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Dürer e il Rinascimento tra Germania e Italia
01 Marzo 2018
 

Si è aperta a Milano, dal 21 febbraio al 24 giugno, nella sede di Palazzo Reale, grazie a un’importante selezione di opere di Albrecht Dürer (1471 – 1528) e di alcuni grandi artisti tedeschi e italiani suoi contemporanei, l’apice del Rinascimento tedesco nel suo momento di massimo fulgore e di grande apertura verso l’Europa, una mostra dal titolo “Dürer e il Rinascimento tra Germania e Italia”.

Promossa dal Comune di Milano, Palazzo Reale e 24 ORE Cultura, l’esposizione curata da Bernard Aikema e da Andrew John Martin, presenta 130 opere tra cui 12 dipinti di Albrecht Dürer, insieme a 3 acquarelli e circa 60 tra disegni, incisioni, libri, manoscritti.

Il corpus del maestro di Norimberga è affiancato da alcune opere significative di artisti tedeschi suoi contemporanei come Lucas Cranach, Albrect Altdorfer, Hans Baldung Grien, Hans Burgkmair e Martin Schongauer da un lato; e dall’altro di grandi pittori, disegnatori e artisti grafici italiani che hanno lavorato fra Milano e Venezia, come Tiziano, Giorgione, Andrea Mantegna, Leonardo da Vinci, Giovanni Bellini, Andrea Solario.

«La fama di Dürer… si spiega in parte con motivazioni di ordine non estetico. Egli è il più famoso artista che ebbe i natali in Germania perché è uno degli individui che desta maggior interesse tra quanti il Rinascimento abbia prodotto in qualsiasi paese… Dürer continua a vivere non soltanto attraverso le sue opere, ma anche attraverso l’eloquente consapevolezza di sé, che si proietta nei secoli… Nessuno degli artisti suoi contemporanei ha tenuto in tale considerazione la posterità o ha lasciato tanti documenti creati proprio in vista della posterità». Così scriveva Micheal Levey in un saggio del 1965 e, di fatto, la posizione di Dürer nel contesto dell’arte tedesca ed europea è unica e inconfondibile.

Eppure, quando comincia a dipingere e a fare grafica, grosso modo dal 1490, non è certamente il solo grande artista che operi nei paesi tedeschi, anzi. La generazione precedente alla sua annoverava già pittori di grande valore e personalità come l’altoatesino Michael Pacher, pittore e scultore di monumentali altari, e come Martin Schongauer, pittore ma soprattutto incisore. Della sua generazione, poi, basterebbe citare i nomi di Likas Cranach, di Hans Burgkmair, di Mathis Grünewald, di Albrecht Altdorfer. Tutti grandi artisti, dotati a volte di qualità pittoriche ed espressive forse superiori a quelle di Dürer: eppure chiunque voglia dare un’idea dell’arte in Germania tra XV e il XVI secolo è a Dürer che si riferisce, è il suo nome che pronuncia immediatamente.

La differenza sta nella consapevolezza storica e intellettuale che caratterizza l’arte e la vita stessa di Dürer: quel suo continuo cercare oltre la tradizione locale, oltre il repertorio figurativo consolidato nei paesi tedeschi. Soprattutto, sta nella diversa, e più alta, concezione che egli ha della figura, del ruolo, della moralità dell’artista all’interno della società.

Una società che in Germania era ancora una struttura feudale, con un imperatore universale – erede del Sacro Romano Impero – e una rete di vassalli grandi e piccoli, ognuno con un suo dominio, una sua giurisdizione, un suo potere assoluto nei confronti assegnatigli. E l’artista, qui, non era nemmeno il cortigiano delle corti rinascimentali italiane, e tanto meno l’imprenditore libero delle nascenti borghesie olandesi, ma poco più di un servo, di un famiglio.

