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L’integrazione degli studenti arabi nelle scuole e nella società italiana 
di Suliman Busedra
La scuola libica di Milano
La scuola libica di Milano 
17 Agosto 2018
 

L’emigrazione dalla Libia è diventato un fenomeno che si comprende nel contesto dei processi mondiali di globalizzazione. Ricordiamo che la maggiore parte dei cittadini libici sono emigrati all’estero dal 1951, dopo l’indipendenza della Libia. I motivi dell’emigrazione, sociali, di studio e di mancanza di opportunità di lavoro, sono sicuramente tutti riconducibili alla situazione politica che ha passato e sta passando ancora il Paese. Molti lasciano la Libia con la speranza di trovare all’estero migliori condizioni di vita. Per quanto riguarda gli immigrati adulti, dobbiamo dire che appena arrivano nel nuovo territorio di destinazione, non hanno nessuna conoscenza della lingua e delle regole necessarie alla convivenza, soprattutto non conoscono il funzionamento e l’insegnamento delle scuole nelle quali vengono inseriti i loro figli. Per evitare disagi alla famiglia, la maggioranza dei migranti all’inizio preferisce partire lasciando la famiglia in Libia. Dopo aver preso contatto con il nuovo ambiente di vita alcuni di loro possono decidere di far emigrare anche l’intera famiglia, oppure possono scegliere di continuare a stare all’estero da soli.

Appena raggiungono la destinazione prescelta e si stabiliscono nella società che li accoglie, cercano di integrarsi nel sistema sociale del Paese ospite, come nel caso dell’emigrazione in Italia. Quando ottengono i permessi di soggiorno regolari, scelgono di portare i loro famigliari nella nuova comunità. L’emigrazione comporta grandi difficoltà per i genitori, soprattutto di carattere linguistico e culturale, che devono essere affrontate in modo specifico dai figli. Prevale la convinzione secondo cui l’istruzione dei figli è molto importante e il diritto allo studio si realizza con l’iscrizione alla scuola pubblica. L’istruzione è il punto di partenza per l’integrazione dei giovani nella società accogliente.

Non possiamo ignorare l’impegno dei genitori rivolto in modo specifico ai bambini che hanno più di sei anni. I bambini devono andare a scuola e i genitori sanno che in Italia l’istruzione è un diritto per ogni bambino e che la frequenza scolastica è obbligatoria anche per chi non ha la cittadinanza italiana. Inoltre, l’istruzione scolastica è un dovere specificatamente per la scuola dell’obbligo e le diversità culturali e sociali, rispetto al Paese di provenienza, non possono essere considerate una ragione di allontanamento dagli studi. La posizione delle famiglie libiche che vivono in Italia è quella di apprendere la lingua del Paese di accoglienza, pur mantenendo lo studio della lingua materna. Esiste la consapevolezza che per essere inseriti bisogna comunicare con gli altri e capire bene il sistema e la gestione educativa nel Paese ospite. Molti arabi, sia uomini che donne, sono coniugati con cittadini italiani. I loro figli possono godere della doppia cittadinanza. In Libia la legge prevede che la cittadinanza venga acquistata o lasciata al bambino solo dal padre. I bambini nati da matrimoni misti hanno una competenza linguistica maggiore rispetto ai loro compagni immigrati, figli di genitori non italiani. Quando i genitori sono ambedue arabi in casa si parla solo l’arabo. Spesso i bambini stranieri che si trovano in Italia svolgono il proprio percorso scolastico nel sistema italiano e apprendono la lingua durante l’inserimento nel nuovo ambiente scolastico e nello scambio con i compagni italiani. Il processo di apprendimento è graduale e richiede l’impegno a non rendere la diversità linguistica una fonte di discriminazione. Del resto, nella comunità araba si mantengono comunque la tradizione culturale e le abitudini sociali della famiglia. Si capisce che i bambini di madre lingua araba devono imparare a comprendere i testi scolastici delle diverse materie delle scuole italiane.

