Roma, 28/03/2018 – “Rinuncio all'indennità da presidente della Camera. L'epoca dei privilegi è finita”. Così la dichiarazione del neo presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico.
Il fatto è che non c'è nessun privilegio.
Il presidente della Camera riceve un'indennità, aggiuntiva a quella di deputato, in virtù della carica che ricopre e, se è superiore a quella del semplice deputato, è perché ha un lavoro più rilevante e complesso, così come un direttore d'orchestra è pagato di più rispetto al semplice musicista.
Se il presidente Fico vuole rinunciare a un'indennità aggiuntiva, è scelta encomiabile, che nulla ha a che vedere con i privilegi.
Il gesto ha dei precedenti. Prima di Fico, Antonio Tajani (Forza Italia), attuale presidente del Parlamento europeo, ha rinunciato all'indennità di carica di mezzo milione di euro della Commissione europea, e ha tagliato del 20% le spese del Parlamento europeo. La stessa cosa fece Mario Monti, che rinuncio all'indennità di Presidente del Consiglio, con la motivazione: quando si chiede un sacrificio agli italiani, dobbiamo dare l'esempio.
“Dobbiamo tagliare i costi della politica e razionalizzare i costi della Camera”, aggiunge il presidente Fico. Ben venga la razionalizzazione delle spese, ma i costi della “politica” interna alla Camera quali sarebbero? I finanziamenti ai gruppi parlamentari dei quali anche quello del M5S usufruisce?
Vorremmo ricordare al presidente Fico che, nella sua veste, rappresenta l'intera Camera dei Deputati e non la sua parte politica, e l'intera Nazione, cioè 60 milioni di italiani, e non la sua parte politica, così come indica la Costituzione.
Posizioni di parte non sono compatibili con la carica che ricopre, salvo che non voglia dimettersi.
Occorre ricordarlo.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc