Era notte fonda.
Tra le tenebre vellutate, serpeggiava il suono del corno, che come alito della natura, penetrava flebile le ombre intrecciate dell’oscurità.
Il giardino dormiva assiepato negli angoli più riposti, cullato dal gorgoglio accartocciato del ruscello, che rompeva il silenzio.
Non lontano avanzava sinuoso un serpente di luci, danzante su fili invisibili, cinque se ne contavano morbidi e flessuosi.
A due, a tre, a ghirlande, a corolle, s’intrecciavano le luci, appena sfioranti, come piccole mani di amanti su per i sentieri della vite.
Leggiadre, vestite di piume brillanti, si muovevano le luci, danzanti al suono di un valzer di cicale armoniose.
“Fa”, allegra e leggiadra in morbido viola, guardava maliziosa “mi” che arrossiva timoroso nello smoking di raso azzurro.
“Re”, piccola e graziosa, allungava dai cristalli avvolgenti, l’occhio languido a “sol”, grande e rumoroso in lucido frac rigorosamente nero.
“La”, elegante e raffinata, nell’abito di raso argentato, mostrava le sue grazie al timido “si” imbustato nell’abito gessato.
In un angolo restava “do”, solo, incravattato nell’abito scuro, alla ricerca di due occhi e un cuore.
La “chiave di violino”, in morbido velluto nero, si avvicinò intrigante, avvolse “do” nelle sue girandole e una musica tra loro vibrò forte.
Il suono delle cavallette si mutò in melodia e un’orchestra di cuori e di amori si levò al ritmo di un valzer: avanzava “fa” avvinta a “mi”, si muoveva “re” stretta al suo “sol”, “si” guidava languido “la”, la “chiave di violino” conduceva soavemente un “do” vibrante.
Vesti svolazzanti, avvolgenti nei colori della luna e della notte, rendevano visibili giovinezza e ardore.
Il turbinio di luci volteggianti riempiva l’aria di ritmi e di amore, al suono stridulo delle cavallette, poste in riga su cinque fili, comandate dal grillo canterino.
Estasiata, traducevo l’ambiente in una dolce sinfonia...
Rapita da quel suono armonioso seguivo con lo sguardo su per il viottolo le lucciole che diventavano sempre più numerose.
Cosa c’è di più affascinante del moto delle piccole luci nel buio delle sere d’estate, quando l’aria carezzevole riporta il pensiero a una natura incontaminata e all’infanzia? Sono per me la luce della vita e ancora mi incantano con i loro moti leggeri che creano una dolce armonia come a ricordarci che il mondo è governato dalla bellezza e che spetta a noi non scalfirne gli elementi.
“Bellezza” è il canto degli uccelli nel primo mattino, il gorgoglio delle acque del ruscello, il lieve stormir delle fronde, il fruscio delle foglie, l’aprirsi dolce di una corolla, il respiro dell’aria pulita, la frescura dell’acqua pura, la terra incontaminata, lo scoiattolo che fruga senza timore, il nido al riparo dalle offese, il becco che reca un ramo d’ulivo, una dolce ninna nanna, la difesa dell’infanzia, il silenzio amico che ci invita a tenderci una mano.
E mi sembra di vedere Jubal, inventore della musica, padre dei suonatori di cetra e di flauto diffondere suoni perché il mondo si muti in una sinfonia di pace, di fratellanza e di amore.
Anna Lanzetta
(Tratto da: Armonie di un giardino toscano. Racconti, arte, mito e fantasia, Regione Toscana Consiglio Regionale, Edizioni dell’Assemblea, 2017. Il testo integrale è a disposizione dei lettori nel sito della Regione Toscana - Pubblicazioni)