Era una sera d’estate e l’aria particolarmente calda aveva scalzato già da tempo la “primavera” che immaginavo piangente e pudica, mentre al soffio di zefiro si nascondeva tra i rami intrisi del profumo dei suoi fiori.
L’estate mutava i colori del giardino. Le piccole foglie perdevano la propria lucentezza sotto la sferza della calura ed era come se la giovinezza cedesse il passo alla maturità.
La buganvillea, carica di fiori bianchi su foglie rosa fucsia, si adagiava felice sul muro dai rossi mattoni, coprendone una grossa fetta quasi a gareggiare con il gelsomino dall’odore intenso che si stendeva fino a coprire l’intera finestra.
Era già tardi quando uscii in giardino.
Sembrava che tutto fosse immobile, in attesa di un qualcosa che avrebbe rotto l’incantesimo.
Si percepiva appena il gracidare stanco delle rane poi… cra-cra-craaa come un sibilo e il silenzio si stese sovrano a conciliare i pensieri.
A un tratto un suono dolce e melodioso di note lontane violò quella pace, ci fu un sussulto e anche il merlo accovacciato nel nido si scosse e si pose all’ascolto. Sembrava che l’intero firmamento fosse fermo con gli occhi sbarrati, per ascoltare quelle noti dolci e affannose simili a suoni dell’anima, a suoni del cuore.
Storia di una lira e di un violino
Era perfetto nel tight attillato.
Stretto nella camicia dal collo inamidato e coi baffi tagliati ad arte, col cilindro e col garofano bianco, si sarebbe detto: uomo del Novecento.
Esile, si reggeva a stento nella mano poderosa che lo teneva stretto a sé.
In mezzo agli altri, nell’ampia pianura, si levava appena, per ammirare l’autrice di quella musica, che gli aveva appena rapito il cuore.
La vide! Era bellissima nella sua veste bianca intessuta d’argento.
Lo sguardo appena scambiato li avvinse e li rapì.
Breve felicità la loro!
La musica stava completando le ultime note e tristi pensieri li assalivano.
L’indomani li avrebbero divisi per sempre.
L’avrebbe più rivista? Avrebbe incrociato più il suo sguardo?
Il “Notturno” di Chopin modulava il loro animo.
A tratti si levava! Guardava i suoi capelli neri e li sentiva scorrere segosi fra le dita.
Vedeva la pelle candida delle sue esili spalle e tratteneva il respiro!
Vedeva le lacrime sulle sue gote e un dolore acuto gli stringeva il cuore!
Un amore nato e non vissuto, dunque… Si chiedeva affranto!
A stento i loro sguardi reggevano l’urgenza del tempo.
Tremulo il labbro avrebbe voluto dire… ma taceva impedito.
Era notte fonda. Della musica si sentiva lontano l’ultima eco.
Nessuna stella brillava.
Nel buio più profondo cercarono riparo.
Nessuno li cercò. Un albero li ospitò furtivi.
Per tutta la notte echeggiò come un’eco il suono della lira e quello del violino.
Un suono triste simile a un lamento che si mutava in pianto e poi più nulla.
Al mattino, due colombe, appollaiate su un fico, tenevano stretti due cuori.
Anna Lanzetta
(Tratto da: Armonie di un giardino toscano. Racconti, arte, mito e fantasia, Regione Toscana Consiglio Regionale, Edizioni dell’Assemblea, 2017. Il testo integrale è a disposizione dei lettori nel sito della Regione Toscana - Pubblicazioni)