Foto 1. Bruno Galli-Valerio (Lecco 1867 - Losanna 1943). Figlio di Ambrogio Galli e di Emilia Valerio. Studiò medicina veterinaria a Milano (1890), conseguendo il dottorato a Losanna (1892). Fu libero docente di patologia generale e parassitologia a Milano (1892-97), professore straordinario di batteriologia a Losanna (1898-1904) e professore ordinario di igiene e parassitologia (1904-38). Direttore del laboratorio di batteriologia, patologia sperimentale e igiene dell'Università di Losanna (1897-1938), diede vita alle stazioni di ricerca del lago di Champex e di Les Rochers de Naye. Accanto alle pubblicazioni scientifiche, fu autore di scritti sull'alpinismo e sulla politica, che ne mettono in luce la posizione antifascista e socialista. La grande prestanza atletica gli permise di essere un eccezionale camminatore e un valente alpinista. Trascorse le sue vacanze estive dal 1888 al 1914 in Valtellina e, avvalendosi di grandi guide come Giovanni Andrea Bonomi, esplorò moltissime montagne nelle Retiche Centrali e nelle Orobie.
Foto 2. Giovanni Andrea Bonomi (Agneda 1860 - Agneda 1939). Leggendaria guida alpina valtellinese, primogenito di Giovanni Angelo, legò il suo nome alle Prealpi Orobie aprendovi numerose vie, tra cui la più nota è la via Bonomi alla Punta di Scais. Frequentò nel 1899 il primo corso per guide alpine organizzato a Milano da Antonio Cederna. Uomo di eccezionali doti fisiche e umane, fece da guida a numerose personalità illustri fra cui il Principe Scipione Borghese. Padre di dieci figli, fu colpito in tarda età da paralisi progressiva. Si spense nella sua casa d’Agneda nel 1939.
Il Ponte della Padella
Mi ha raccontato Marino Amonini che il “Ponte della Padella”, come testimoniato da antiche cartoline, ha avuto almeno 3 rifacimenti: a inizio secolo c'era una passerella in legno, poi un elegante manufatto in muratura (foto 3) e ora ci rimane «quella merda in cemento senza alcuna valenza estetica» (foto 4). Da sempre l'hanno chiamato così (intendo “Ponte della Padella”) perché corre sopra un guiun cilindrico. I più appariscenti esempi di queste conformazioni rocciose si trovano nella forra a lato di Ambria. Sono vere e proprie sculture vive scavate dal torrente, profondissime e con acqua cristallina.
L'evoluzione glaciale in Val Caronno
In epoca tardoglaciale i ghiacciai di Porola e Scais, con ogni probabilità, formavano un'unica possente lingua che proseguiva per molti metri oltre la Cresta Corti.
Dalla fine degli anni '70 è in atto una regressione dei ghiacciai lombardi. Effetti particolarmente intensi si sono riscontrati sui ghiacciai orobici, dove il bacino d'accumulo si trova sempre al di sotto del limite delle nevi perenni (limite stimato attorno ai 3000 metri alle nostre latitudini).
Attualmente il ghiacciaio di Porola si è rifugiato nella parte superiore del bacino di Porola. Il canalino valanghifero che discende dalla cima di Caronno, e contribuiva ad alimentare la lingua del Porola, dalla metà degli anni '90 è nudo già nei primi mesi d'estate.
Il bacino di accumulo del ghiacciaio di Scais, posto sulle pendici occidentali del Redorta, riceve notevole esposizione alla radiazione solare e non è più in grado di alimentare la lunga lingua glaciale di Scais che, come ho osservato quest'anno per la prima volta, si è distaccata dal bacino d'alimentazione. Così, per tutta la larghezza della “schiena del mulo”, un tempo ripida e crepacciata impennata mediana del ghiacciaio, è affiorata una fascia rocciosa alta una ventina di metri.
Foto 5. 20 settembre 1925, inaugurazione della Capanna Mambretti. Quanta neve c'era allora sulle cime! Quando per primo nel 1920 il glaciologo Nangeroni studiò e descrisse la Val Caronno, trovò uno scenario glaciale ricco e imponente, come testimonia questa foto.
Foto 6. 9 ottobre 2006, la Val Caronno vista dalla diga di Scais. Non si distinguono più né il ghiacciaio di Scais (la lingua, fortemente arretrata, è ora ricoperta per buona parte di morenico), né quello di Brunone.
Enrico Benedetti
(4 - fine)