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Vincenzo Donvito. Violenza sulle donne. Terreno minato? 
Beh, visto che lo fanno tutti… l’irriverente dice la sua
25 Novembre 2017
 

Firenze – È un problema. Secolare, eterno e più di attualità grazie alla mediatizzazione a 360 gradi, la mescolanza tra culture, le benefiche (checché ne dicano alcuni… sprovveduti) migrazioni, le vittime un po’ meno vergognose e impaurite (terrorizzate, dipende dai luoghi), e denunciano, raccontano, si fanno avanti in prima persona, non sono più solo il regno dell’intimità dell’alcova (a predominio maschile), le mamme e le partorienti (e per questo deboli per definizione), dei figli, bla bla. Ma questo che parte è, nella vita di tutti i giorni, nella nostra testa, nelle comunità, nelle società, nelle leggi? Piccola, piccola, piccola. Visto che c’hanno fatto anche il giorno per “festeggiarlo”, come l’8 marzo, il giorno dell’Aids, quello dell’Alzheimer, quello della mamma (questo senza ONU, per il momento), quello del babbo per vendere più cioccolatini in una sorta di Black Fhater… che non lo hanno ancora usato perché sarebbe politicamente scorrettissimo per le correttezze “normali”. E così via.

Ogni giorno è per qualcosa, come i compleanni e gli onomastici (se c’è ancora qualcuno che se li ricorda). Il giorno della violenza sulle donne, con tutte quelle scarpette rosse col tacco 12 che sembrano quelle usate dalle battone per attirare clienti… L’ho scritto, prima, che è un terreno minato: chissà come si scateneranno le Boldrini girl’s. Che poi, non è che in merito dice fesserie il nostro presidente della Camera. Anzi. Ma è come le dice che mi fa scendere il latte alle ginocchia e -residuo e presenza di pelle maschilista, mio giocoforza- mi provoca effetto rigetto. Il Comune Pinco e quello Pallo con le piazze mobilitate contro la violenza sulle donne, le stesse piazze che le stesse amministrazioni comunali fanno usare alle processioni religiose che fanno della violenza alle donne l’emblema della loro cultura… Vietarle, in un afflato anticlericale?

Giammai, scenderei in prima fila per impedirglielo anche facendo lo sciopero della fame. E’ la libertà e la democrazia, bellezza! E mi piace. Così come mi piace e mi fa sentire giusto nel mettere le birbe alla berlina (che tra l’altro è un’espressione di origine catto-cristiana). Le stesse piazze in cui le stesse amministrazioni comunali costringono i musulmani ad inginocchiarsi per terra -direzione La Mecca- perché, per dar credito a quattro coglionazzi che fanno finta di incarnare la volontà popolare, non gli trovano un luogo decente in cui pregare. E così come le processioni con le madonne sulle spalle, anche i riti in direzione Arabia Saudita (è bene ricordarselo, che la Mecca è in quel Paese baluardo di tutte le oppressioni possibili e immaginabili per gli umani, incluse donne e uomini) fanno della violenza alle donne l’emblema della loro cultura. Ora vedrai che qualcuno mi porterà una donna con l’Hijab (che e’ come il velo che portavano le nostre nonne cattoliche) che cercherà di convincermi che loro, donne musulmane, non sono sfruttate dal maschio, anzi ci godono… vien via… è come se mi portassero una di Comunione e Liberazione che mi viene a raccontare che lei si sente libera nel suo matrimonio col signore, di non trombare se non nel matrimonio indissolubile… e tutte quelle amenità che ascoltiamo da donne (e, nella loro funzione maschilista, anche uomini) che, girato l’angolo trombano a destra e a manca, rubano, ingannano… tanto poi si confessano.

Sì, ne sono consapevole. È difficile essere sinceri. Con se stessi e con il resto (umani e natura). Non siamo -noi umani- fedeli all’amore e al rispetto come lo è un cane. C’è fior fiore e millenni di culture e studi che si sforzano di capirlo (a chi interessa), e ci girano intorno come… un cane che gioca mordendosi la propria coda. E lo diciamo qui, in sede irriverente. Ma diciamolo. E che lo dicano anche tanti altri, perché il giorno della donna sparisca e si rafforzino i giorni degli alberi. Anche questi giorni, poverini, gli alberi, va be’, andiamo per gradi, altrimenti non ci si concentra su nulla.

E poi, dopo la religione cristiana e quella musulmana… chi più se ne ricorda altre, ne faccia tesoro. È sempre lì. È come uno dei modi del sesso: possedere ed essere posseduto. Essere in balia dell’altro. E sentirsi forte e rilassato per questo. Certo, ci sono anche altri modi di fare sesso, ma se ci si fa un giretto sul porno, il dominante sembra questo, e visto che il porno è lì per essere venduto, non è da visionari pensare che offrono di più quello che si vende meglio.

E quindi? Cerchiamo di farci meno male, ma non mettiamo la testa sotto terra facendo finta di accettare, anche con encomio e fastosa esaltazione, tutto quello che è all’origine di questa violenza. Non dobbiamo rispettare? Falsa domanda, anche se conseguenzialmente logica. Dopo alcune migliaia di anni che ci conviviamo, quantomeno cerchiamo di essere decenti con noi stessi nel non nascondercelo. Prendiamo atto, ovviamente, che a qualcuno piaccia essere violentato anche perché gli hanno detto da quando è nato che è così. E quando abbiamo a che fare con un violentatore (di tutti i tipi, non solo quelli che cercano di adescare una ragazzina o un ragazzino in nome della propria supremazia umana), facciamogli un discorso anche con la legge. Il problema è: che cosa gli si dice, oltre che con la legge, ammesso che questa legge prenda inconsiderazione anche la violenza originaria?

 

Vincenzo Donvito, presidente Aduc


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