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Gianfranco Cercone. “IT” di Andy Muschietti e “Una donna fantastica” di Sebastián Lelio
28 Ottobre 2017
 

IT e Una donna fantastica sono due film da tanti punti di vista molto diversi tra loro, ma hanno un tema in comune: si occupano delle vittime, degli esclusi dalla società.

Nel caso del film di Lelio, la protagonista è una giovane transessuale che ha una relazione d'amore con un uomo maturo. Si ritrova vittima, dopo che l'uomo, mentre è a letto con lei, è colpito da un ictus e muore. Infatti tanto la polizia quanto la famiglia dell'uomo (in particolare la moglie che egli aveva lasciato per il trans, e il figlio avuto da quel matrimonio) non vogliono credere alla causa naturale della morte del loro congiunto. Sospettano che ci sia un risvolto criminale. E comunque non credono che il rapporto d'amore con il transessuale sia stato davvero d'amore: forse la giovane ha sfruttato l'uomo; o forse l'uomo nascondeva una natura perversa.

Insomma: al risentimento che una famiglia d'origine può provare per l'amante per cui un marito e un padre l'ha abbandonata, ai pregiudizi che ancora si possono accompagnare alle relazioni tra persone di età molto diversa, si aggiunge in questo caso evidentemente l'omofobia, che nel film si sfogherà in un'odiosa aggressione.

Dicevo che il film di Lelio si occupa di una vittima della società (che però, va detto, riesce a reagire con forza e con dignità); e lo fa dal punto di vista di un illuminista, di chi cioè in nome della ragione, combatte contro i pregiudizi e le intolleranze sociali.

Come capita in quei casi in cui l'intento della denuncia prevale sul puro gusto del racconto, Una donna fantastica è un film un po' didascalico, dimostrativo, fin troppo semplice e lineare, e tuttavia tutt'altro che privo di finezza nel disegno dei personaggi, in particolare della giovane transessuale, interpretata con bravura da Daniela Vega; il cui corpo androgino è nel film un elemento visivamente magnetico.

Anche IT si occupa di esclusi. Anzi, i protagonisti sono un gruppo di loro. Si soprannominano loro stessi: “Losers” (vale a dire: Perdenti).

Si tratta di un gruppo di ragazzi molto giovani, tutti studenti in una scuola di una immaginaria cittadina degli Stati Uniti, emarginati, vessati dai compagni o perché ebrei o perché neri o per certe loro anomalie fisiche e comportamentali (uno è balbuziente; un altro è grasso; un altro ancora è gracile e occhialuto; un'altra ha la fama di essere una ragazza “facile”). Ma al di là di queste caratteristiche, pesa su ognuno di loro quel particolare stigma, quell'aura quasi indefinibile, che fiutano i bulli per scegliere le loro vittime.

Come se non bastassero le violenze fisiche e morali dei loro compagni di scuola, i “Perdenti” sono perseguitati dalla apparizioni orripilanti di un clown diabolico, che si dimostra capace di rapirli, di morderli fino a mutilarli e di ucciderli.

Ora perché in IT il diavolo – perché di questo si tratta – a differenza che in altri film dello stesso genere orrorifico, perseguita, piuttosto che le persone normali (anzi: gli emblemi della normalità), individui già segnati come diversi?

La spiegazione, a mio parere, non è psicologica (il film è estraneo e refrattario alle sottigliezze della psicologia). È religiosa. Di quella particolare religione, di specie protestante, calvinista, che fa della sfortuna sociale la manifestazione, il segno, di una predestinazione a essere dannati.

È vero che i Perdenti si uniscono tra loro, fanno gioco di squadra, combattono contro il Male, con quello spirito positivo che si ritrova tanto spesso nei film americani. Ma, nonostante i loro sforzi eroici, la dannazione peserà a lungo anche sulla loro vita di adulti, visto che il Clown, dopo essersi ritirato, minaccia di riapparire in futuro.

Va detto che tanto il film di Lelio è lineare, tanto il film diretto da Andy Muschietti è ridondante, di quegli effetti speciali, di quel trovarobato da tunnel dell'orrore, che affligge i film del genere.

Il meglio, anche qui, è nel disegno, elementare ma efficace, di alcuni dei personaggi, crudelmente esposti nelle loro goffaggini, nei loro tic nevrotici, nei loro difetti fisici, insomma: nella loro mancanza di grazia. Spiccano fra loro: Beverly, una avvenente, ma buffa, perfino ridicola, “poco di buono” di paese; e il leader dei bulli, a momenti invasato, diabolicamente invasato, dai suoi istinti crudeli.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 28 ottobre 2017
»» QUI la scheda audio)


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