Un compito importante degli insegnanti è quello di individuare, seguire e segnalare i casi di bambini in difficoltà nella comprensione e nella conoscenza della lingua italiana, indirizzandoli verso centri specializzati. Gli insegnanti valutano l’apprendimento e la capacità degli allevi stranieri di riuscire ad inserirsi subito con i loro compagni di classe. La seconda lingua viene acquisita nel Paese di accoglienza, frequentando le scuole italiane, ma il livello di competenza dell’italiano non raggiunge quello dei bambini italiani. Molto importante sarebbe favorire il dialogo in aula degli allievi stranieri con i loro compagni di classe.

La comunità islamica è composta dai fedeli musulmani presenti in Italia. Secondo l’istituto ISMU iniziative e studi alla multietnicità, all’01/01/2016 in Italia ci sono circa 1.400.000 musulmani riuniti in quattro centri islamici ufficiali funzionanti a Ravenna, Roma, Colle Val D’Elsa, Segrate Milanese e in altri luoghi di culto chiamati “musalla”. Si tratta di spazi grandi con sale e sotterranei di preghiera presi in affitto, con il permesso del comune, delle autorità locali religiose e civili, presenti nelle varie città.

Le autorità locali lavorano con i centri islamici per l’istruzione e l’insegnamento per i figli di famiglia di origine araba e musulmana nati all’estero. I centri organizzano i corsi di “dopo scuola”, o di insegnamento della lingua araba e del Corano. Le lezioni vengono svolte nelle moschee, nei “musalla” sotto la guida della direzione generale delle moschee, con insegnanti di lingua araba qualificati, e con lo studio delle materie come predisposto dai programmi educativi in vigore nelle scuole arabe. Molti di questi centri islamici e luoghi di culto sono fondamentali per la ricostruzione della identità islamica.

Personalmente, per ragioni di lavoro, ho avuto occasione di seguire la scuola libica di Milano e di supervisionare quasi tutte le pratiche didattiche e finanziarie. Mi sono occupato di chiedere ufficialmente i permessi al Ministero dell’Istruzione della Repubblica libica e di fornire alle scuole il materiale necessario per ogni anno scolastico. Ho avuto anche l’opportunità di avere contatti diretti e indiretti con i Dipartimenti educativi ministeriali, e con le commissioni ufficiali che vengono in Italia per controllare e seguire gli esami finali della scuola media e della scuola superiore. Ho seguito l’iter amministrativo degli esami, fino alla chiusura dei compiti in buste sigillate da inviare in Libia per posta con un corriere o tramite canali diplomatici. Ho analizzato i documenti scientifici sui temi oggetto di esame. Ho partecipato alle attività e alle gite scolastiche che organizza il corpo consolare per la scuola libica di Milano.

Durante il mio servizio consolare trascorso in Italia ho curato l’individuazione e lo sviluppo di contatti con studenti e cittadini libici. I miei interlocutori istituzionali sono state le persone interne ed esterne al consolato e sempre competenti in riferimento alla problematica oggetto di studio. I rapporti istituzionali con soggetti culturali ed educativi mi hanno permesso di costruire relazioni speciali e di stabilire contatti con la comunità e con l’associazione libica in Italia. Il lavoro consolare mi ha fatto capire le esigenze dei connazionali, i loro problemi nei diversi settori, soprattutto nel campo educativo, senza trascurare le pratiche con i migrati, con i feriti di guerra, con i carcerati e con gli interessati alle pratiche medico-sanitarie. Ho avuto modo di revisionare i titoli di diploma e di laurea conseguiti dagli studenti libici e rilasciati dalle università e dagli istituti italiani. I titoli vanno firmati e autenticati al fine di procedere con il riconoscimento di validità del documento da parte dell’autorità competente libica. I miei figli maggiori hanno frequentato la scuola libica, invece la mia figlia minore, di dieci anni, ha frequentato la scuola italiana dall’asilo alla quinta elementare e questa esperienza è stata utile perché ho potuto avere incontri con le maestre e con i genitori degli altri compagni e ho potuto conoscere meglio il sistema scolastico italiano vivendolo dal di dentro.

 

Suliman Busedra


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