Una mostra non facile da leggere, quella allestita al Museo Civico di Santa Caterina a Treviso, per ricordare, a distanza di cento anni, il genio di uno dei più grandi scultori: Auguste Rodin e celebrarne l’arte attraverso l’esposizione delle sue opere. La mostra “Rodin. Un grande scultore al tempo di Monet”, si apre nel chiostro con L'età del bronzo, 1877, per la quale si dice che l’artista abbia tratto ispirazione da uno dei “Prigioni” di Michelangelo, per introdurci poi tra le opere in gesso, marmo e bronzo, dislocate in più piani e in ampie sale. Nell’insieme le opere sono comparabili a un libro aperto che di pagina in pagina rievoca e racconta la vita dell’artista, la sua infanzia e i rifiuti della prestigiosa Scuola di Belle Arti di Parigi, dai quali attinse tuttavia la tenacia a procedere nella produzione di opere che, scevre da accademismi, hanno scandagliato l’animo umano, raffigurandone emozioni e stati d’animo, con forti input alla riflessione.
Rodin è scultore di sentimenti. I volti dei personaggi come: Testa monumentale di Pierre de Wissant (I borghesi di Calais), 1909, gesso, e Le tre ombre, 1897, gesso patinato, esprimono dolore e malinconia; il volto chino, un senso di arrendevolezza al tempo, che nel trascorrere, tutto travolge come Colei che fu la Belle Heaulmièr, 1880-1883, gesso patinato, opera esemplare, che inesorabilmente ferma il passo e obbliga a guardare il volto emaciato e consunto, la pelle raggrinzita, scolpita con pieno realismo, i seni in cui non c’è più vita segnano la vittoria del tempo che scandisce la fine dell’esistenza, quasi a ricordare il Carpe diem. L’opera suggestiona ed emoziona e il passo si ferma per meditare sulla propria condizione e su ciò che sarà di noi nella fugacità del tempo.
Riempiono gli occhi di bellezza e di candore le sculture in marmo, in gesso o in bronzo, che tra le mani dell’artista diventano materia morbida, sensuale e vibrante, in un palpito d’amore, in uno slancio ideale e lirico. Opere in marmo che ci regalano il sogno, la giovinezza, l’amore come: Il poeta e la sirena del 1909, Paolo e Francesca tra le nuvole del 1904-1905, La morte di Adone del 1891 o in gesso patinato come: Il bacio, 1885 ca. e l’amore di Camille Claudel per l’artista con Ritratto di Auguste Rodin, 1888-1889, e Balzac, studio finale, bronzo, 1897.
Interessante è l’omaggio a Dante con il progetto che l’artista chiamò Le porte dell’inferno, con i personaggi danteschi e il Pensatore, 1880 ca. L’opera, una statua monumentale, in gesso patinato, doveva infatti rappresentare il Sommo Poeta intento a riflettere sul suo lavoro, La Divina Commedia, che si apprestava a realizzare, ma che oggi ha acquisito un significato universale, una riflessione profonda sull’intera umanità.
Auguste Rodin (1840, Parigi – 1917, Meudon) è considerato uno dei più grandi scultori nonché l’iniziatore della scultura moderna. Un artista che scolpisce l’anima con un susseguirsi di passioni, di sentimenti, di rievocazioni scolpite ad arte, per denudare il pensiero. Uno scultore moderno, di quella modernità che non affascina solo per eleganza e perfezione ma perché incarna l’esigenza dell’uomo decadente di penetrare il pensiero e di leggerlo, per capire sé stesso. Bronzo, gesso e marmo entrano in competizione ma nessuno sovrasta, materie che diventano momenti per leggervi l’evoluzione della vita dell’artista e della sua arte.
Pregevole è l’allestimento grazie al curatore, Marco Goldin. Domina l’esposizione, Il Pensatore, che con la mano appoggiata sul mento, diventa l’emblema dell’uomo moderno che riflette sull’esistenza, angosciato dai cambiamenti di un’Europa in crisi d’identità, sull’orlo della Grande Guerra. In relazione viene da pensare (a livello personale) al Wanderer di David Caspar Friedrich, il viandante, l’uomo che pensa, che scruta l’universo alla ricerca di una verità in un groviglio di pensieri che non dipana. Pensiero, gesso, 1893-1895, opera delicata nell’espressione, che se rievoca da una parte i Prigioni di Michelangelo si cala nella sua epoca per il copricapo nuziale bretone. La donna esprime, con gli occhi chiusi rivolti in basso un senso di oppressione, un bisogno di scrollarsi di dosso il fardello di pensieri se non della stessa vita, in un “non finito” che non fu capito all’epoca, ma che, presente in altre opere, trasmette realismo, dinamismo e tensione e richiama il periodo trascorso dall’artista in Italia, in particolare a Firenze nel 1875.
Nella sala dove è collocata la statua del Pensatore è posta un’ampia tela di Edvard Munch Il Pensatore di Rodin nel giardino del dottor Linde a Lubecca, 1907 ca. L’unione della pittura con la scultura è formidabile. Due giganti posti l’uno vicino all’altro, due geni che si incrociano, pittura e scultura che si comparano e trasmettono messaggi percepibili ma difficili da esprimere se non nella propria soggettività. Munch dipinge il giardino di casa Linde con al centro la grande statua de Il Pensatore di Rodin. Sul fondo, in abito bianco, si vede la moglie del dottor Linde. Il dottor Linde guardava a Munch e a Rodin come ai due artisti che, più di ogni altro, avrebbero lasciato la loro traccia nel futuro e certamente non si sbagliava.
Anna Lanzetta
Rodin. Un grande scultore al tempo di Monet
24 febbraio – 3 giugno 2018
Treviso, Museo Santa Caterina
Piazzetta Botter Mario, 1
31100 Treviso TV