Il Cremlino costruito con residui di armi e bombe è una delle sue opere più recenti, che della città assediata di al Ghouta, lo hanno reso famoso in tutto il mondo. Akram Abo Alfoz è il giovane artista siriano che “dipinge sulla morte” per far arrivare il grido di libertà del popolo siriano.
– Quando hai iniziato a “dipingere sulla morte”?
Il mio progetto “Painting on death”, dipingere sulla morte è cominciato all’inizio del 2014. Ho iniziato a disegnare e decorare bossoli e residui di armi e bombe che ci distruggono ogni giorno. Ci sono diversi messaggi che esprimo con la mia arte. Esprimo il ritorno dei colori della vita, contro l’oscurità e il dolore della morte. Siamo un popolo che ama la vita e la pace e vorremmo che tutte le armi del mondo fossero così, innocue, colorate e decorate, così da sconfiggere la guerra. Vorremmo che noi e tutti i popoli del mondo vivessero in pace. Non siamo terroristi, né estremisti come invece ci definiscono il regime di al Assad e i suoi alleati.
– Eri un artista anche prima della guerra?
L’arte mi accompagna da quando sono nato, dalla prima volta che ho stretto tra le dita un colore, quando ero piccolo. Ho iniziato con le matite colorate e i carboncini, poi ho cominciato a fare decorazione e pittura sul vetro. Per me si trattativa di un hobby. La mia occupazione principale era la vendita e la riparazione di telefoni cellulare. Poi ho cambiato lavoro e sono diventato designer di interni, proprio quando è iniziata la rivoluzione siriana.
– Come è cambiata la tua vita con l’inizio delle violenze?
Se con violenze intendi l’inizio delle rivolta e della rivoluzione, allora l’hanno cambiata molto. La morte e la vita per noi sono diventate simili. Sono aumentati i problemi politici, sociali e morali. Abbiamo invocato libertà e dignità e questo ci ha dato la spinta a non farci intimorire dalle conseguenze delle nostre richieste, anche se avevamo la consapevolezza delle guerre subite da altre popolazioni. Ora cerchiamo di sopravvivere, di vivere e di far vivere i nostri figli serenamente nonostante resista il regime autoritario e nonostante siamo ben lontani dall’aver ottenuto la democrazia... Pensiamo alle future generazioni, al domani della Siria.
– Qual è il ruolo dell’artista in contesti di guerra?
L’artista è come un soldato sulla linea del fronte, come il medico nel suo ambulatorio, l’insegnante nella sua scuola, l’avvocato durante un’arringa. Ogni persona ha un messaggio da trasmettere col suo lavoro e il suo metodo. Io credo nel messaggio dell’arte in tutte le sue espressioni. Credo che l’arte sia lo specchio di ogni società. Con la mia arte cerco di trasmettere la civiltà e la cultura siriane, di raccontarle agli altri popoli, con la consapevolezza che l’arte ha un linguaggio che riesce ad arrivare al cuore di molte persone.
– Sei consapevole del fatto che la tua arte trasmette le sofferenze del popolo siriano?
Dal 2015 ho fatto molte esposizioni in molti Paesi arabi e all’estero, come a Berlino, con risultati lusinghieri. Ho cercato di fotografare e condividere le foto delle mie opere che sono tutte ambientate in un contesto di guerra, ma senza tralasciare un tocco artistico, così che potessero arrivare al cuore e allo sguardo degli altri. Credo di aver contribuito, anche se solo minimamente, a cambiare i sentimenti della gente rispetto alla guerra in Siria, a far prendere loro consapevolezza. Sono altrettanto consapevole però, che ci sono persone che vedono ogni giorno le immagini di sangue e distruzione che arrivano dalla Siria, della guerra che il regime di Assad ha scatenato contro i suoi oppositori, ma in loro non si muove alcun sentimento.
– Quale sarà la tua prossima opera artistica?
Non ho in programma nulla di particolare. A volte mi viene un’idea e mi metto subito all’opera, mentre altre volte aspetto un’occasione propizia. Da due anni vorrei realizzare un progetto, ma a causa dell’assedio in cui ci troviamo e della mancanza di qualcuno che possa sostenermi, ho dovuto interrompere. Spero di vederlo prendere forma un giorno.
– Cosa vorresti dire agli artisti fuori dalla Siria?
Spero che tutti gli artisti che credono nella nostra causa, che godono della loro libertà e dignità lontano dalla nostra terra, si impegnino per far conoscere la nostra causa e ci diano sostegno. Ci sono molte idee e progetti per far arrivare la nostra voce fuori dalla Siria, che però non abbiamo la possibilità di realizzare. Speriamo che le nostre voci e i nostri appelli giungano agli altri popoli e a chi ha potere decisionale. Ci sono molti artisti, all’interno della Siria, ma anche fuori, che operano in silenzio per sostenere la nostra causa. A loro vanno tutta la mia stima e il mio ringraziamento.
Asmae Dachan
(da Diario di Siria, 19 gennaio 2018
con altra documentazione fotografica)