Dentro. Fuori. Altrove. Ovunque. Come quattro punti cardinali. Dentro. Fuori. Altrove. Ovunque. Già una poesia. Dentro. Fuori. Altrove. Ovunque. Sono le quattro sezioni in cui è divisa l'ultima antologia di Claudia Cangemi: Avverbi di vita, un titolo che rivela il rischio dell'irrimediabile nei giorni dell'esistere, ma anche l'antidoto dell'imprevedibile che può scombussolare il già scritto, il fato. (In fondo la vita è come un'immagine bifronte).
È un libro composito Avverbi di vita, complesso ma mai arrogantemente intellettualistico, semmai coraggioso nel suo svelare la fragilità individuale e la difficoltà del mondo, uno sguardo fuori e un viaggio dentro di sé, nei meandri della propria identità, alla ricerca di quel senso che talora pare mutare in non senso, fra i naufragi del cuore e la tenacia delle radici che non voglion farsi svellere. Con la forza antica e nuova/ che non sapevo di avere/ ho sollevato di peso/ la mia vita deragliata/ per rimetterla e tenerla/ sui binari di un presente// Ho riempito la fornace/ ormai spenta e desolata/ d'anni e disamore/ e soffiato sulle braci/ d'ostinata fiducia/ e passione ritrovata// Ora che viaggio a vista/ non mi illudo di guidare/ questa vecchia locomotiva/ verso orizzonti di gloria/ ma ho imparato finalmente/ a godermi il panorama.
C'è una parola francese bellissima (e drammatica): déraciné, sradicato per l'appunto, quel sentimento di estraneità che ci coglie sempre impreparati anche quando siamo immersi nel fluido della normalità (ma nulla è forse più tremendo della normalità...), quella domanda eterna, alla Gauguin; è L'urlo di Munch, è il sottile disagio... eppure ci salverà sempre la luce che sorge dopo il cupo manto notturno o il fuoco di un tramonto che riassume in sé la storia del mondo.
Scorriamo attraverso le pagine del libro, passando per la corona dolce e spinosa degli affetti familiari, per la coscienza ferita da ogni vulnus inflitto alla Terra – Spettri d'alberi/ protendono rami nudi/ all'implacabile azzurro/ di un cielo senza nuvole/ in un gesto sospeso/ tra protesta e preghiera/ a implorare il ritorno/ dell'acqua della vita/ nel letto asciutto/ di un fiume che si è perso/ tra le dune del tempo – o dall'iniquità di cui è tragicamente capace l'Homo sapiens sapiens (vedi la poesia dedicata a Etty Hillesum, scrittrice olandese (quella del celebre, immenso e toccante Diario) perita ad Auschwitz); passiamo attraverso una foresta di metafore e simboli – Troppo bella/ per permetterti il lusso/ di offrirti allo sguardo/ rapace degli uomini// Troppo viva/ di colori sfacciati/ che attirano insetti/ e animali voraci// Nel giardino dell'Eden/ il tuo stelo sottile/ era liscio e innocente/ come pelle di bimba// Ma poi qualcuno volle/ rinchiuderti in un vaso/ credendo che bellezza/ si possa possedere// Spuntarono le spine/ ingenua ribellione/ a chi dice di amarti/ e ti uccide cogliendoti – e, di nuovo, alto si leva un grido di dolore contro l'orrore della guerra – la bellissima Sogni e incubi: Nel fango atroce di trincea/ persero l'innocenza/ le illusioni e la vita/ quei ragazzi partiti/ sulle ali dei sogni/ di gloria e di conquista/ o strappati a forza/ alle zolle risapute/ della fatica semplice// Gettati allo sbaraglio/ fra ordini sbraitati/ in una lingua ignota/ fucilati alla schiena/ o lasciati a morire/ oltre il fronte spezzato/ conobbero l'orrore/ del sacrificio vano/ di una guerra sconfinata// Un secolo è trascorso/ da quell'alba sul Piave...
Dentro. Fuori. Altrove. Ovunque. Quattro movimenti per un'opera. Un'opera incompiuta quale ogni vita in definitiva è. Però... La saggezza delle madri/ porta nel grembo il mondo/ lo nutre e lo protegge/ attraverso i millenni/ accettando il destino/ del più crudele e dolce/ tra tutti i paradossi:/ farsi ponte d'oro/ all'amore che fugge.
Ecco la risposta, il senso... farsi ponte d'oro/ all'amore che fugge.
Alberto Figliolia
Claudia Cangemi, Avverbi di vita. Poesie
La Vita Felice, 2018, pp. 68, € 10,00