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Giacomo Bottà. Al cinema la nuova versione di “Tuntematon Sotilas” 
Il centenario allo specchio: la Finlandia si racconta
27 Novembre 2017
 

Cominciamo dalla fine. Sono seduto nella sala Finnkino numero uno del centro commerciale Sello di Leppävaara, un quartiere di Espoo, poco fuori Helsinki, direzione nord-ovest. È un sabato pomeriggio di novembre inoltrato, sono già le quattro e fuori probabilmente è già buio e pioviggina. Come al solito. Acqua o neve, fa poca differenza. Sono seduto in nona fila un po’ a sinistra dallo schermo e piango come un vitello. Piango perché Rokka è ancora vivo ed è tornato a casa e piango perché la vedova di Kariluoto con la corona di fiori è incinta e piango perché questa versione di Finlandia per violoncello solo è letteralmente struggente. Qualche ora prima avevo deciso impulsivamente di andare al cinema, da solo, a vedere la nuova versione cinematografica di Tuntematon Sotilas (Il milite ignoto).

È il terzo film ispirato dal romanzo omonimo di Väinö Linna del 1954 su una compagnia dell’esercito finlandese durante la Guerra di continuazione contro l’Armata Rossa (1941-1944). Segue la prima versione diretta da Edvin Laine del 1955 e quella diretta da Rauni Mollberg del 1985. La versione di Laine è tradizionalmente trasmessa alla televisione durante la mattinata del 6 dicembre, anniversario dell’indipendenza finlandese, ed è la versione di riferimento in assoluto, persino per il romanzo, dato che anche in Finlandia molti si nascondono dietro il ‘non ho letto il libro, ma ho visto il film!’

La nuova versione del film ha avuto una gestazione difficile. La produzione fu annunciata nel 2014 e le riprese iniziarono nel 2016, e c’è stato un disperato tentativo di farlo arrivare in tempo per il centenario dell’indipendenza del Paese del 2017. La produzione di Tuntematon Sotilas detiene il record per film indipendente finlandese più costoso, con un budget di sette milioni di euro, provenienti per la maggior parte da fondi privati. All’inizio del film però compare una scritta che sostiene ‘anche tu hai collaborato al finanziamento di questo film’: visto che la Elokuvasäätiö (la fondazione nazionale del cinema) ha contributo i fondi iniziali, è finanziata in parte con soldi pubblici. Yhdessä (assieme), lo slogan del centenario finlandese, assume qui un significato un po’ sinistro. La maggior parte dei finanziamenti sono stati comunque privati, in particolare dalla Rafale International, una ditta francese che produce aerei da guerra. Il regista del film è Aku Lohimies, che nei “Nokia years” aveva collezionato una serie di film di successo dove inscenava intrecci amorosi di vario tipo tra giovani e aitanti single urbani di Turku e Helsinki, il più noto dei quali è Levottomat.

Per andare a vedere il film dovevo affidare i figli a mia suocera. Le telefono: “vado a vedere Tuntematon Sotilas. Da solo”. La sua reazione è stata “perché?” “Come perché” “Perché non capirai niente!” “Come non capirò niente?” “Perché parlano in dialetti di tutta la Finlandia! Dicono mie invece di !” “Aha.” Il mio sprezzante “aha” lascia mia suocera perplessa, non sa che anch’io dopo quattordici inverni, forse scavando dentro di me ho trovato un po’ di sisu e posso stare seduto per tre ore di fila davanti a delle immagini in movimento, anche se buona parte dei dialoghi chiave avvengono in careliano o in ostrobotnico.

Quindi guido fino a Leppävaara, parcheggio nel centro commerciale, faticando non poco perché Sello il sabato a mezzogiorno è molto frequentato da famiglie che fanno la spesa, mangiano da Taco Bell e passeggiano per i viali coperti. Riscaldati ed illuminati del centro commerciale, i finlandesi di Espoo lasciano il centro di Helsinki in mano ai turisti asiatici e a qualche hipster. Mi fiondo nel foyer del cinema dove afferro una porzione small di popcorn e, come tutti gli autoctoni, prendo una paletta e riempio una sacchettino di plastica con delle caramelle pick and mix a caso. Riesco appena in tempo a sedermi, facendomi strada tra una coppia di nonni con nipoti adolescenti, quando cominciano le pubblicità.

