Vincenzo Pardini
Grande secolo d’oro e di dolore
Il Saggiatore, 2017, pp. 360, € 21,00
Passa la storia di un secolo nell’ultimo romanzo di Vincenzo Pardini, la grande Storia con gli eventi bellici che l’hanno tragicamente contrassegnata, col dramma del nazismo, con l’Italia lacerata tra schieramenti opposti, e poi la ricostruzione e la ripresa economica con i cambiamenti socioculturali ed economici conseguenti. Fino agli anni ’80 del secolo scorso.
Ma insieme alla grande Storia Pardini tesse una fittissima tela di microstorie, e ci porta nei luoghi in cui ama ambientare i suoi romanzi, la Garfagnana e la Media Valle del Serchio, che lui conosce bene. Del resto anche gli abitanti del paese montano e dell’Alpe dove fa muovere i suoi personaggi, sono stati sul fronte nel ’15-’18, hanno subito le angherie fasciste e le conseguenze della Linea Gotica, con i bombardamenti alleati e le vendette nazifasciste.
Tuttavia non è la storia che prevale sul resto, ma le persone, la gente, la famiglia Longobardi al centro, di antica discendenza longobarda.
Leonide Lusetti nei Longobardi è il personaggio cardine, la principale narratrice, colei che scava nel passato e racconta le storie di antenati e di gente di paese, fatti che ha ricevuto oralmente e che allo stesso modo tramanda, come raccontavano nelle veglie intorno al fuoco i nostri nonni e bisnonni, o le donne intorno al pozzo, a cui non sfuggiva niente di pubblico ma soprattutto di privato. Paesi dove tutti finiscono per sapere di tutti, e quello che accade sotto le lenzuola è la notizia più ghiotta, ricercata, diffusa.
È gente che lavora duro, da prima dell’alba a notte, per tirar fuori di che campare dalla terra e dagli animali, che non conoscono festività. Ma la terra della Garfagnana è assai avara e l’emigrazione costituisce una soluzione alla fame, verso l’America del Sud prima, e verso le miniere del Belgio poi. Si guadagna qualcosa come emigrati ma poi la propria terra chiama. Tutti tornano, tranne Fiorenzo ed i suoi figli di primo letto, che fanno fortuna e scelgono di restare: le lettere attraversano l’Oceano con estrema lentezza cariche di ricordi e nostalgia, le traversate sono lunghissime, cariche di dubbi e pericoli.
Pardini accompagna i suoi innumerevoli personaggi nel loro quotidiano, ascoltandone le voci e gli umori mutevoli, seguendo il passaggio delle stagioni, con la neve le gelate il vento e la pioggia, con il fiorire dei poggi e il risveglio dei boschi, con l’avventarsi caldo dell’estate sulle fatiche degli uomini. Nella lotta per la sopravvivenza niente li ferma, capaci di sopportare fatiche e rigori. L’alcool rimane un sollievo e una fuga, ma porta alla perdita pericolosa dell’autocontrollo, con le sue conseguenze, a livello di salute mentale e sul piano penale. Sono personaggi sanguigni, facili alla rissa ma anche aperti alla solidarietà ed all’accoglienza, come i Longobardi.
L’isolamento è movimentato da storie di adulteri e di presunte relazioni compromettenti -quasi una ricerca di emozioni che diano una scossone alla stasi ed alla ripetitività- e la satira orale o scritta mette alla berlina chi ne è coinvolto, ma rimane una forma di produzione-informazione popolare assai apprezzata
La magia aleggia su tutto, gli spiriti dei trapassati compaiono nei boschi e sui sentieri, parlano, guidano, scompaiono. Leonide ha poteri paranormali, figura che affascina e spaventa, che può comparire allo stesso tempo agli occhi altrui in due luoghi diversi, che sa prevedere tutto ciò che sarà. E sente l’obbligo morale di fare da tenutaria della storia comune e di salvaguardarla.
Non è un mondo idilliaco quello raccontato da Pardini, e nemmeno di facili rapporti umani: le famiglie, e quella dei Longobardi in primis, sono divise da invidie, odi, rivalse. In una comunità così piccola gli interessi economici sono motivo di scontro, non manca chi si arricchisce con l’inganno, non manca nemmeno il desiderio di risarcimento e di vendetta. Una piccola comunità agguerrita, dove la non cultura è proporzionale alla incapacità di dialogare e trovare delle soluzioni condivise.
Pardini registra le progressive trasformazioni postbelliche sulla vita dei Longobardi -quelle che hanno caratterizzato tutto il nostro Paese-, l’accesso al titolo di studio come strumento per salire uno scalino della scala sociale, la discesa verso la pianura di un ramo della famiglia, la sperimentazione di nuove anche se gravose possibilità di lavoro fuori dai campi e dai boschi, la prime conquiste a livello di comodità di vita.
Ma ora la strada carrozzabile ha raggiunto il paese, distruggendo castagneti e rasentando abitazioni, l’isolamento è finito, i ricordi rischiano di essere cancellati, i turisti arrivano e si approfittano della semplicità dei montanari.
È un romanzo che non ama interruzioni di lettura, che trascina nella meraviglia della natura, tra gli animali che aiutano e accompagnano l’uomo; c’è una straordinaria capacità di intreccio, un linguaggio essenziale, scabro, aderente alle cose, esente da ogni volontà di retorica. Pardini ti fa sentire a poco a poco uno del posto, man mano che impari ad orientarti e conosci le famiglie. Intanto sei diventato curioso -come quella gente- di ascoltare come sono andate a finire le storie di tutti. Anche del prete.
Marisa Cecchetti