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Kristina Mamayusupova. Il mediatore interculturale: una professione educativa? La realtà genovese
03 Giugno 2018
 

Se dovessimo definire oggi la società italiana dal punto di vista culturale e territoriale, potremmo affermare con certezza che essa continui a restare una società multiculturale. Osservando la crescente diversità linguistica del terreno geo-culturale italiano, avvertiamo la necessità di approfondirne la conoscenza, acquisendo gli strumenti imprescindibili per trasformare la nascente comunicazione plurilinguistica in un’interazione professionalmente e pedagogicamente “mediata”.

Di conseguenza, la società, adattandosi alle trasformazioni del significativo fenomeno migratorio in atto, produce le figure educative nuove, la cui identità professionale inizia a forgiarsi negli ambienti universitari (facoltà umanistiche e non solo), irrobustendosi, conseguentemente in autonomia per mano delle figure stesse, nel campo antropologico, storico-geografico, linguistico e pedagogico. I mediatori interculturali, inizialmente “animatori di lingua madre” e oggi “figure professionali in costante trasformazione”, operano fruttuosamente nelle scuole elementari e nelle scuole medie, accogliendo bambini e ragazzi fino ai quattordici anni, provenienti da tutto il mondo. Oltre al compito della traduzione e dell’interpretariato, il mediatore interculturale si serve dello strumento dell’osservazione ermeneutica, “leggendo culturalmente” il soggetto in questione come un testo, al quale occorre avvicinarsi più volte per poter scorgere il suo essere profondo: formativo, educativo e culturale. Ripercorrendo insieme al bambino/ragazzo la storia della sua migrazione, il mediatore lo aiuta a de-costruirsi e a ri-costruirsi dal punto di vista formativo ed educativo e a creare un ponte tra la propria cultura di appartenenza e la cultura, alla quale sceglierà di appartenere nel futuro. Quindi, dal soggetto di recente inserimento nella scuola italiana, si richiede l’acquisizione dei canoni e dei codici comportamentali, storico-culturali, etici e linguistici, senza ovviamente lo sradicamento definitivo dalla propria cultura di appartenenza. In questo cammino risulta fondamentale una figura di supporto quale può essere il mediatore interculturale, in quanto è proprio lui a poter favorire la creazione dei rapporti amicali in classe tra il bambino/ragazzo, “portatore di una cultura differente” e l’intera classe in continua trasformazione culturale. Il mediatore, inoltre, contribuisce all’orientamento scolastico del bambino/ragazzo stesso, aiutandolo nelle scelte fondamentali per la sua costante “edificazione” identitaria, personale e professionale.

Il mediatore interculturale di prima accoglienza (o per il primo inserimento) facilita l’accoglienza e l’ambientamento del bambino/ragazzo giunto in Italia in seguito a una recente immigrazione o per adozione internazionale. Sarà cura del mediatore accompagnare lo stesso e la sua famiglia nel corridoio di servizi di supporto alla loro permanenza in Italia. Attraverso il colloquio conoscitivo il mediatore acquisisce degli elementi per avviare il suo intervento educativo che includerà il soggetto in questione, la classe e le insegnanti nelle attività volte alla socializzazione, all’inclusione e alla creazione delle reti amicali all’interno del gruppo classe.

Nel recente convegno “Vivere tra più lingue”, tenutosi a Genova presso la Biblioteca De Amicis il 22 maggio 2018 e dedicato al tema della mediazione culturale ci si è concentrati sulla necessità della presenza, all’interno della scuola, di insegnanti multilingue, oltre ovviamente alla sempre più richiesta presenza del mediatore culturale a scuola. Più punti di vista hanno ruotato attorno al tema della progettualità e della mancata riflessione pedagogica nelle scuole, sottolineando il fatto che occorre oltrepassare lo stato della “scuola d’emergenza”. Oltre ai problemi di generale portata scolastica ed interculturale, ci si è soffermati sull’identità della nuova figura professionale, comparsa nel tessuto sociale italiano nel 2013 - Mediatore interculturale educativo (Mie), i cui interventi acquisiscono il taglio didattico-pedagogico-progettuale che comporta le garanzie al diritto istruzionale del minore e l’accesso assicurato ai servizi di supporto territoriale. Nello specifico il Mediatore interculturale educativo (Mie) opera in circa una ventina di Istituti Comprensivi genovesi e si occupa di:

-progettazione e realizzazione dei laboratori educativi interculturali in stretta collaborazione con gli insegnanti;

-coinvolgimento delle famiglie nelle attività didattico-laboratoriali e scolastiche con l’obiettivo di diminuire la distanza linguistico-culturale tra la famiglia stessa (con la propria storia culturale e linguistica) e la cultura accogliente;

-prevenzione della dispersione scolastica e raggiungimento della frequenza regolare dei bambini/ragazzi stranieri per mezzo dei colloqui motivazionali;

-supporto offerto al bambino/ragazzo straniero per il suo futuro orientamento scolastico, seguito dalla transizione verso una scuola di grado superiore;

-collaborazione con servizi territoriali di riferimento.

