Emanuele Ramondini
Bad Trip
Magnetica Edizioni, 2006, pagg. 84, € 5
Un navigare oscuro, lacerato da squarci di luce fredda che tagliano l’aria, feriscono gli occhi, l’anima. E ancora, sapori forti, amari, acidi, che bruciano, che soffocano, che tolgono il respiro. Sequenze che si sovrappongono di un film immaginato e rivisto tante volte nella propria mente. Urla nel silenzio della solitudine acerba di una giovane vita.
È questo il mondo che l’autore di Bad Trip propone, lasciandoci guardare ciò che non vogliamo vedere. Confondendo i pensieri in un intreccio che si insegue in un labirinto di intense emozioni fatte, a tratti, di disagio e paure. È un contesto sociale fatto di indifferenza e vuoto che ognuno colma come può. Stordendosi con l’alcool, assumendo droghe, identificandosi in eroi, meglio se alieni, perché ciò che abbiamo intorno non ci appartiene.
L’autore interpreta non i sogni dei suoi coetanei ma gli incubi. La sua sensibilità verso il mondo degli adulti è ferita dall’incomunicabilità che gli stessi hanno costruito e che appare paradossale considerata l’epoca in cui viviamo. Ma, forse, ancora una volta l’uomo non utilizza ciò che costruisce per incontrare l’altro e per dargli valore, ancora una volta l’uomo sceglie l’avere e non l’essere, l’apparire mascherandosi anziché mostrare la propria anima.
L’autore lancia un messaggio “criptato” tra le righe spezzate del racconto; parla alla solitudine che è in ognuno e che, per qualcuno, è una realtà insostenibile, forse non c’è speranza, forse la troverà.
Ida Floridia