Già, le pubblicità. Al cinema come in internet, pare che le pubblicità siano gestite da un qualche algoritmo che ha deciso che le persone che vanno a vedere Tuntematon Sotilas di sabato a mezzogiorno siano 1. Vecchi 2. Adolescenti (e non sembra che abbiano sbagliato a giudicare dalle persone in sala, almeno dai miei vicini di posto). Quindi la prima pubblicità è sugli occhiali (da vista), la seconda sulla Spagna (paradiso per pensionati) e la terza su qualche videogioco (e il nipote seduto di fianco a me, per la prima volta solleva gli occhi dal cellulare e punta lo schermo). Poi una struggente pubblicità dove due fratelli adulti vendono ad una famiglia sprovveduta la casa dei nonni (i nonni di fianco a me staranno facendo gli scongiuri) sotto le note della ancora più struggente Kun aika on cantata da Seija Simola ed infine una pubblicità su quanto sia importante conoscere la lingua svedese in Finlandia (molempi parempi, l’adolescente di fianco a me finge indifferenza e si rituffa sul telefono).

Poi partono i trailer ed anche qui c’è da divertirsi. I film in questione sembrano essere dei bignami di Tuntematon Sotilas. Sembra che vogliano dire: lo sappiamo che questo film problematizza parecchio il senso di cosa significhi essere finlandese, se volete festeggiare la vostra finlandesità in maniera più populista e in your face, allora guardatevi questi due. Il primo è Veljeni vartija, un film sulla vita del rapper Cheek. Il secondo è 85, un film sulla vittoria del campionato mondiale di hockey nell’omonimo anno. A giudicare dai trailer, entrambi i film sono terrificanti, anche se condividono molti degli attori del film che mi appresto a vedere.

Adesso arriviamo al film. Prometto di non rivelare nessuno spoiler vero e proprio (comunque la storia è nota, il film è molto fedele alla prima versione del romanzo, quella che è uscita postuma col titolo Sotaromaani).

La prima cosa da notare è la gamma di colori, la ‘tavolozza’ del film, che è molto particolare. Estati e inverni nel film mantengono una gamma molto limitata di colori, tutti dettati dal grigio delle uniformi militari. Sono colori eleganti che non calcano la mano, danno unità alla narrazione e sono molto neutrali. Le prime parole del film sono – e non potevano che essere - Saa-ta-na! Per-ke-le! scandite dal comico Pirkka-Pekka Petelius nei panni di Kaarna, un ufficiale che poi si fa velocemente eliminare quando impudentemente si getta all’attacco al grido di ‘Hakkaa päälle pohjan poika!’, il grido di battaglia della cavalleria finlandese.

Il paesaggio del film è soprattutto la foresta careliana di betulle che si dipana sul confine finno-russo. Le inquadrature sono quasi sempre dal basso, in frog perspective o worm’s eye view come si dice in inglese. In questa prospettiva le betulle si innalzano infinite, il terriccio è umido, ricoperto di muschio e popolato di millepiedi, gli uomini strisciano, si buttano per terra e combattono di fianco a noi, come se fossero tra di noi. Questa è una scelta molto convincente e il senso di soffocamento e la tensione di combattere in un ambiente così complesso ed ostile coinvolgono lo spettatore.

A questo collabora anche l’eccezionale uso del paesaggio sonoro e l’abile intarsio con la colonna sonora. I silenzi (e ce ne sono di silenzi nel film) non sono mai assolutamente silenziosi, c’è sempre qualcosa che cattura la nostra attenzione auditiva e che ci mantiene nella foresta. Le esplosioni e le raffiche di mitra poi sono talmente forti da far temere per l’udito e mi sono trovato spesso con le mani sulle orecchie come i protagonisti del film o con il ronzio in seguito all’esplosione di una granata.

