Francesca Giommi
Il tesoro degli Ashanti
Viaggio in Ghana
Aras Edizioni, 2017, pp. 156, € 13,00
Partire da sola da Bologna per un viaggio in Ghana, dopo la Laurea, lasciando a casa il fidanzato che ama vacanze meno impegnative, è abbastanza insolito per una ragazza, ma non per Isabel, la protagonista di questo viaggio in Ghana, nella terra dell’antico leggendario popolo Ashanti che il grande guerriero Osei Tutu avrebbe lì guidato nel dodicesimo secolo, riunendo clan della savana sub-sahariana.
Nonostante Isabel sia un’esperta di cultura e storia africana, l’esperienza diretta la mette alla prova. Zaino in spalla e immancabile Rough Guide sempre a portata di mano, lei si muove tra la gente del posto, unica giovane pallida che non sfugge allo sguardo e che immancabilmente riceve il saluto Obroni a kwaaba, benvenuta ragazza bianca. Il calore dell’accoglienza non compensa tuttavia i disagi di dormire in stanze d’affitto prive di requisiti igienici, di ascoltare lamenti funebri per un’intera nottata, di trovare qualcosa da mangiare di cui potersi fidare, di spostarsi da un luogo all’altro sui cro-cro, i pulmini invasi da persone e animali, maleodoranti e cadenti; di doversi alzare alle cinque perché lì tutti si muovono all’alba e appena scende la notte, presto, si chiudono in casa. Il buio nasconde pericoli.
Isabel vuole conoscere, verificare, non si cura delle raccomandazioni dei conoscenti, viaggia sui cro-cro, acquista cibo di strada, si muove ad ogni ora senza paura.
I primi giorni, insieme ad un ragazzino abile e sveglio che le si propone come guida, va per le vie di Kumasi, in parte asfaltate in parte ancora di terra rossa battuta, avvolta, aggredita da odori dell’immenso mercato: “apparve all’improvviso alla loro vista un’enorme distesa di merci d’ogni sorta, da variopinta frutta e verdura a pezzi di ricambio di auto e copertoni, da spezie multicolori a utensili per la casa, da vestiti a scarpe di marchi europei contraffatti”, e merce di ogni tipo tra cui si aggirano freneticamente donne con pesanti cesti di mercanzia sulla testa e i bambini legati alla schiena.
Visita i luoghi della cultura, i musei, le biblioteche, ma la vera Africa la incontra per strada, a contatto con gli altri, scoprendo le enormi differenze sociali, i gruppetti di mendicanti e povera gente davanti alle vetrine di negozi per loro inaccessibili, la facilità di spesa degli afroamericani tornati in Ghana per celebrare la ricorrenza della fine della schiavitù, i giovani ben vestiti che nel fine settimana animano la movida nei locali della costa.
Un passato coloniale che non ha mirato allo sviluppo del Paese, un dissanguamento di persone portate oltre Atlantico su navi negriere, una durata media di vita di quarantacinque anni, non hanno tolto comunque ai ghanesi la gioia, e questo Isabel lo percepisce dovunque vada.
Con uno stile diaristico piano, che poco indulge alle impennate emotive a vantaggio della oggettività, Isabel fissa scoperte, informazioni, guidandoci tra gli ambienti naturali più diversi, dalla costa atlantica verso l’interno. Ma non è solo interesse storico-giornalistico quello della protagonista, perché lei porta con sé un segreto, ha un appuntamento al Panafest, (Pan African Historical Theatre Festival) con John, un amico carissimo dei tempi del College. Con lui, presente in Ghana come volontario nei Corpi di Pace e quindi esperto e ottima guida, Isabel fa ulteriori importanti scoperte e viene a contatto con gli operatori stranieri che lavorano per lo sviluppo del Paese. Ma è costretta a riflettere anche sui propri sentimenti. Se qualche volta ha sentito nostalgia del suo ragazzo italiano, non può negare tuttavia il turbamento davanti ad un biglietto che trova nel bagaglio, con cui John le dà appuntamento ad un altro evento in Africa.
Marisa Cecchetti