Si intitola “Dipingere e disegnare 'da gran maestro': il talento di Elisabetta Sirani (Bologna, 1638 – 1665)” la mostra aperta fino il 10 giugno 2018 a Firenze agli Uffizi, a cura di Roberta Aliventi e Laura Da Rin Bettina, con il coordinamento scientifico di Marzia Faietti, che vede protagonista la giovane e talentuosa artista bolognese scomparsa in giovane età. L’esposizione viene inoltre dedicata, per volontà del direttore Eike Schmidt e di tutti i colleghi delle Gallerie degli Uffizi, a Davide Astori, capitano della ACF Fiorentina, scomparso in giovanissima età.
Le 33 opere in rassegna provengono da raccolte italiane pubbliche e private, ad eccezione dell’Autoritratto come Allegoria della Pittura del Museo Pushkin di Mosca.
Elisabetta Sirani, fu pittrice e grafica professionista, caposcuola della propria bottega ad appena vent’anni, professore a pieno titolo dei pittori dell’Accademia di San Luca in Roma e prima artista donna a fondare un’accademia di disegno per sole donne, Elisabetta Sirani divenne l’artista più celebrata e attiva nel mercato di Bologna.
Le sue opere furono infatti riprodotte in collezioni europee di spicco già nel corso della sua breve vita (morì all’età di 27 anni per l’insorgere di una peritonite conseguente alla rottura di un’ulcera peptica, ma il mito dell’avvelenamento durò per secoli).
Elisabetta era estremamente dotata e apprezzata, come dimostra l’enorme richiesta delle sue opere nei circoli intellettuali nonché nell’élite aristocratica, ecclesiastica e politica di Bologna, venne celebrata dalle famiglie reali e dai più significativi protagonisti della diplomazia italiana ed europea.
Ancora più significativo è il fatto che Elisabetta Sirani fu una dei maggiori responsabili della trasformazione in professione della pratica artistica femminile in Italia all’inizio dell’Età Moderna. Oltre ad assistenti uomini, ebbe svariate apprendiste e avviò la prima accademia per giovani donne in Europa. Tutte le sue numerose allieve continuarono a dedicarsi professionalmente alla pittura e/o all’incisione nella maturità. Pertanto, è soprattutto grazie agli sforzi pionieristici di Elisabetta Sirani e della sua accademia femminile, che la seconda metà del Seicento a Bologna diviene uno dei periodi più fecondi della storia dell’arte per le donne artiste: si gettarono le fondamenta per i secoli a venire, e si assistette a un aumento delle artiste di professione attive non solo nella città emiliana, ma anche in Italia.
Elisabetta Sirani realizzò opere di elevata qualità e fu estremamente feconda, completando più di duecento tele, quindici incisioni e innumerevoli schizzi e disegni acquarellati, in una carriera che abbracciò appena dieci anni. Questo fa di lei una delle più prolifiche donne artiste attive in Europa all’inizio dell’Età Moderna. Realizzò, infatti, più soggetti religiosi, allegorie classiche e temi storici di qualsiasi altra donna artista prima di Angelica Kauffman. Riuscì a costruirsi una forte rete di mecenati, garantendosi la protezione di illustri committenti ed estimatori, ma non solo a Bologna, ma anche in Italia e nel Nord Europa: cardinali, principi, duchesse, re, nobiltà, potenti famiglie senatoriali bolognesi, nonché l’emergente classe borghese di professionisti, accademici e umanisti, mercanti e banchieri bolognesi, figurano tra i suoi numerosi committenti.
L’opera di Elisabetta Sirani come quella di gran parte dei suoi contemporanei, può essere suddivisa in lavori di pubblica fruizione – pale d’altare, storie sacre e mitologiche, e soggetti religiosi per la borghesia amante dell’arte e per emergenti collezionisti e intenditori. L’artista deve la sua fama alle variazioni decisamente ingegnose sul tema della Sacra famiglia, in particolare la Vergine e il Bambino – avendo dipinto quelle che furono considerate le più belle Madonne dai tempi di Guido Reni – nonché alle sue effigi innovative di eroine della storia antica classica e biblica, che presentò quali donne virili, maestose, nobili, intelligenti e coraggiose.
Inizialmente assoggettata ai modelli artistici paterni e alle tradizioni iconografiche locali – in particolare a quelli di Guido Reni da lei ereditati agli inizi dell’apprendimento grazie al padre – Elisabetta avrebbe sviluppato una maniera pittorica unica nel suo genere, facendosi più audace a livello sia artistico che concettuale, come dimostrano soprattutto le sue rappresentazioni di soggetti insoliti effigianti donne ribelli e indipendenti, paragonabili a quelle di Artemisia Gentileschi.
Tuttavia, a differenza di Artemisia Gentileschi che la letteratura artistica ha considerato “proto-femminista” e all’avanguardia, Elisabetta Sirani è stata giudicata, erroneamente, un’artista conservatrice e meno fantasiosa.
In realtà Elisabetta Sirani rappresenta un nuovo modello di femminilità – quella della cosidetta donna virile – nella sua pratica artistica e nella posizione professionale di maestra (oltre al ruolo di insegnante nella propria accademia femminile, Elisabetta diresse anche la bottega Sirani e si occupò degli allievi del padre quando questo non potè più dipingere a causa della malattia), così come nelle originali rappresentazioni delle femmes fortes e nella sua maniera pittorica virtuosa. I critici ascrissero alla sua opera attributi mascolini in virtù della maniera esecutiva virile e superba («ebbe del virile e del grande», asserì Malvasia), lodandone pubblicamente e ripetutamente il genio artistico e stimandola una «virtuosa», con riconoscimento in parte nuovo nelle disquisizioni artistiche sulle artiste donne.
Come afferma il direttore degli Uffizi, «La dimensione gloriosa della Sirani non risiede nell’essere stata un’artista donna e per giunta valente, quanto alle qualità sempre sostenutissima della sua produzione». Quest’ultima è stata oggetto di molti studi, a partire da alcuni pionieristici contributi risalenti agli anni Settanta del secolo scorso, passando per le numerose pubblicazioni degli ultimi anni, tra le quali i gender studies riferiti al peculiare fenomeno delle artiste bolognesi.
Il percorso espositivo della mostra esposta agli Uffizi nella Sale Edoardo Detti e Sala del Camino, è incentrato, nella prima parte, sul contesto in cui Elisabetta visse e operò. Una particolare attenzione è inoltre stata riservata ai legami della Sirani con alcuni dei protagonisti della scena culturale bolognese grazie ai quali potè intrecciare relazioni con la Firenze medicea e soprattutto con il cardinale Leopoldo, uno dei più importanti collezionisti dell’epoca.
Maria Paola Forlani