Ccs, Cefa, Cesvi, Cir, Emergenza Sorrisi, Fondazione Albero della Vita e Gus sono gli enti che hanno partecipato, da soli o in consorzio, al bando ministeriale per andare a operare nel difficile contesto libico, in cui le lesioni dei diritti umani delle persone migranti sono all'ordine del giorno. "Inizieranno a operare prima possibile, spero già entro Natale", indica Mario Giro, viceministro Affari esteri e Cooperazione internazionale
Ecco le sette organizzazioni non governative italiane che hanno partecipato al bando dell'Agenzia italiana per la cooperazione e lo sviluppo, andranno a operare in Libia con progetti finalizzati a migliorare il più rapidamente possibile le condizioni delle persone migranti “intrappolate” nei centri di detenzione del Paese Nordafricano: sono Cesvi, Cir (Consiglio italiano per i rifugiati), Cefa (Comitato europeo per la formazione e l’agricoltura), Gus (Gruppo umana solidarietà), Ccs (Centro cooperazione sviluppo) Emergenza Sorrisi e Fondazione Albero della Vita. Sono cinque i progetti presentati in tutto, perché alcuni enti si sono consorziati nel presentare domanda: Cefa e Fondazione Albero della Vita hanno fatto la propria proposta assieme a Cir; Ccs assieme a una ong Svizzera; Gus con un'associazione libica, mentre Cesvi ed Emergenza sorrisi con proposte singole. Il bando scadeva il 29 novembre 2017 ed era stato promosso da Aics come “Iniziativa di emergenza a favore della popolazione dei centri migranti di Tareka Al Sika, Tarek Al Matar e Tajoura in Libia”, per un importo complessivo pari a 2 milioni di euro.
«Puntiamo a dare loro la possibilità di entrare in azione molto presto, se si riesce già prima di Natale», ha sottolineato il viceministro agli Affari esteri e alla Cooperazione internazionale Mario Giro in un’intervista a tutto tondo sulle relazioni Italia-Africa che Vita.it pubblicherà nelle prossime ore.
Il tema del rispetto dei diritti umani in Libia è diventato oggi il primo punto all’ordine del giorno delle relazioni tra Europa e Africa soprattutto dopo le reazioni di sconcerto – in particolare tra gli stessi giovani africani dei Paesi di provenienza dei migranti – provocate dal video della rete statunitense Cnn in cui si vede chiaramente una compravendita di persone dell’Africa Subsahariana da destinare ad attività lavorative, proprio come accadeva durante i secoli bui dello schiavismo.
Daniela Biella
(dal Blog Diritti Umani, 8 dicembre 2017)