L’arte è la vera ricchezza dello spirito, è respiro e palpito, è l’armonia del pensiero, il sipario che ci divide dalle brutture del mondo, uno spazio aperto verso un’infinita bellezza, dove il colore rapisce e gli elementi decorativi e rappresentativi rubano l’attenzione e spostano l’occhio vigile e attento fino a perdere la cognizione del tempo che si sottrae a ogni tipo di collocazione.
L’arte di Ambrogio Lorenzetti, nelle sale di Santa Maria della Scala, affascina e illumina tra oro profuso e il primo azzurro e dialoga con gesti, sguardi, espressioni e fisionomie che coinvolgono il visitatore in un balenio tra l’epoca dell’artista e la modernità che vi si coglie. Non sfugge il richiamo all’arte giottesca ma al contempo è evidente l’evoluzione che caratterizza lo stile innovativo dell’artista nella scelta delle tecniche che lo renderanno unico. In un clima di intensa spiritualità emerge la modernità dei temi espressi con un realismo che definisce i personaggi e i ruoli che sono chiamati a rappresentare. Un’arte sacra in cui l’elemento religioso si coniuga perfettamente con quello terreno. La mostra è un libro aperto sull’umanità dove simboli, allegorie e valori insegnano, educano, orientano e rendono il visitatore partecipe. Ogni opera ferma il passo per essere decodificata in ogni elemento e coglierne poi il messaggio che va oltre il tema. I protagonisti sono resi con un naturalismo che l’artista fa suo con la scelta del colore, con le modulazioni chiaroscurali, con fisionomie che esprimono moti dell’animo: gioia, tristezza, dolore, disperazione, aspirazione al “divino”. Una folla di personaggi che riflettono la vita: angeli, santi, devoti, storia e leggende, un’umanità differenziata socialmente ma unita nei valori di carità, di salvezza, di ricerca spirituale, di dedizione, in cui l’elemento sacro si carica di umanità e di affetti nella carezza, nell’abbraccio del Bambino che diventa sostegno materno, in quel guancia a guancia, nel richiamo alle virtù: amore e carità, nella musicalità degli angeli, nel piede del Bambino saldamente retto dalla mamma, nel seno che amorevolmente allatta, espressione di una maternità universale, nello scambio degli sguardi che ripetutamente si incrociano quali simboli di affetto, di salvezza, di solidarietà e di testimonianza. Un’arte attenta ai particolari e agli elementi decorativi che tratteggiano vesti e suppellettili, e architetture che mostrano capacità di creare poi la prospettiva. La mostra, di sala in sala rievoca il Trecento, l’epoca di Lorenzetti, vissuto dal 1290 al 1348, e ne racconta la società nei costumi, negli arredi, nelle strutture interne ed esterne con un gusto raffinato che denota gradualmente l’evoluzione dell’artista decisamente affrancato.
Tutto è poesia che si muta in versi la cui rima è il palpito del cuore.
Abbaglia l’oro profuso, segno di spiritualità misto a un amore dove la sfera divina incrocia quella terrena fino alla svolta verso un cielo azzurro dove la realtà prende corpo. Ogni opera illumina, bellezza e leggiadria sposano la raffinatezza, e lo splendore dell’Annunciazione è toccante: il volto rapito della Vergine si pone all’ascolto dell’arcangelo Gabriele… il concepimento avverrà nel mistero più profondo… Ecce ancilla Domini.
Anna Lanzetta