Più passano gli anni, più il presepe diventa importante per me, in attesa del Natale e poi dell’Epifania. È il simbolo di una realtà passata, un susseguirsi di ricordi che il tempo rinvigorisce.
Ero piccola, ma ricordo con nostalgia l’affanno che spingeva ognuno di noi ad assolvere il compito che gli era stato assegnato. Poco spazio in camera, ma il presepe lo occupava quasi tutto. Fin dal mattino si iniziava a martellare e i rintocchi proseguivano fino all’ora di pranzo, una breve pausa e poi si ricominciava. «Sono pronte le casette?». «Ho terminato le montagne». Quest’anno le grotte si susseguono, ma quella riservata al Bambino è la più grande per fare posto alla Madonna, a San Giuseppe, al bue e all’asinello. «E gli zampognari?» chiedevo ansiosa! «Non ti preoccupare, ci sono!». Esclamava a voce alta mio fratello, impegnato a completare la struttura. Le mie sorelle disponevano i personaggi: il vinaiuolo e il macellaio avevano il posto migliore e io gioivo perché erano i miei preferiti. L’aia era ricchissima e il piccolo ruscello ospitava lungo le sponde oche e anatre. I pastori pascolavano beati il gregge e guardavano meravigliati la stella splendente che gli indicava il cammino mentre lontano avanzavano sui cammelli i Magi, alla ricerca del Re dei Re.
Questo era ed è il mio presepe, specchio del mio mondo passato, che con le sue luci multicolori mi strappa per ore al tempo quotidiano e in ogni simbolo mi incanta, mi stupisce, mi meraviglia, nell’infanzia ritrovata.
Il presepe è gioia, è amore, è felicità per chi crede alla sua funzione di aggregare l’intera famiglia. È meraviglia per i bambini, è ricordo dolcissimo per chi è avanti con l’età e conosce l’importanza delle tradizioni. Il Natale è una trade union tra passato e presente, un ricordo e un racconto, la continuità di un sentimento di affetto verso chi non può più allietarlo, è una promessa mantenuta a continuare e a narrare, un invito per tutti a unirsi per sostenersi e per consolare, è un atto d’amore in cui i personaggi comunicano la vita di un tempo che nei valori non muta: nel bisogno di pace e di solidarietà, perché il mondo diventi migliore.
Conosco tutti i personaggi che popolano il mio presepe e li custodisco con amore. Di mattina presto, appena mi alzo, accendo le luci e resto per un attimo abbagliata dal loro brillio che mi riporta un passato felice in cui si mescola la realtà del presente. Nel silenzio, che mi avvolge, ripercorro i momenti più belli della mia infanzia, in cui quei personaggi mi hanno accompagnato. Sistemo un po’ d’erba fuori posto, con delicatezza, quasi una carezza come un tempo la mano lieve di mia madre. Mi commuovo… le luci fanno scudo ai miei occhi lucidi e i ricordi mi assalgono. Controllo che tutto sia a posto, ogni elemento è una parte di me.
Ora, di sera, lo guardiamo insieme seduti, in due. La mia mano cerca la sua e il suo tepore mi riscalda. Pensi che lo conserveranno? Non abbiamo una risposta ma nel nostro cuore speriamo che un giorno, i personaggi possano continuare a vivere e a raccontare la memoria di coloro che lo hanno amato.
Mentre si consuma il lungo cenone, rigorosamente tradizionale, tra fritto, anguille, zeppole e baccalà, si fa una pausa e si scartano i regali, i più piccoli sono euforici. Arrivano amici ad assaggiare e a degustare prelibatezze e dolci. Ed ecco improvviso il suono che mi riporta all’infanzia. È quasi mezzanotte… mancano pochi minuti, l’emozione mi assale, gli occhi non reggono ma mi freno, forse, penso, non capirebbero, tutti sono impegnati in altro, piano mi alzo, quasi di soppiatto, le mani mi tremano, avverto nel cuore la gioia avvolgente del passato, lo cerco… trovo il bambino, era nascosto e come una volta, lo depongo nella mangiatoia.
Una gioia improvvisa mi prende, nulla si è interrotto, la tradizione continua, sul mio volto vedo i tratti di mia madre che guida come un tempo la mia piccola mano verso la grotta dove campeggia il mio angioletto azzurro… i bambini gioiscono, tutti esultano ma io devo fare un grande sforzo per contenermi, l’emozione è forte e a stento trattengo le lacrime che ora, mentre racconto, inondano il mio viso e le sento dolcissime.
Anna Lanzetta