, e al Museo del Novecento a Milano, “Margherita Sarfatti. Segni, colori e luci a Milano”, ne rileggono la figura intellettuale di prima donna critico d’arte in Europa e di promotrice di un sistema che ambiva all’affermazione internazionale della ricerca.

Quella di Rovereto è una rassegna di indagine che parte dall’archivio Sarfatti acquisito pochi anni fa dal Mart, a cura di Daniela Ferrari. La mostra presenta questa colta, volitiva, intraprendente signora dell’arte che guida e condiziona sino all’inizio degli anni Trenta le scelte culturali del regime. Sarfatti veneziana, ebrea, sostenitrice dell’emancipazione femminile, Sarfatti s’infatua del “rivoluzionario” Benito Mussolini ancora socialista. «Ma poi diventerà per il nascente regime fascista la promotrice di una nuova visione della cultura, che per lei è espressione politica, ma mai subalterna al pensiero politico», spiega Danka Giacon, che con Anna Maria Montaldo cura la rassegna di Milano, allestita da Mario Bellini. Sarfatti “lancia” nel 1922 il movimento artistico Novecento, incarnato inizialmente dal Gruppo dei sette (Bucci, Funi, Dudreville, Malerba, Oppi, Marussig, Sironi), proponendo un modello di ritorno all’ordine che guarda alla grande tradizione, da Giotto al Rinascimento. Sarfatti lo definisce con il perfetto ossimoro di “moderna classicità” per una rigenerazione dell’arte italiana. Ecco ad esempio Ubaldo Oppi con Nudo alla finestra del 1926, dallo schema compositivo di impronta quattrocentesca, come “pierfrancescana” è Hena Rigotti di Felice Casorati, dal realismo asciutto e metafisico, o Rosa Rodrigo (La bella), dagli accenti sofisticati ancora déco di Anselmo Bucci, fino alle severe architetture dei Paesaggi urbani di Mario Sironi, in una ritrovata capacità di dipingere forme compiute dopo le scomposizioni delle avanguardie.

La rassegna del Mart mette in luce il marchio di qualità impresso da Sarfatti nella promozione dell’arte italiana all’estero attraverso mostre e conferenze realizzate in tutto il mondo, dalle prime a Parigi nel 1926 a Helsinki, alle ultime a Praga nel 1932.

Incentrata sulla Milano degli anni Dieci e Venti, la rassegna al museo milanese del Novecento è dedicata alla politica cultural-giornalistica di Sarfatti e alla sua attività di promotrice di grandi mostre come quelle del 1926 e del 1929 alla Permanente, con artisti come Borra, Bucci, De Chirico, Dudreville, Funi, Malerba, Sironi e Wildt, spiriti eterogenei, ma legati dal carisma di Sarfatti. Non più svalutato come arte di regime, oggi il movimento di Novecento mostra collegamenti e affinità con quel rappel à l’ordre che percorse tutta l’Europa, da Picasso a Matisse, dalla Nuova oggettività tedesca a Carrà, per riscoprire la tradizione come aspetto essenziale della modernità.

 

Maria Paola Forlani


Foto allegate

Mario Sironi, Composizione murale, 1934 – 1.100x689 cm (Mart, Collezione Allaria)
Anselmo Bucci, ‘Rosa Rodrigo (La bella)’, 1923 – olio su tela (Galleria Antologia, Monza)
Anna Kuliscioff
Ritratto di Margherita Sarfatti, anni 20, (Mart, Archivio del 900, Fondo Sarfatti)
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