L’inizio dell’evoluzione della figura del mediatore interculturale in Italia viene segnato dagli anni Novanta e per quanto riguarda Genova, più precisamente, dal 1996 grazie alle sperimentazioni effettuate nelle scuole e gestite dal Laboratorio Migrazioni “Centro scuole nuove culture”, volto a diffondere i progetti di educazione interculturale nelle scuole d’infanzia e nelle primarie del Comune di Genova. Oggi sul territorio genovese opera il “Centro risorse alunni stranieri” (CRAS) diretto da Claudia Nosenghi e creato dall’ufficio scolastico regionale per la Liguria del Ministero della Pubblica Istruzione atto a favorire l’integrazione degli alunni stranieri nelle scuole italiane. È importante ricordare la Cooperativa S.A.B.A. che fornisce alle scuole di Genova i mediatori di lingua madre albanese, araba, bambarà/mandinga, bangla, portoghese, nigeriana, cinese, spagnola, russa, rumena e senegalese. A questo proposito, occorre far riferimento alla documentazione prodotta dall’Unione Europea e dalla Repubblica Italiana relativa al discorso sul plurilinguismo e sulla diversità culturale.

Nel 2010 il Consiglio d’Europa si espresse circa l’argomento dedicato al plurilinguismo per origine o acquisito e all’educazione interculturale a scuola, elaborando una Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per una educazione plurilingue e interculturale (novembre 2010). Due anni prima l’Unione Europea aveva già steso un documento in seguito ad una serie di riunioni presiedute dallo scrittore Amin Maalouf a Bruxelles che s’intitola: Una sfida salutare. Come la molteplicità delle lingue potrebbe rafforzare l’Europa (2008), nel quale l’ampio spazio è stato dedicato alla questione della diversità linguistica che costituisce una sfida «salutare» per la comunicazione efficace. La diversità linguistica sul territorio europeo «è una fonte di ricchezze ma anche di tensioni; l’atteggiamento saggio consiste nel riconoscere la complessità del fenomeno» in modo da poter trovare delle strategie che valorizzino tutti gli aspetti della libera co-esistenza degli uomini nel segno di un’«armonizzazione» delle diversità linguistiche attraverso una libera scelta, da parte di ciascun cittadino europeo, di una lingua personale adottiva, che va oltre la sua lingua madre e la lingua di comunicazione internazionale (nel maggiore dei casi, l’inglese), che andrebbe studiata nelle scuole e nelle università. Qualunque lingua del mondo potrebbe essere scelta quale lingua personale adottiva senza trascurarne alcuna, perché tutte le lingue «aprono orizzonti professionali, culturali o d’altro tipo ai cittadini, ai paesi e all’intero continente». Per quanto riguarda gli immigrati, la «lingua personale adottiva dovrebbe essere, in generale, quella del paese in cui hanno scelto di stabilirsi». Quindi, adottando l’idea dello studio di qualunque lingua del mondo quale lingua personale adottiva, si arriverebbe a una speciale valorizzazione linguistico-culturale dei popoli, confermando ancora una volta il compito dell’Unione Europea, quello «di salvaguardare, armonizzare, pacificare e far fruttificare» la diversità linguistica e culturale, di cui il terreno europeo è imbevuto.

In Italia le normative di riferimento sono state stese per mano del MIUR, nel gennaio 2012, Lingua di scolarizzazione e curricolo plurilingue e interculturale e per mano dell’Accademia della Crusca, nel giugno 2013, Conoscere e usare più lingue è fattore di ricchezza che esplicita la necessita dell’attuazione di una «politica linguistica» che sappia valorizzare diverse «realtà idiomatiche», intrecciate nel territorio italiano e promuovere la lingua italiana sul piano internazionale. Sempre in Italia si fa spesso il riferimento al documento CM del 19 febbraio 2014, Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione alunni stranieri, in cui viene evidenziata l’importanza dell’educazione interculturale nelle scuole che contribuiscono ad un autentico avvio dei processi formativi ed educativi degli alunni stranieri, riconosciuti nella loro specificità culturale e riconoscenti nei confronti della cultura che li accoglie. Agli alunni stranieri, inoltre, viene garantita la continuità d’istruzione, sancita dall’art. 34 della Costituzione della Repubblica Italiana. Tali Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione alunni stranieri offrono una maggior chiarezza sulla tipologia degli alunni stranieri presenti sul territorio italiano e sulla necessità della formazione professionale del personale scolastico. Nel settembre 2015, MIUR diede anche vita al documento Diversi da chi?, con il quale definisce le proposte educative, diffondendo le buone pratiche dell’integrazione degli alunni stranieri nella scuola italiana.

Alla figura professionale poliedrica del mediatore interculturale, vengono anche richieste competenze trasversali, come quella del saper interpretare il linguaggio giuridico durante i colloqui tra le istituzioni e la famiglia di origine straniera. Nello specifico, durante detti colloqui, al mediatore culturale vengono richieste: la sospensione del giudizio, l’ascolto attivo, l’autocontrollo emotivo e l’esposizione empatica al dialogo, oltre alle imprescindibili competenze pedagogico-linguistiche e antropo-etno-cultuali. Oggi, questa figura possiede una rilevante capacità di adattamento alla società-camaleonte che ogni giorno “cambia colore”, avanzando richieste al punto di indurre tale figura ad una incessante ri-progettazione professionale.

 

Kristina Mamayusupova

 

 

Per maggiori approfondimenti:

» Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per una educazione plurilingue e interculturale (Consiglio d’Europa, 20162)

» Una sfida salutare. Come la molteplicità delle lingue potrebbe rafforzare l'Europa – Proposte del Gruppo degli intellettuali per il dialogo interculturale costituito su iniziativa della Commissione europea, Bruxelles 2008

» Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli stranieri, Ministero dell’Istruzione, dell’Università, della Ricerca, 2014

» Conoscere e usare più lingue è fattore di ricchezza – Nota dell’Accademia della Crusca e della Società di Linguistica Italiana, 2013


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