Ci sono vari aspetti del film per riflettere sulla Finlandia di oggi, il suo patrimonio e il suo passato. Un aspetto importante del film è il ruolo delle donne. In una società fondata sull’egualitarismo di genere questo tema è fondamentale. Ci sono donne di vario tipo nel film, ci sono le volontarie delle Lotta Svärd che cucinano, medicano e addirittura combattono a fianco dei nostri, come Kotolainen, ci sono fidanzate, madri e mogli a casa, e ci sono femmes fatales (russe) e prostitute (russe). In particolare ci sono due attrici fondamentali e speculari nel film, una è Paula Vesala nella parte di Lyyti, la moglie di Rokka, l’altra è Diana Pozharskaya nella parte di Vera, un’abitante di Petroskoi/Petrozavodsk.

Lyyti, la moglie di Rokka, si prende cura della loro fattoria carelliana, munge, impasta, aggiusta, taglia e alleva i figli, che stanno sempre un po’ in disparte. Quando Rokka torna a casa in licenza, la prima cosa che gli dice è ‘bene che sei a casa, c’è il cavallo da ferrare’. L’unico momento vagamente romatico tra i due è nella sauna, dove lei si prende cura di frustarlo con il vihta. Piange soltanto quando deve evacuare la fattoria, mai quando Rokka parte.

Vera invece è un’emancipata abitante di Petroskoi, dove vive con altre due eleganti ragazze in un appartamento ben decorato di fiori. Accoglie la delegazione galante di tre militari finnici, discute di politica, stampa un bacio sulla bocca di Koskela e danza per loro al suono del grammofono, dopo aver servito il tè. Potrebbe benissimo essere una giovane poetessa formalista.

La Vesala ha un’interpretazione sciatta e abbastanza priva di emozioni, mentre la bellezza est-europea della Pozharskaya viene celebrata dal triplo male gaze dei soldati seduti nel suo soggiorno, del regista dietro la telecamera e dello spettatore. È molto strano che l’egualitarismo finnico non passi il confine e che le donne dall’altra parte diventino oggetti del desiderio, pur conservando autonomia e determinazione.

Dove in un film americano ci sarà sempre una sparatoria, in un film finlandese non mancherà mai un’ubriacatura collettiva. L’ubriacatura del film cita abbondantemente da quella archetipica nel film del 1952 e che richiama un evento – reale – quando in occasione del compleanno di Mannerheim del 1942, il sotamarsalkka/ fältmarskalk/ Feldmarschall concesse a tutto l’esercito un bicchierino di acquavite.

La nostra divisione, dopo aver poco cerimoniosamente svuotato la minima porzione ufficiale, stappa una tanica di kilju, una specie di vinaccio casalingo fatto con zucchero, patate, frutti di bosco o qualsiasi altra cosa che fermentando produca alcool. Gli effetti sono presto detti: tutti cominciano ad essere loquaci, a discutere animatamente, a fumare, a litigare e a riappacificarsi e a dichiararsi amicizia eterna. Qualcuno ha bisogno del bagno, qualcuno vomita compostamente, qualcuno barcolla, qualcuno canta e balla. Ed è proprio il cantare che assume una connotazione importante.