È ovvio che in una struttura sociale così rigida, così gerarchizzata, lo spazio per la ricerca, l’invenzione, l’espressione individuale era scarso, difficile, e rare le occasioni per ampliare la tematica figurativa e iconografica. I grandi pittori contemporanei di Dürer, infatti, raramente si discostarono dai temi e dai modi della tradizione, che era quasi esclusivamente religiosa.

Ed è proprio questa chiusura, questa prigionia mentale ed esistenziale che Dürer rifiuta, che cerca di superare con ogni mezzo, dalla grafica alla scrittura, dalla scienza alla magia. C’è in questo un ardore quasi faustiano, una volontà di rendersi autonomo e responsabile di sé quasi blasfema. C’è insomma il germe che – paradossalmente – condurrà Dürer non al sereno empireo del Rinascimento italiano, ma alla macerazione introspettiva, a quella insoddisfazione di sé e del mondo che caratterizzerà tanta parte dell’arte tedesca, figurativa e letteraria, dell’epoca moderna e contemporanea.

Il percorso espositivo si divide in sei sezioni tematiche:

Dürer, l’arte tedesca, Venezia, l’Italia”

Nella prima sezione si esplorano i rapporti artistici fra il nord e il sud delle Alpi fra 1480 e 1530 circa. Da un lato si dimostra come la reciprocità degli stimoli abbia generato novità iconografiche, compositive e formali, che contribuirono in modo decisivo alle trasformazioni epocali che caratterizzano la storia dell’arte europea durante quegli anni; dall’altro si seguono gli spostamenti di Albrecht Dürer e i suoi fruttuosi incontri con l’arte italiana e, in particolar modo, veneziana.

Geometria, misura, architettura”

In questa sezione della mostra si comprende come Albrecht Dürer oltre che artista sia anche teorico dell’arte, infatti, sono qui esposti in edizione originale i suoi trattati sulla geometria e la prospettiva, sull’architettura militare e sulle proporzione umane; e le riproduzioni digitali ad alta risoluzione di alcune carte di uno dei più importanti codici manoscritti di Dürer, che documentano il suo precoce interesse verso teoria e lessico architettonico italiano.

La natura”

Il contributo degli artisti tedeschi si è rivelato fondamentale nella rappresentazione della natura da parte di Dürer, alla pari di quello di Leonardo da Vinci e di altri pittori e disegnatori nord-italiani. Questi artisti infatti, sperimentando una diversa resa pittorica del paesaggio, hanno fornito esempi che hanno influenzato notevolmente Dürer e che sono state tappe essenziali del suo percorso verso la creazione di paesaggi autonomi.

La scoperta dell’individuo”

La mostra prosegue dando una visione di come, attorno al Cinquecento, si attui la “scoperta dell’individuo” attraverso il ritratto.

Albrecht Dürer incisore: Apocalisse e cicli cristologici”

Nella quinta sezione della mostra si cerca di analizzare un aspetto particolarmente discusso sui vari atteggiamenti di Dürer e dei suoi contemporanei nei confronti del dibattito religioso e spirituale dei suoi tempi.

Accanto ad alcuni fondamentali disegni e monocromi, sono mostrati al pubblico i celebri quindici fogli dell’Apocalissela prima opera capitale di Dürer che viene considerata il primo progetto, illustrato e pubblicato da un artista nel mondo occidentale – e la Grande Passione, una serie pubblicata nel 1511 realizzata da un ancor giovane Dürer con la tecnica della xilografia.

Il Classicismo e le sue alternative”

L’ultima sezione chiude il percorso espositivo con una riflessione sul sistema estetico che ha caratterizzato questo periodo storico dell’arte, in cui l’egemonia del classicismo era controbilanciata da correnti opposte che prediligevano temi e forme “anticlassiche” o, talvolta, “a-classiche”.

L'anticlassico, che si configurava come una sorta di mutazione del classico, prese forma nell’arte dell’Italia settentrionale – da Lorenzo Lotto ad Amico Aspertini – come in Germania, in certe opere dello stesso Dürer, di Wolf Huber e Hans Baldung Grien.

 

Maria Paola Forlani


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