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Renato Ciaponi. Valtellina: un’a­gri­col­tura sempre più giovane e rosa
17 Gennaio 2018
 

L'enogastronomia valtellinese ha radici storiche importanti molto lontane nel tempo. Il Bitto di origine celtica, la viticoltura di epoca romana o addirittura pre-romana, con i liguri. Senza dimenticare l'arte della preparazione dei salumi con i luganegat di Morbegno e Bormio che lasciavano d'inverno le montagne per dedicarsi alla lavorazione delle carni di maiale nelle zone del ferrarese e del basso veneto. Storie che dimostrano un lungo cammino di generazioni che nell'agricoltura hanno sempre trovato i prodotti per vivere, per mantenere una famiglia.

Un' agricoltura un tempo davvero eroica, oggi forse meglio definibile semplicemente di montagna, perché quegli eroi si sono trasformati in imprenditori, magari coraggiosi, magari instancabili lavoratori che non contano le ore di lavoro, di sacrificio, che dimenticano il riposo domenicale, le ferie, costretti a lavorare in terreni scomodi, ma comunque sempre imprenditori alla ricerca di un reddito necessario per una vita dignitosa.

Un'imprenditorialità spesso giovanile, che nasce dalla decisione di dedicarsi all'agricoltura per scelta, come professione, per continuare il lavoro dell'azienda familiare, magari dopo aver ottenuto il diploma di perito agrario, ma sicuramente con la consapevolezza di scegliere un lavoro forse più redditizio di altre opportunità lavorative.

Da studi della Camera di Commercio di Sondrio e della Coldiretti regionale si evidenziano dati interessanti che mostrano l'evoluzione dell'agricoltura valtellinese negli ultimi anni attraverso un efficace ricambio generazionale.

Le imprese agricole al 31 dicembre 2016 in provincia di Sondrio erano 2446 (17%), di queste 273 erano giovanili (under 35) e 401 (under 40).

Nel confronto settoriale di tutte le imprese giovanili della provincia di Sondrio al 31 dicembre 2016 appare che il settore agricolo incide per il 20,47%, (a livello regionale è solo il 4,43%) superando il commercio (17,98) e i turismi (13.87%).

E ancora: l'incidenza delle imprese femminili in agricoltura è il 37% (contro il 22% regionale) e supera Turismo 34,84%, Istruzione 28,81%, Commercio 25,18%, Sanità e assistenza sociale 22,34%.

Naturalmente questi dati non tengono presente i giovani, figli di agricoltori, che lavorano nell'azienda familiare senza la titolarità dell'azienda partecipando comunque direttamente alle scelte aziendali dei genitori.

Un'imprenditorialità giovanile che si muove agilmente nel mondo agricolo, che valorizza la tradizione in alcune pratiche colturali, ma che si evolve nelle scelte agronomiche, nei cicli produttivi, nelle dimensioni aziendali, nella ricerca di prodotti nuovi, di diversi modelli di vendita.

Il settore zootecnico è passato dall'azienda media di 3-4 capi degli anni settanta a stalle con numero di bovini dimensionati al raggiungere di un reddito dignitoso e dove la mungitura a mano è quasi scomparsa, sostituita da sistemi di mungitura meccanica o addirittura robotizzata.

Nel settore caseario possiamo trovare nuove tipologie di formaggi che pur non rappresentando la tradizione contadina vengono prodotti per diversificare ed arricchire le proposte per il consumatore: formaggi a pasta filata rappresentati da fresche mozzarelle, formaggi erborinati a due paste, come vuole la tradizione del Gorgonzola, taleggini quadrati, vari yogurt con frutta coltivata in valle, formaggi caprini freschi e stagionati, caprini aromatizzati con erbe di montagna ed ultimamente i formaggi e la ricotta senza lattosio.

Tentativi di diversificazione anche nella frutticoltura, con produzioni di varietà diverse di mele o anche con la coltivazione di pesche, di pere e soprattutto di piccoli frutti, mirtilli, lamponi, ribes, more spesso trasformati in confetture o in succhi grazie anche alla Cooperativa “Il Sentiero” di Morbegno, sempre attenta alle esigenze degli agricoltori confezionando un prodotto perfettamente vendibile dal punto di vista igienico sanitario, ma lasciando all'agricoltore la possibilità di personalizzare il prodotto con una propria etichetta.

E poi c'è il settore dei cereali, il ritorno della coltivazione della segale, per la produzione di un pane fatto totalmente con farine autoctone, l'intensificarsi della produzione di grano saraceno e delle patate, l'aumento del biologico, l'orticoltura con colture nuove come l'asparago, il settore della viticoltura e enologia con il recupero di vecchie vigne e la creazione di piccole cantine con produzioni di ottimi vini.

Non mancano i settori nuovi come l'itticoltura, l'olivicoltura, la lombricoltura, la coltivazione dello zafferano, della canapa.

Un'imprenditorialità giovanile che dedica tempo e risorse alla commercializzazione dei propri prodotti considerando la vendita diretta un punto di forza della propria attività.

E così sono nati diversi agriturismi, spacci di vendita all'interno delle aziende, mezzi attrezzati per la vendita nei mercati. Ma anche pagine web o sui social media per pubblicizzare i piatti della ristorazione dell'agriturismo o i vari prodotti aziendali. Visi sorridenti di giovani contenti della propria scelta professionale che non solo propongono i prodotti dell'azienda, ma ne raccontano anche la storia, i sistemi di produzione, le caratteristiche organolettiche.

Un'imprenditorialità giovanile che ha trovato e trova supporto nella Fondazione Fojanini, nelle istituzioni locali, ma anche nella scuola, l'istituto tecnico agrario, molto spesso frequentato dai nuovi imprenditori che forse proprio lì hanno maturato la voglia e la determinazione di lavorare nel settore agricolo.

Una considerazione, per concludere, sulla ristorazione valtellinese che potrebbe diventare una grande vetrina per le produzioni della giovane imprenditorialità agricola. Valtellinese.

Una ristorazione che lentamente si sta evolvendo sostituendo il qualunquismo enogastronomico con la consapevolezza della necessità di valorizzare la cucina del territorio ma che non sempre, per comodità, per opportunità economica, ricerca le materie prime nel giacimento enogastronomico della provincia pronto invece ad offrire eccellenze particolari, non omologate che proprio nella ristorazione troverebbero il canale più idoneo per una giusta valorizzazione.

 

Renato Ciaponi

(dal Blog il gusto dell'enogastronomia valtellinese, 16 gennaio 2018)


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