È aperta, fino al 18 febbraio 2018 a Bologna nella sede di Palazzo Fava l’esposizione dal titolo “La Mostra Sospesa. Orozco, Rivera, Siquieros” (catalogo Silvana), a cura di Carlos Palacios.
La storia di questa esposizione è unica: doveva essere inaugurata il 13 settembre del 1973 a Santiago del Cile, ma a causa di un colpo di stato che colpì il paese rimase pendiente, in sospeso, e da lì il suo nome. Le opere – appartenenti alla collezione di Alvaro Carillo Gil e di sua moglie Carmen Tejero – furono a rischio di distruzione, ma vennero salvate (arrivando fino ai nostri giorni) grazie al sostegno di commissari, curatori, istituzioni e Cancellerie messicana e cilena. Ciò ha permesso di esporle, nel 2015 in Cile, nel 2016 in Argentina e nel 2017 in Perù e ora in Europa a Bologna.
La mostra si compone per la quasi totalità, di olii e disegni ad altro contenuto politico che testimoniano, in modo efficace e coinvolgente, la poetica dei tre muralisti, emblema della modernità messicana nel mondo. Alle opere esposte si affianca un’ampia documentazione dei murales originali, realizzata con moderne tecnologie di video animazione HD che consentono di ammirare e localizzare le opere principali dei tre muralisti nelle varie città del Messico.
Il ‘muralismo’ fu un’arte di tipo realista, fortemente caratterizzata in senso sociale,
che si era andata sviluppando nel Messico, in accordo con il nuovo clima seguito all’abbattimento della dittatura di Porfirio Diaz e di Victoriano Huerta.
La lunga rivoluzione dei peones – che aveva espresso le figure leggendarie di Pancho Villa e di Zapata – aveva provocato una serie di riforme, prima fra tutte quella sulla proprietà terriera, che pareva destinata a conferire al paese una spinta risolutiva verso la democrazia e il progresso. Gli intellettuali e gli artisti si sentirono per primi impegnati in una pluralità di iniziative aventi lo scopo di sottrarre le masse dall’analfabetismo e di renderle consapevoli del ruolo di protagoniste che dovevano svolgere. Le arti figurative – specificamente la pittura murale – dovevano assecondare questo sforzo. Tuttavia, vuoi per il fascino che sugli artisti messicani esercitavano le antiche raffigurazioni azteche con il loro misterioso repertorio simbolico, vuoi per la diretta influenza dell’arte minore locale, vuoi infine per l’apertura europea che contraddistingueva l’atteggiamento di alcuni pittori, il realismo che ne conseguì, imponendosi a un certo momento come stile nazionale, superava decisamente i limiti della strumentalizzazione ideologica per affermarsi nell’autonomia propria dell’arte, e ciò senza abdicare ai contenuti. Quei contenuti – episodi rivoluzionari, lotte di contadini, celebrazione del lavoro – si risolvevano anzi in un messaggio umano tanto potente da avvicinare nel consenso gli uomini colti e le classi proletarie. Il «realismo socialista» messicano – se tale può essere definito – nulla aveva in comune col realismo che, negli stessi anni, veniva imposto nell’Unione Sovietica dai testi di Zdanov, e che si rivelava per conto, nella più parte, enfatico e declamatorio fino alla pedanteria.
Il padre della moderna pittura messicana è titolo che aspetta di diritto a Diego Rivera (1885 – 1957). L’adesione di Rivera allo spirito del proprio paese, alle sue tradizioni e alla sua storia, non escluse mai la lezione che gli veniva dalle grandi scoperte europee, da lui meditate direttamente a Parigi dopo il 1910, quando fu vicino a Picasso, a Modigliani, ad Apollinaire e agli artisti del Groupe de Puteaux. Certo è che negli affreschi eseguiti da Rivera negli edifici pubblici, e i suoi grandi quadri, sono eccezionali testimonianze del moderno spirito messicano.
A Palazzo Fava sono presenti in mostra cinque opere cubiste come testimonianza importante del contributo dell’artista al movimento avanguardista. Senza timore di trascurare il significato concettuale o lo spirito di purezza propri del cubismo analitico, Rivera impiega colori intensi, cangianti e brillanti e accosta forme riconoscibili e astratte su uno stesso piano.
Dal canto suo José Clemente Orozco (1883 – 1949), l’altro grande pioniere della nuova pittura messicana, pur perseguendo le stesse finalità con analoghi temi, propende a innervare le forme di una energia visionaria, sottraendosi alle influenze europee e ricercando motivi linguistici nelle tradizioni locali, soprattutto nell’iconografia azteca. Se, come Rivera, egli punta verso il tono epico, tosto sospinge quel tono nella sfera del misticismo rivoluzionario.
La maniera pittorica di Orozco è caratterizzata da forme simmetriche, da pennellate dinamiche e talvolta violente. Le opere in mostra rappresentano da un lato la visione dell’artista sulle violenze della guerra – la rivoluzione messicana e la seconda guerra mondiale – e dall’altro il contesto disincantato delle grandi metropoli americane reduci dalla depressione economica del 1929. I suoi sono gesti iconoclasti che incarnano la tragedia umana riflessa in paesaggi desolati. Orozco dipinge martiri laici (Emilio Zapata) e autoritratti che rivelano un’espressività schietta, ma che al contempo sanciscono la sua indipendenza da Diego Rivera e da David Alfaro Siqueiros.
David Alfaro Siqueiros (1896 – 1974) accentua in misura anche maggiore la portata visionaria dell’immagine, non dimentico della lezione del surrealismo, né delle possibilità di evocazione espressiva che risiedono in taluni media non tradizionali, come il duco e la pirossilina. Eppure la sua arte rimane saldamente ancorata sul tronco della nuova tradizione nazionale e popolare, di cui egli ripete – al pari di Rivera e di Orozco – temi e vicende, trasponendoli su un piano di alta tensione drammatica.
In questa mostra vengono presentate La primera tematica para al mural de Chapultepec, circa 1956 – 1957, e Zapata, che illustrano la tecnica dell’utilizzo di angolazioni accentuate in primo piano, permettendo allo spettatore di posizionarsi di fronte all’opera e sperimentare una sensazione di movimento con la percezione di partecipare in prima persona all’azione della scena dipinta.
Tra i suoi discepoli ricordiamo Jackson Pollock, che dopo poco darà origine al movimento dell’Action Painting.
Siqueiros si dimostrò un grande ammiratore del progresso tecnologico che lo intrigava e lo stupiva, come è evidenziato nell’opera Atenas estratosferica del 1949 e in Aircraft atòmica del 1959, che annunciano le possibilità di una nuova umanità trionfante, trasformata dall’azione operaia per mezzo della moderna tecnologia.
Maria Paola Forlani