Caro Matteo,
ho un pensiero che mi ronza in testa da giorni come una mosca fastidiosa che cerchi di cacciare via ma che poi si posa sempre in posti diversi e non ti molla finché non riesci a schiacciarla. Ecco, ho deciso. Mi libero di questo pensiero facendo quello che il cuore prima della mia testa mi chiedono. È la mia decisione: in fondo spetta innanzitutto a me.
In tutti i prospetti che girano sulle candidature c’è una casella sul proporzionale con un nome certo: Giachetti.
Sarei ipocrita se ti dicessi che la cosa non mi faccia piacere: penso che, in qualche modo, sia il riconoscimento di un impegno nel partito, e più in generale in politica, che mai mi era stato riconosciuto in passato. Di questo non posso che ringraziare, di cuore e con il cuore, sia te che hai creduto in me fin dall’inizio, quando davvero ci conoscevamo assai poco, che Paolo, che invece mi conosce da una vita e che per una vita mi ha sostenuto anche nelle mie battaglie a lui più estranee.
Bene: sento dentro di me che quella casella (il paracadute) mi sta troppo stretta. Non corrisponde alla mia storia, alla mia cultura, al mio sentire. Il Partito Democratico sta vivendo un momento difficile, e nella nostra difficoltà si riflettono tutti i pericoli per il nostro Paese. E Marco mi ha sempre detto che è nei momenti difficili che bisogna crederci, anche rischiando.
E allora no. Quel paracadute sarebbe per me un vestito sgualcito e stretto, un trapianto di pelle, un cibo avariato. Non lo voglio.
Conosco bene i tantissimi problemi che abbiamo nel cercare di trovare una quadra per garantire la presentazione di liste competitive in grado di tenere insieme la conferma di chi tanto si è impegnato in questi anni per dare impulso alla ripresa che si sta manifestando e la necessità di linfa nuova. So bene che la quadra sarà comunque dolorosa perché molti di coloro che meriterebbero di entrare o essere riconfermati non ce la faranno. So bene che questo quadro diventa ancora più complicato dovendo garantire il rispetto degli accordi con i partiti con i quali abbiamo stretto alleanza.
Allora penso che sia mio dovere fare l’unica cosa che potrebbe rappresentare un valore aggiunto per il centro sinistra e non la penalizzazione di un vero rinnovamento. Non voglio essere un tappo. Non sarò un tappo. Rinuncio al plurinominale. Rinuncio al paracadute.
Sono in Parlamento da 17 anni e, nonostante questo, ogni volta che varco l’Aula di Montecitorio mi emoziono come un bambino. Grazie a te ho avuto un regalo immenso: fare il Vicepresidente della Camera e, grazie a te, ho avuto un incommensurabile onore: essere candidato a Sindaco della mia città, la città che amo, Roma.
E ho capito che l’unico modo per corrispondere a questi due straordinari privilegi è quello di combattere per una battaglia che appare persa in partenza. Ma in politica non c’è nulla di perso, salvo ciò per cui non si crede e non si ha voglia di combattere. Allora, caro Matteo, e ti chiedo scusa se non ti ho avvisato prima (ma sai che la carne è debole e se ti avessi anticipato questa decisione probabilmente saresti riuscito a farmi desistere), ti chiedo di lasciarmi libero di giocarmela senza paracadute, senza reti di protezione, senza garanzie. Io e la mia città, io ed il territorio dove vivo da 50 anni, io ed il mio amore per la mia città e per la politica. Lo so: a guardare i risultati delle precedenti elezioni non ho molte chances. Il collegio 10 è di quelli persi. Ma io ci credo. Io amo la politica. È la mia vita. E so che questo amore e questa passione possono fare la differenza. So che faranno la differenza. Se vogliamo cambiare le cose dobbiamo metterci in gioco, dobbiamo osare, dobbiamo crederci. Io ci credo e so che ce la possiamo fare. Ce la faremo. Forza e coraggio!
Roberto Giachetti
(dal suo profilo fb, 26 gennaio 2018)