La scena underground degli anni Sessanta, con il suo immaginifico apparato di sperimentazioni e tutta la voglia di intervenire sul corpo mummificato del sociale. Il ruolo liberatorio, libertario e iconoclastico svolto da parte degli artisti, qualsivoglia fosse il medium scelto e comprese le commistioni e contaminazioni. Le suggestioni più disparate, i panorami metropolitani come una sorta di organismi viventi e la riscoperta della monumentalità della Natura. Balthasar Burkhard è tutto ciò e altro ancora. Al grande fotografo bernese (nato nel 1944 nella capitale elvetica e ivi stesso morto nel 2010) dedica una splendida mostra il MASI (Museo d'arte della Svizzera Italiana) nell'ambito del LAC Lugano Arte e Cultura.
Dai nebbiosi alpeggi con presenze fantasmatiche (e pure di potente concretezza) al gigantismo di Das Bett (Il letto) – fotografia su tela emulsionata, 200 x 260 cm (ha lo splendido sapore di un dipinto iperrealista) – un interno senza presenza umana, che però invincibile aleggia in quella stranita assenza, velata e illuminata da una lampada, e di Der Arm (Il braccio) – stampe alla gelatina d'argento, quattro elementi ognuno di 78 x 370 cm; dal paesaggio normanno a Mexico City (Vulcano) – stampa alla gelatina d'argento su carta baritata, 136,7 x 267,77 cm – sino a Strauss (Struzzo) e Kamel (Cammello) – stampe alla gelatina d'argento, rispettivamente due elementi, ognuno 201 x 90 cm, e tre elementi, ognuno 250 x 300 cm... ruba l'occhio della mente l'ars fotografica di Burkhard, costringendo a compiere un viaggio dall'esterno all'interno di sé: inquietante, meraviglioso, sapienziale, colto e, nel contempo, estremamente diretto.
Come non scorgere talora dei riferimenti a Courbet? Ma anche è palpabile l'influsso della Pop Art. Convivono in BB documentarismo sociale e profetica visionarietà. In ogni caso è una poetica del bello, con tutta l'evocatività e la magia del bianco e nero. Architetture pulsanti. Una fuga in avanti: misteriosa, imprevedibile.
“Attraverso le proprie fotografie Burkhard sembra cercare una formula in cui racchiudere tutte le manifestazioni sia umane che naturali: le rocce e le onde assumono connotazioni sensuali, nei deserti si riconoscono regolarità architettoniche; le riprese aeree di megalopoli – Tokyo, Chicago, Città del Messico – conferiscono alle città l’aspetto di organismi che si estendono a perdita d’occhio. La dimensione delle immagini ne sottolinea il significato emotivo anziché documentario, mentre il bianco e nero dai toni sfumati dona ad esse carattere quasi tattile. Non siamo dunque di fronte a semplici immagini, ma a una concezione della fotografia totalmente nuova". Prezioso (e felicemente avvolgente) l'allestimento nelle sale del LAC.
Lo sguardo intenso, intento, dell'artista, nell'autoritratto datato 1977, come quello del Leone (stampa alla gelatina d'argento, 1996): fieri, indomiti, liberi, non piegati da vieti conformismi o da gabbie imposte da chicchessia.
Alberto Figliolia
Balthasar Burkhard. Dal documento alla fotografia monumentale. LAC Lugano Arte e Cultura, piazza Bernardino Luini 6, Lugano (CH). In collaborazione con Folkwang Museum di Essen, FotoMuseum e Fotostiftung Schweiz di Winterthur. Coordinamento e allestimento a cura di Guido Comis e Diego Stephani. Sino al 30 settembre 2018.
Info: tel. +41(0)91 815 7971, e-mail info@masilugano.ch, sito Internet www.masilugano.ch.
Orari: martedì-domenica 10-18, giovedì aperti fino alle 20, lunedì chiuso