Mi è venuta in mente un'altra faccenda vacanziera e poi attacco con la cosa seria, che fa parte del carteggio con Sarubbi del Dialogo.
La faccenduola è che il governo ha rimediato rapidamente con un decreto a un brutto scherzo giocato da qualcuno nella confusione del maxiemedamento, cioè alla proposta di ridurre i tempi di prescrizione di reati contro la pubblica amministrazione, davvero un brutto incidente. Si è rimediato e ne hanno dato conto con sobrietà Prodi e tutte le forze di maggioranza, Di Pietro ha voluto metterci sopra la ciliegina e ha detto che si è rimediato alle conseguenze, ma adesso va trovato il colpevole "che non gli venga in mente di riprovarci" (la seconda parte della frase in dialetto, il che già a me fa venire un po' il nervoso, ma amen! questa volta il peggio non era la grammatica): se c'è uno che dovrebbe stare zitto sugli errori e loro conseguenze è proprio lui. La vicenda De Gregorio non è gloriosa nemmeno per chi capeggiando l'Italia dei valori ha raccattato uno che Forza Italia aveva lasciato a terra e lo ha messo in lista. Gli errori possono succedere a tutti, ma vale anche per lui il consiglio evangelico della trave e del fuscello.
La faccenda seria prende il via da un ragionamento che avevo provato a fare sul rapporto tra istituzioni e movimenti, dato che caratteristica dei movimenti oggi è di non essere né dichiararsi anti- o extra-istituzionali. Poiché è una novità, bisognerebbe capire come gestire un rapporto che deve offrire a tutti (chi sta nelle istituzioni e chi sta nei movimenti) autonomia e relazione. La cosa è difficile: ho però alcuni esempi: “Usciamo dal silenzio” pone domande e condizioni, aspetta risposte che dalle istituzioni non arrivano e finora seguita a porre le sue domande e condizioni e aspetta, gestendo intanto in assoluta autonomia e attendendo relazioni, il suo dichiarato programma. La Cgil di Padova ha inviato alle istituzioni un bel documento di consuntivo e preventivo (bilanci politici naturalmente) e formula proposte e suggerisce analisi, magari anche non del tutto condivisibili, ma razionali e ragionevoli sulle quali è possibile e utile confrontarsi, un buonissimo esempio di relazione positiva, ciascuno dalle sue posizioni e insediamenti sociali o istituzionali, sicché il confronto è possibile. Anche la Camera del lavoro di Vicenza ha preso parte con grande dedizione e autonomia politica alla manifestazione contro l'allargamento dell'aeroporto dal Molin.
Ma se il movimento per la pace resta alle sue posizioni irrelate e si permette di dare su di noi giudizi da fine del mondo («persi alla causa della pace») non offre alcun terreno di incontro e non ottiene nulla, perché non tiene conto della situazione politica e istituzionale in cui siamo. Tanto vale che si dichiarasse anti- o extra- istituzionale, restando alle forme del '68.
Per quanto mi riguarda non considero i e le pacifiste fatti di una sostanza diversa da chiunque altro e addirittura non giudico persi alla causa della pace nemmeno i militari e comunque penso di avere il diritto che le mie proposte ricevano una valutazione concreta, politica, non ideologica e solo di principio. Per non predicare bene e razzolare male, mi provo a formulare un giudizio sulla proposta del movimento di campagna per il disarmo nucleare: è collegata con ciò che si sta facendo a Pordenone (Aviano), Vicenza, Ghedi, Cameri e Sigonella? senatori e deputati hanno preparato interrogazioni e partecipato a manifestazioni in proposito, anche formulando proposte per i Corpi civili di pace. Io -ad esempio- che sono impegnata perché anche a militari professionisti sia lecita l'obiezione di coscienza, quando si accorgessero che le regole d'ingaggio che hanno firmato non corrispondono alla loro coscienza, consentirei loro di arruolarsi nei Corpi civili di pace, essendo quelli che hanno già un addestramento e dimostrano con una scelta di vita di aver ripudiato la guerra. Altri pensano che i militari se fanno obiezione di coscienza debbono puramente e semplicemente dimettersi: non vedo perché si debba avere un atteggiamento punitivo nei loro confronti, non è utile e non è nemmeno giusto, a mio parere. Ma vorrei documentate risposte, non giudizi da fine del mondo con i giusti seduti alla destra del Padre (una collocazione politica e simbolica che non vorrei mai occupare) e i reprobi all'inferno!
Anche l'idea di movimenti come quelli che negli USA poggiano sul rifiuto dei sacrifici dei militari vanno bene, ma da noi ci sono già stati: noi abbiamo sconfitto Berlusconi e riportato i soldati a casa dall'Iraq, il movimento statunitense non ancora, e anche Bush è stato sconfitto, ma non si hanno notizie che in proposito i democratici saranno tanto meglio. Insisto che il Libano è una novità e non è in sequela della politica estera del governo di destra: intanto non ci sono più massacri, i soldati sono lì solo per garantire la tregua, che con grande fatica (ma io faccio il tifo per la fatica, non sottolineo solo le difficoltà) si conferma. I due capi di stato si incontrano e si passerà allo scambio dei prigionieri e tutto ciò sotto le N.U. e non la Nato: se si potesse estendere il modello all'Afghanistan sarei molto contenta e mi impegno a cercare soluzioni in quel senso: urlare semplicemente “via le truppe” non è nemmeno possibile, senza l'assenso del Governo afgano e dei Talebani: sarebbero esposti a rischi tremendi uscendo dai luoghi dove sono stanziati.
Insomma non c'è niente di semplice, non ci sono scorciatoie, bisogna impegnarsi con grande tenacia pazienza e determinazione, consapevoli che la democrazia poggia su una opinione positiva della specie umana. Se alle persone si propongono cose ragionevoli e utili, sulle quali si chiede il giudizio e il voto, si deve avere fiducia che scelgano il meglio o ciò che è apparso il meglio; se non lo fanno, non è perché sono tutte malvagie, il mondo è corrotto ecc. ecc., ma forse non ci siamo spiegati bene, non siamo stati convincenti, ma insistendo e chiarendo possono mutare opinione, la democrazia è un sistema autocorrettivo.
Lidia Menapace