Due film “indipendenti”, usciti in questo periodo, molto diversi tra loro, hanno però in comune un sentimento poco usuale ai nostri giorni, che sembra appartenere di più alle società del passato: un rispetto profondo, quasi sacrale, per la figura del lavoratore, che il suo sia uno dei lavori “umili” (il minatore, l'operaio o la barista) o un lavoro intellettuale (l'insegnante): come se allo stesso modo, ancora, comunque, un lavoro conferisse assoluta dignità a chi lo esercita.
Questo sentimento ispira il viaggio di una celebre regista francese, una delle ultime superstiti della stagione della Nouvelle Vaugue – si tratta di Agnès Varda (ha ricevuto l'altr'anno un Oscar alla carriera) – in compagnia di un giovane artista, noto con lo pseudonimo JR; un viaggio nella Francia periferica, rurale, dei piccoli villaggi, dove JR, specializzato nel genere dei murales, sulle mura di qualche vecchia casa o di qualche vecchia fabbrica, stampa, pubblica, le sue opere. Si tratta tutt'altro che di una profanazione, di un marchio stridente rispetto all'ambiente circostante. È piuttosto un omaggio, una celebrazione. E si ammira l'armonia con cui le sue immagini si fondono con l'edificio e con il paesaggio. Sono perlopiù gigantografie degli abitanti, antichi o attuali, di quelle case o di quel villaggio, degli operai di quella fabbrica: fotografie frontali, come sono frontali le figure dei mosaici bizantini. E anche per questo, oltreché per le enormi dimensioni dell'immagine, quei ritratti di persone comune acquistano un'aura quasi sacrale. A volte le invenzione di JR sono più bizzarre: sono alcuni dettagli del corpo, come gli occhi o le dita dei piedi, a essere stampati, ingigantiti, per esempio sui vagoni di un treno. Ma egli è soprattutto affascinato proprio dalla figura umana, considerata nella sua identità sociale, quell'identità che si ricava dal lavoro che si svolge.
Che questo senso di devozione umanistica sia considerato dallo stesso JR e dalla stessa Varda un residuo del passato, lo dimostra, a mio parere il tono struggente del loro film, un film documentario, molto bello, dal titolo: Visages, villages, che racconta il loro viaggio esplorativo e creativo. Così le immagini di JR a volte svaniscono, magari a contatto dell'acqua, per effetto di un'alta marea; si dimostrano evanescenti come i fantasmi della memoria. E lo stesso rapporto tra l'anziana regista e il giovani artista di grande talento – un rapporto nutrito di stima e di simpatia reciproca – ha un che di struggente, perché a momenti dà l'impressione di un amore impossibile.
Il secondo film di cui voglio parlarvi si intitola The constitution – Due insolite storie d'amore, del regista croato Rajko Grlić. Si svolge a Zagabria e racconta della società croata odierna. Il tema dichiarato del film sembra proprio l'opposto di quel rispetto profondo per gli altri che ispira l'opera di JR. Si parla piuttosto di razzismo: per esempio il razzismo omofobo di cui è vittima un insegnante che la notte – come per una rievocazione luttuosa, malinconica, di un suo amore che si è concluso tragicamente (l'uomo adesso è solo) – ama travestirsi da donna e frequentare un locale gay; e per questo subisce una violenta aggressione. Ma anche il razzismo di cui è fautore lui stesso: lui croato, contro tutti i serbi, memore di quel conflitto interetnico di vecchia data che, come si sa, alla fine degli anni Novanta ha dilaniato la ex-Jugoslavia e che ha inciso pesantemente sulla storia familiare del protagonista.
Ma se questa contraddizione potrebbe essere un po' schematica – quella appunto del discriminato che a sua volta discrimina – ciò che dà vita al film, che rende sfumati, complessi, “veri”, i rapporti tra i personaggi, è che l'uomo, proprio perché insegnante, gode di un rispetto presso i vicini e anche da parte degli studenti, che entra in conflitto con il disprezzo razzista e che a volte suscita, senza che mai il razzismo abbia definitivamente la meglio. E senza che nell'uomo, che pure si colpevolizza in quanto omosessuale, venga mai meno il senso di dignità legato alla sua professione.
Così quando un vicino poliziotto, serbo in contumacia – sposato a una donna croata grande amica del professore – si rivolge a lui per ricevere alcune lezioni di diritto costituzionale, e viene da lui insultato in quanto serbo, egli si sente tanto più ferito perché non può fare a meno di riconoscere la massima autorevolezza a colui che lo insulta ingiustamente.
Insomma: The constitution indaga con finezza conflitti e contraddizioni della società croata, che nella sua Costituzione predica una tolleranza spesso smentita dai rapporti effettivi tra le persone; ma dove sembra tuttavia sopravvivere quel sentimento umanistico, forse più proprio delle società del passato.
Gianfranco Cercone
(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 7 aprile 2018
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