In questo film tutti cantano a un certo punto, ma non pensate che Tuntematon Sotilas sia un musical. In Finlandia, come in altri Paesi protestanti, il canto ha una funzione importantissima, anche educativa. È solo cantando le canzoni di Natale che Lyyti/Vesala finalmente si rianima un po’ dal torpore. Le canzoni dei soldati servono per temprarsi e per instaurare l’illusione che sacrificarsi per la Patria valga qualcosa. Si canta per onorare un compagno caduto in battaglia. Nella scena del compleanno di Mannerheim qualcuno comincia a cantare Калинка (Kalinka) e Punakaartilaisten marssi, canzone della fazione rossa durante la Guerra Civile finlandese del 1918. Koskela (che è figlio del rosso protagonista della trilogia Täällä Pohjantähden alla, “Qui sotto la Stella Polare”, sempre di Linna) è scosso dalla canzone e decide di entrare barcollando nel capanno di legno dove stanno festeggiando i militari di grado superiore. Loro non bevono kilju, ma stanno pasteggiando a acquavite e cognac, mentre cantano canzoni naziste come la Horst-Wessel-Lied. Koskela tenta di riprendere gli ufficiali che simpatizzano un po’ troppo per l’alleato tedesco, ma alla fine viene riportato fuori, contenuto da una cintura e si addormenta vicino al fuoco. Tutto finisce con una risata e con Rati riti ralla, una canzone per bambini. Le canzoni portano con sé memorie e conflitti non ancora risolti, ma sembra che il canto in qualche modo le esorcizzi.

Ci sono altri elementi nel film che si ritrovano nella vita quotidiana finlandese. La disciplina militare è continuamente denigrata, specialmente da Rokka, e si predilige il cameratismo all’eroismo. Da questo punto di vista sono interessanti le scene di trincea, dove i dormitori sembrano dei piccoli mökki, molto hygge. I soldati conversano rilassati in calze di lana, fumano e si dedicano all’intaglio del legno, un po’ come in un ufficio statale di venerdì pomeriggio. Come in una scuola pubblica, ci si chiama per nome e non per grado e le punizioni non servono a niente. Non si lascia indietro nessuno e si è tutti uguali.

La grande lezione del film è comunque il rifiuto del nazionalismo estremo. Quando il generale Karjula che continua a urlare “Perkele!” “Mantenete le posizioni!” “Dovete farlo per la Finlandia!” (+++SPOILER+++) viene schiacciato dai cingoli di un carro armato sovietico come una nocciolina, non si può che gioire. Quello che ogni soldato vuole veramente è tornare a casa, salvare la pelle, farcela, pochi però nel film ce la faranno. (+++FINE SPOILER+++)

La cosa più straniante del film è comunque la scuderia di attori presenti. La Vesala ad esempio ha militato per anni nel duo PMMP ed ha appena cominciato una carriera solista di successo con un singolo dove ci chiede insistentemente di ‘non droppare la sua atmosfera’ (älä droppaa mun tunnelmaa). Aku Hirviniemi e Jussi Vatanen sono comici di successo, con partecipazioni a varie edizioni di Putous (una specie di Zelig, in onda il sabato sera). Juho Milonoff da anni conduce programmi e documentari on the road e Elias Gould è un cantante indie-rock.

Poi c’è Robin; il Justin Bieber di Turku. Ci si mette qualche secondo a capire che il baby-face in uniforme è proprio lui, la pop star preferita dagli under 12, ma pochi minuti dopo (+++SPOILER+++) la sua carriera filmica finisce e non proprio con un front-side ollie. (+++FINE SPOILER+++)

Nonostante tutti questi volti conosciuti, la recitazione e il realismo del film fanno presto dimenticare chi c’è dietro la maschera. Altri attori fondamentali nel film sono esseri viventi non umani, ci sono grandissime interpretazioni di millepiedi, farfalle, cavalli, topi, lepri (una viene presa in braccio da Rokka, un omaggio a L’anno della lepre?), mucche, vitelli e soprattutto fastidiosissimi tafani.

Purtroppo non posso esprimermi su uno degli aspetti più importanti del film, cioè il mosaico linguistico/dialettale che costituisce la maggior parte dei dialoghi e delle – immagino – argute battute di Rokka. Il film si regge sulla geniali variazioni linguistiche dei dialoghi ideati da Linna, che ho potuto solo in parte apprezzare e che costituiscono l’enorme patrimonio del finlandese orale.

Forse aveva ragione mia suocera?

 

Giacomo Bottà

(da La Rondine, 26 novembre 2017)


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