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Annagloria Del Piano. Sanità pubblica, un diritto 
La Riforma della cronicità in Lombardia e il Biotestamento secondo Liberi e Uguali di Sondrio
03 Febbraio 2018
 

Da qualche giorno a questa parte sta passando nelle radio lombarde un annuncio in cui si porta a conoscenza degli ascoltatori il nuovo Piano di presa in carico dei pazienti di Regione Lombardia affetti da problemi sanitari cronici. La stessa comunicazione si sta diffondendo attraverso altri media e avvalendosi di volantini distribuiti nelle Farmacie. Inoltre, entro fine mese prossimo, gli interessati al nuovo Modello regionale per il paziente cronico verranno raggiunti personalmente da un’apposita lettera che spiegherà sommariamente in cosa tale modello consista. Consultando il sito della Regione si capisce che ci sarà: la figura del paziente che si affiderà a un “gestore” – da individuarsi in un medico pubblico o privato, singolo o in cooperativa, il quale stilerà per lui un piano di assistenza individuale (potrà essere anche il proprio medico di base, se ha aderito) – e ci saranno degli “enti erogatori convenzionati”, che si occuperanno al posto dell’utente di prenotare visite ed esami.

Ma cos’è questa novità che andrà a rivolgersi a circa tre milioni di malati, affetti da circa 65 tipi di malattie croniche, e in cosa consista non è di immediata comprensione.

Proprio per questo motivo, e per qualche dubbio che legittimamente si palesa, il gruppo Liberi e Uguali valtellinese ha indetto, una decina di giorni addietro, una conferenza in cui trattare il tema, insieme ad alcuni ospiti del settore.

Erano, infatti, presenti il dottor Gianluigi Passerini, medico di Medicina generale di Sondrio; Aldo Gazzetti, del Forum per i Diritti alla Salute in Regione Lombardia (e per diversi anni, al controllo dei costi sanitari regionali), il dottor Vicky Tshimanga, medico presso l’Ospedale di Sondalo e Ettore Armanasco, SPI-CGIL Sondrio. A moderare, Martina Simonini di LEU che ha sottolineato come, per Liberi e Uguali, sarà di primaria cura occuparsi anche di queste tematiche, riguardanti salute e autodeterminazione nella cura, ossia il benessere di tutti.

Nella riunione è stato messo in luce dai convenuti quanto il nuovo Modello di Presa in carico sia nato in modo piuttosto confuso, senza una reale e partecipe formulazione ben programmata.

Nelle enunciazioni regionali, si tratterebbe di affidare a questi, cosiddetti, Gestori (cui verrà corrisposto, per ogni paziente in carico, una somma pari a 35/40 o 45 euro, in base alla gravità dei casi) la prenotazione di visite ed esami per il malato cronico, al fine di sollevarlo da ogni preoccupazione. Si dichiara, dunque, un miglior accesso ai servizi specifici, una continuità assistenziale, un accompagnamento nelle dimissioni ospedaliere con conseguente attivazione delle cure domiciliari ecc. Ma sarà davvero così? Si sono chiesti i presenti…

«A mio parere la selezione dei gestori appare essersi svolta in grande velocità, nemica delle cose ben fatte» afferma Aldo Gazzetti. – «Andando a controllare le referenze di alcuni di essi, mi è capitato, ad esempio, di ritrovare un piccolo Laboratorio Sanitario Polidiagnostico, che si è rivelato appartenere ad una Società posseduta da un uomo che si configura tra i più facoltosi cittadini svizzeri… Un piccolo laboratorio sarà davvero in grado di consentire, e addirittura facilitare rispetto agli ospedali, l’accesso a cure, anche molto particolari e specifiche? Non vorrei che questo Modello si riveli una sorta di cavallo di Troia per immettere sempre più privato nella gestione di quel bene che è rappresentato da una buona assistenza sanitaria per tutti!»

In effetti, il pensiero si affaccia… se si considera che, di 294 gestori, ben 260 sono privati.

Ogni Gestore, poi, si avvarrà di Enti erogatori, da esso stesso scelti e ritenuti validi, i quali materialmente si occuperanno della prestazione dei servizi ai pazienti cronici. Ciascun Gestore avrà anche un Budget stabilito entro cui muoversi; questo significa che sarà direttamente responsabile del contenimento dei costi.

