Un po' dappertutto in Europa si levano grida di dolore – come le avrebbe definite il conte di Cavour – a sostegno dell'unità delle forze democratiche e in antitesi a populisti e sovranisti d'ogni risma. 100mila ungheresi sono scesi in piazza per manifestare contro il loro premier, l'oscurantista Orban, intonando l'ode alla gioia di Beethoven, inno di un'Europa alla quale chiedono di non essere dimenticati.
Era già successo in Polonia e, prima ancora, a Londra dove gli anti-Brexit avevano sventolato i vessilli europei per non confondersi con gli indipendentisti guidati da Farage, dichiaratamente avversi alle istituzioni di Bruxelles. Anche in Spagna la gente va in strada, nel caso specifico per disapprovare i moti separatisti catalani e ribadire il principio federalista dell'unità nella diversità, ben diverso dai concetti cari ai paladini della nostrana devolution. Dal canto loro Francia ed Olanda sono riuscite a sminuire l'avanzata dei nazionalisti, che però in Austria ce l'hanno fatta ad andare al potere, seppur mitigati dalla rassicurante presenza di una figura affidabile quale è il presidente della repubblica Van der Bellen.
Quanto all'Italia, conosciamo bene la nostra situazione, e ciononostante c'è chi, dopo l'esito negativo delle elezioni del 4 marzo, si ostina a strizzare l'occhiolino a Di Maio e/o a Salvini per cercare di mettere in piedi uno straccio di esecutivo da poter presentare al saggio Mattarella, che non ha mai perso di vista l'ancora di salvezza rappresentata dall'Unione europea e sul quale è possibile fare dunque affidamento per una scelta utile e ponderata. Il momento è ovunque davvero difficile e preoccupante, ed ora più che mai è necessario fare squadra nell'approssimarsi della celebrazione del 25 aprile, anniversario della liberazione dal nazifascismo, avvenuta nell'Europa intera e non soltanto nella Penisola. Sarà l'occasione per riproporre in chiave europea una Resistenza che non ha ancora termine, se si valutano con attenzione i recenti accadimenti.
Le forze populiste e sovraniste hanno archiviato il voto con evidente soddisfazione, a discapito dei sinceri europeisti usciti invece ridimensionati dalla consultazione elettorale. Quella che i federalisti europei avevano indicato come la reale linea di demarcazione della sfida politica, ovvero il contrasto insanabile fra i sostenitori dell'integrazione europea ed i suoi detrattori, si è rivelata fondata e veritiera, anche se in campagna elettorale i temi europei in verità sono stati poco trattati e si è preferito anteporre argomenti conflittuali, senza una chiara visione delle finalità e delle potenzialità dell'Ue. Anche per questo ritengo oltremodo importante, al proposito, la convinta partecipazione di tutti gli autentici europeisti al comitato provinciale per l'Europa, che va rivitalizzato e motivato per non lasciarlo troppo a lungo in letargo o, peggio, vederlo deperire irreversibilmente. Noi del Mfe, che l'abbiamo promosso e sostenuto, ne facciamo parte senza remore e vorremmo che pure altri ci imitassero. Occorre infatti ribadire che l'europeismo e l'unità d'intenti di facciata, ma non corroborata da fatti concreti, favorisce soltanto l'affermazione di coloro che hanno tutto l'interesse a frenare qualsiasi forma di avanzamento, alzando barriere ormai anacronistiche. Uniti in comunità d'intenti si vince, dispersi nello scetticismo si va al contrario alla deriva e non credo sia questo il desiderio dei veri democratici. Tutti in piazza il 25 aprile, allora, per un'Italia ed un'Europa più unite e solidali.
Guido Monti
Segretario della sezione “Ezio Vedovelli”
del Movimento federalista europeo