Al PALP Palazzo Pretorio di Pontedera si è inaugurata, fino al 22 aprile 2018, la grande mostra “La Trottola e il Robot. Tra Balla, Casorati e Capogrossi”, curata da Daniela Fonti e Filippo Bacci di Capaci e promossa dalla Fondazione per la Cultura Pontedera, dal Comune di Pontedera e dalla Fondazione Pisa, in collaborazione con l’Istituto di Birobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
L’esposizione nasce intorno ad una prestigiosa collezione di giocattoli d’epoca di proprietà del Comune di Roma, presentando insieme agli antichi balocchi circa 110 opere di artisti italiani attivi tra il 1860 e il 1980. “La Trottola e il Robot” mette a confronto due aspetti della creatività legati all’infanzia, quello che si traduce negli oggetti concreti, i giocattoli, creati un tempo dagli artigiani e poi dall’industria, e quello che rappresenta e interpreta il gioco infantile nelle arti figurative e plastiche italiane, dalla fine del XIX secolo alla seconda metà del XX. Si tratta di due universi separati, che solo di quando in quando hanno trovato modo di rispecchiarsi gli uni (i giocattoli) nelle altre (le opere d’arte) e il lungo racconto di figure ed oggetti che si snoda nelle sale espositive di Palazzo Pretorio, offre da differenti, dialettici o integrati punti di vista un osservatorio inedito e suggestivo sui mutamenti della società italiana nel corso dei decenni, sulle variazioni dei modelli pedagogici, di vita e di pensiero e sul rapporto spesso controverso fra il mondo degli adulti e quello – assai più misterioso – dei bambini.
Le opere degli artisti italiani che hanno prediletto il tema dell’infanzia, dialogano in mostra intorno ad alcuni temi chiave, con nuclei di oggetti ludici, scelti di volta in volta per la loro valenza sociale, didattica, ma anche più latamente simbolica e onirica; di questi sono messi in evidenza il mutamento formale, l’avvicendarsi dei materiali in uso, il loro attingere ai mutamenti tecnologici in atto.
Fra i temi significativi individuati nella sequenza espositiva, la casa coincide con la rappresentazione dello spazio interno, dell’intimità domestica nella quale si svolge la vita quotidiana dell’adulto e il gioco del bambino. Grandi modelli di casa di bambola, differenziati fra il modello alto borghese e quello più dimesso, bambole d’epoca, arredi in miniatura sono posti a confronto con le opere di Zandomenighi, Balla, Casorati, Cambellotti, Francalancia, Campigli, Viani, Pirandello, Novelli con giocattoli creati dagli artisti. Il rapporto del bambino con la vita degli adulti, oltrechè nel gioco, si configura nei modelli dell’educazione infantile che per tradizione vi sono associati; gli artisti ritraggono volentieri i momenti di formazione del fanciullo, dell’apprendimento scolastico all’educazione al canto, alla musica, alla lettura. In sala opere di Mancini, Cambellotti, Lloyd, Levi, Capogrossi, Casorati, Mafai, Pirandello. Il gioco all’esterno predispone il bambino a una diversa percezione del mondo con una dilatazione degli orizzonti immaginativi nella quale rientrano la piena percezione di sé e del movimento, il tema del viaggio, dell’esotismo;
Trepido segno il vostro gioco / ignari / esprimete con quello antiche cose / meravigliose / sopra il verde tappeto, all’aria, ai chiari / soli d’inverno
(Da “Squadra paesana” di Umberto Saba)
Alle pareti opere di Muzzioli, Corcos, Boccioni, Müller, Erba, Magri, Sartorio, Gentilini. Il Teatro e il circo protraggono lo stupore del gioco fino all’età adulta; le opere di Balla, Cambellotti, Depero, Casorati, Natali, Capogrossi, Levy s’ispirano a questo “doppio” fantastico del mondo che si rinnova sempre e si mettono a confronto con modellini teatrali, giostre per bambini e marionette.
Giochi senza età richiama la valenza pedagogica del gioco, la capacità di sviluppare nel fanciullo, e più tardi nell’adulto, le sue doti di apprendimento, le facoltà critiche e tutte quelle attitudini all’organizzazione dell’azione nello spazio e nel tempo; i quadri e le sculture (di Boccioni, Pasquarosa, De Pisis, Raphael, Severini, Novelli, Santoro, Novak) hanno per protagonisti i giochi, dal domino alle carte, dagli scacchi ai tarocchi. La sala degli automi, infine, rinvia allo sviluppo, illustrato attraverso i giocattoli presenti nella collezione, del tema dell’automazione, che dai primi ingenui elementi a molla arriva ai più sofisticati congegni moderni. Molti artisti che nel corso di un secolo hanno riflettuto sulla possibilità di creare copie di sé animate meccanicamente, sull’ambivalenza uomo/manichino, sulla sua trasformazione in robot meccanico: la Metafisica, il Futurismo, più tardi l’irridente Patafisica hanno a diverse riprese rilanciato il tema, con valenze espressioniste, giocose, tragiche o ironiche (in mostra opere di Grassi, Sironi, Pannaggi, Prampolini, Depero, Casorati). Soprattutto il non senso, l’ironia, l’immaginazione sono le caratteristiche dell’arte di Enrico Baj. Legato fin dagli anni cinquanta alle avanguardie internazionali, ma sempre con tono irridente rispetto alle posizioni più intransigenti. Il suo interesse per la patafisica, inventata dallo scrittore Alfred Jerry come “scienza delle soluzioni immaginarie”, investe pienamente la poetica dell’artista, il suo andare controcorrente, anche come impegno politico (noto è il suo grande dipinto I funerali dell’anarchico Pinelli). Il grande mosaico realizzato a Pontedera, che si sviluppa per 100 metri accanto alla ferrovia, completato e inaugurato un anno dopo la morte dell’artista, è un interminabile racconto fantastico, certamente rivolto alla immaginazione dei bambini, dove le figure, animali, fantocci, maschere, oggetti meccanici e tanto altro, sembrano agitarsi, muoversi in uno spazio indefinito. L’artista donò al Comune di Pontedera 11 bozzetti preparatori, in parte esposti in questa mostra.
In questa sezione si stabilisce un significativo collegamento con l’ambito di ricerche nella birobotica condotte dall’Istituto Sant’Anna di Pisa, centro di eccellenza universitaria italiano e partner della mostra.
Maria Paola Forlani