«Occorre valutare, poi, che questa sorta di sperimentazione parte sulla base di un protocollo – di cui peraltro non si trova traccia, cercando su Internet», afferma ancora Gazzetti – «tra il Ministro Lorenzin e Maroni, che si appoggia unicamente su tre delibere (la prima risalente al gennaio 2017 e le altre due del dicembre scorso), nemmeno discusse in Consiglio regionale né da Commissioni preposte. I Comuni, come dai tempi di Formigoni, sono stati estromessi dalla gestione della sanità locale e questa non è stata una gran trovata. Si potrebbe prendere spunto da Toscana e Emilia, per fare due esempi: in queste regioni sono state istituite delle Case della Salute, presidi pubblici qualificati, alternativi al ricovero ospedaliero, in grado di assicurare l’unitarietà delle cure primarie e la continuità assistenziale, senza costi esorbitanti e salvaguardando il diritto alla salute dei propri cittadini.

Intervenendo alla discussione, il dottor Passerini ha ribadito questo concetto: la sanità deve essere un diritto per ognuno, un diritto pubblico, ugualitario ed equo. La Lombardia, invece, è la regione che ha più privatizzato la sanità.

«Si è continuato ad accreditare gestori, senza pretendere adeguati e ben specifici standard qualitativi, senza la dovuta accuratezza. La malattia cronica richiede poche cose, ben fatte, e una relazione diretta tra medico e paziente, condotta con ripetizione e continuità decise man mano e personalizzate: non una serie di procedure quanto più standardizzate, come se tutti i malati fossero uguali, che poi andranno a scontrarsi con liste d’attesa e inadeguatezze, condotte da enti che possono cambiare nel corso della durata del Piano di presa in carico. Per questi motivi, per assicurare le giuste competenze, noi medici, in Ospedale qui a Sondrio, ci siamo detti dobbiamo esserci, considerandoci comunque preferibili ad altri gestori, a nostro parere, meno qualificati».

Anche Armanasco sottolinea quanto la cosiddetta libera scelta del paziente fra pubblico e privato, non sia libera per niente: «la sanità è stata messa in ginocchio; la gestione di Formigoni, come ben si è visto, ha portato a un incremento del settore privato, con pochissimi controlli e l’accettazione di tutti gli Enti che bastava ne facessero richiesta!»

Troppi, a suo parere, anche i medici che, quali dipendenti ospedalieri, svolgono attività privata fuori dalle mura della struttura. Sottraggono tempo ai pazienti pubblici.

L’adesione al nuovo Modello è, ovviamente, facoltativa e avverrà attraverso la sottoscrizione del Patto di cura (un vero e proprio contratto annuale, dal quale il paziente potrà recedere per gravi motivi, non meglio specificati…). I medici di famiglia che hanno aderito, ad oggi, sono meno del 50%...segno che qualche perplessità legittima ha ben motivo di essere sollevata.

L’intervento finale del dottor Tshimanga, ha inteso corroborare i ragionamenti dei colleghi e si è soffermato, in particolare, sull’altro problema all’ordine del giorno su cui verteva la conferenza: il Biotestamento e le sue applicazioni. Partendo con un dato preciso, il medico ha dato un quadro efficace della situazione: il 78% dei medici rianimatori, nei Paesi europei, ammette di sospendere le cure nei casi di pazienti in condizioni ovviamente ben definite. Oggi la scienza permette di indicare con precisione cosa si intenda per malato in fin di vita, individuandolo in colui che, accertate la gravità e l’irreversibilità della malattia, sta concludendo la sua esistenza… Questa prassi è attiva da tempo, a onor del vero, ben prima che passasse finalmente la legge sul Biotestamento, anche in Italia. L’etica di un buon medico deve sempre contemplare in primis la volontà del malato, la sua autodeterminazione; inoltre il suo bene, cosa è meglio per lui, da rivalutare - se necessario - insieme e, non si può fingere che non abbia un suo peso, anche la giustizia retributiva, ossia la valutazione delle risorse finanziarie che sono disponibili… La dichiarazione preventiva di volontà aiuterà a rendere tutto più effettuabile, alla luce del sole e col dovuto scrupolo e appoggio legale e lo stesso per quanto riguarda il divieto dell’accanimento terapeutico, finora naturalmente più che sconsigliato dalla deontologia medica e dal buonsenso, ma ora giustamente vietato per legge. Nell’ottica che una persona ha diritto a una vita degna, ma anche a una morte altrettanto degna, ha concluso il dottor Tshimanga.

 

Annagloria Del Piano

 

 

LINK DI RIFERIMENTO:

»» www.regione.lombardia.it per info

»» CittadiniPrima© per consultare l’elenco dei gestori


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