Allora, vediamo di provare a ricostruire un pochino la vicenda (giuridica).
A settembre scorso il Tribunale di Genova ordina la confisca di 48 milioni di euro nei confronti dell’ente “Lega”. Secondo i giudici, la somma corrisponde al profitto percepito da tale ente grazie alla commissione di alcuni reati, per i quali erano stati condannati taluni esponenti del partito. In sostanza, si dice, dai reati commessi da persone fisiche il partito, inteso come ente giuridico, ha tratto un consistente (ed illecito, in quanto proveniente da reato) vantaggio.
Viene quindi ordinato il sequestro delle somme di denaro nella disponibilità della Lega, “sino alla concorrenza di tale importo” (48 milioni e 969 mila euro per l’esattezza).
Questa decisione – siamo a settembre 2017 – non viene impugnata da nessuno della Lega; ma ci tornerò.
In sede di concreta esecuzione della misura, la Polizia si chiede – e chiede al Tribunale di Genova – se l’esecuzione stessa debba riguardare solo le somme giacenti sino a quel momento sui conti della Lega (circa 1 milione di euro), o anche le somme che dovessero venire depositate successivamente.
Il Tribunale di Genova ritiene che il sequestro diretto debba riguardare solo le somme di denaro sino a quel momento disponibili. Il pubblico ministero fa ricorso. In appello (tecnicamente “riesame”) i giudici dicono questo: nonostante l’esito infruttuoso dell’esecuzione totale (1 milione su 48), non è possibile sequestrare anche le somme in denaro che entreranno in futuro nelle casse della Lega, e ciò perché 1) sarebbe un sequestro privo di limiti temporali e 2) la legge comunque consente (ma come misura del tutto subordinata) il sequestro “di valore” sui beni dei condannati, una volta tentata, senza riuscirci del tutto, la strada del sequestro diretto di denaro dell’ente.
In tutto questo – passaggio fondamentale – la Lega non impugna il provvedimento originario del Tribunale di Genova. Provvedimento dove si era accertata l’esistenza di un profitto conseguito tramite la commissione di reati da parte di alcuni esponenti della Lega e andato a beneficio, non di quelle singole persone, ma della Lega stessa, come ente, per la somma di oltre 48 milioni di euro. A settembre del 2017, il fatto storico che la Lega abbia tratto un vantaggio economico diviene, quindi, una circostanza definitiva; un fatto non contestato nemmeno dal suo leader.
Arriviamo quindi alla Cassazione, le cui motivazioni sono state depositate due giorni fa.
La Corte dice una cosa molto molto chiara: “ciò che rileva è che le disponibilità monetarie in questo caso dell’ente si siano accresciute di quella somma, legittimando, dunque, la confisca diretta del relativo importo. È la prova della percezione illegittima della somma che conta, e non la sua materiale destinazione: con la conseguenza che, agli effetti della confisca, è l’esistenza di disponibilità economiche comunque accresciute di consistenza a rappresentare l’oggetto da confiscare, senza che assumano rilevanza alcuna gli eventuali movimenti che possa aver subito quel determinato conto bancario”.
E continua: “L’oggetto della misura è sempre quella del decreto originario, che tra l’altro non è stato oggetto di contestazione e cioè l’esistenza di disponibilità monetarie della percepiente Lega che si sono accresciute del profitto del reato, legittimando così il sequestro dell’importo ovunque e presso chiunque custodito, e quindi anche quello pervenuto sui conti in data successiva all’esecuzione del provvedimento genetico” (del Tribunale di Genova di settembre scorso).
Ora. Puoi urlare quanto vuoi che tu non c’entravi nulla. Puoi urlare quanto vuoi al complotto antidemocratico. Puoi urlare quanto vuoi alle toghe nemiche. Al devo parlare con il Capo dello Stato. All’Italia come la Turchia (magari avesse a cuore davvero quel che accade in Turchia).
Ma il punto resta questo, semplice e logicamente comprensibile: tu sei a capo di un ente, di un partito, che – secondo quanto è stato provato con giudizio irrevocabile (divenuto tale perché non ti sei sognato di contestarlo) – si è arricchito grazie a reati commessi dai suoi rappresentanti (di allora). E tu (oggi) stai ancora godendo di quell’arricchimento. Cambiano i leader, ma l’arricchimento resta. La cosa è a prova di bambino: le tue casse ne hanno tratto e continuano a trarne beneficio, pur a distanza di anni, in “concorrenza sleale” rispetto a tanti altri partiti o movimenti.
Quindi, è vero che tu, come persona Matteo Salvini, non c’entri nulla con i reati, che non hai commesso, ma è altrettanto vero che l’ente che rappresenti e che guidi gode ancora oggi di un enorme privilegio. Che è un privilegio, un profitto, illecito. E tu oggi quel profitto sei tenuto a restituirlo, tutto. Non solo o tanto per un assunto giuridico irrevocabile, ma soprattutto per senso istituzionale e rispetto del ruolo che ricopri. Punto.
Giulia Crivellini
(dal suo profilo Fb, 5 luglio 2018)