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Gianfranco Cercone. “Ore 15:17 - Attacco al treno” di Clint Eastwood
17 Febbraio 2018
 

Che cos'è un film d'autore?

Come mi è capitato in più di un'occasione di suggerire in queste note sul cinema, è, fondamentalmente, un film in cui un autore esprime un punto di vista del tutto personale, dunque originale, non soltanto sulla storia che racconta, ma attraverso quella storia, più in generale, sulla vita, sulle “cose del mondo”.

L'impronta dell'autore si riconosce in tanti dei film che Clint Eastwood ha girato da regista; e in particolare è evidente, nettamente percepibile, nel suo ultimo film, intitolato: Ore 15 e 17: attacco al treno; tanto che, considerando l'età dell'autore (ha 87 anni) si potrebbe considerare il film, una specie di testamento spirituale; un distillato di saggezza; l'espressione di una visione della vita maturata attraverso una lunga e profonda esperienza.

Beninteso: il film è tutt'altro che un trattato di filosofia; è anzi così semplice che potrebbe essere scambiato a momenti – erroneamente, a mio avviso – per una cronaca insignificante. Ma che sia intessuto di un senso religioso della vita, lo dimostra la presenza di un elemento che costituisce forse la quintessenza della religiosità: il senso del mistero.

Si racconta la storia realmente accaduta, nel 2015, interpretata in gran parte dagli stessi protagonisti, di tre giovani uomini americani, che si erano conosciuti da ragazzini a scuola, dove erano perseguitati dai bulli, malvisti dagli insegnanti e dal preside; che si erano separati in età adulta, avendo intrapreso diversi percorsi professionali, in genere non brillanti; e che, ritrovatisi insieme per un tour in Europa, da Roma a Venezia, da Amsterdam a Berlino, diventano protagonisti di un'impresa eroica: su un treno francese, in cui si è introdotto un terrorista arabo armato fino ai denti, e chiaramente intenzionato a compiere una strage, i tre riescono a disarmarlo, a tramortirlo, a legarlo e a consegnarlo in stazione alla polizia francese.

Saranno per questo insigniti della Legion d'Onore in una cerimonia presieduta dal Presidente della Francia allora in carica François Hollande.

Ora: cosa c'entra la religione e il mistero con un episodio di lotta al terrorismo?

Ebbene, se il racconto allarga la visuale da quell'episodio fino a comprendere la prima giovinezza dei tre futuri eroi, i loro studi, l'addestramento militare di uno dei tre, le loro comunissime vacanze, è perché vuole farci intendere che questo lungo percorso è attraversato dal filo di una predestinazione: la predestinazione proprio a compiere quell'impresa buona e giusta, a sconfiggere quella particolare personificazione del Male, incarnata in quel momento, su quel treno, da un terrorista armato.

Uno dei tre – da giovanissimo grassoccio e un po' inerte, più adulto con un sorriso di vanagloria stampato sulla faccia che può farlo sembrare stupido, scartato dal corpo dei marines per il quale si era a lungo addestrato, e poi anche da un corpo militare di supporto (ma che nel corso dell'addestramento aveva appreso tecniche di combattimento e di soccorso che poi, su quel treno, si riveleranno di importanza vitale), che si era a lungo ritenuto un fallito – scopre che la somma delle sue esperienze, il desiderio di rivalsa che i suoi fallimenti avevano depositato in lui, la riunione con i due vecchi amici che sul treno gli daranno un supporto indispensabile: tutto insomma era come fatalmente combinato perché al momento opportuno potesse compiere la sua impresa. E il valore dell'impresa non è sancito soltanto dalla salvezza della vita sua, dei suoi amici, degli altri passeggeri del treno. Perché nel racconto quell'attentato terroristico acquista un valore simbolico: sul treno viaggiano passeggeri di tanti paesi, di tante etnie, di tanti colori (uno dei tre eroi è un nero). Così l'impresa è a salvaguardia di una pacifica convivenza tra i popoli, contro chi, quella convivenza, intende distruggere.

Va detto che i tre a scuola erano malvisti anche perché provenienti da famiglie irregolari, allevati da madri single. E che da grandi, in vacanza, si ubriacano e si danno alle orge. Insomma: la religiosità di Eastwood, che si nutre di una lettura del Vangelo, vuole essere però libera e personale, rifugge da un certo puritanesimo.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 17 febbraio 2018
»» QUI la scheda audio)


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