Io voterò no al referendum sull’autonomia del Veneto in cova dalla Lega. Dunque voterei no domenica in Catalogna oppure non andrei a votare.
In Catalogna «Arrivano i trattori, seggi occupati al grido “vogliamo le urne» (la Repubblica, 30/09/17: 3) segnala il problema molto simile a quello degli Usa, che fa dire a Jane Fonda: «Oggi l’America è peggio dell’Italia di Berlusconi» (la Repubblica, 30/09/17: 53). Fu il popolo a dare il top dei voti nell’Italia di Berlusconi nel 2008, come è stato il popolo a far prevalere Donald Trump l’anno passato, invelenito dalle fake news di Putin.
Il popolo può essere un toro scatenato capace di cose turpi, come ha fatto l’anno scorso in Gran Bretagna col Brexit.
Felipe Gonzales, 75 anni, premier della Spagna dal 1982 al 1996 dice che il voto in Catalogna non è democratico (la Repubblica, 30/09/17: 3) e descrive pacatamente i motivi del suo no. Ines Arrimada, leader del movimento unionista, dice: «Qui si vive un golpe». In realtà hanno paura di ciò che accadrà: la vittoria del toro e la sconfitta della ragione.
Perché l’elefante Europa è un insieme tardocratico, lentissimo a consolidarsi. La vittoria dei separatisti segnerebbe molto probabilmente un peggioramento economico generale della Catalogna, oggi fiorente, che avrebbe un ulteriore peggioramento degli scambi commerciali nella lunghissima fase di rottura col resto della Spagna e dell’ancor più lunga fase di rinegoziazione del nuovo ingresso in Europa.
Io mi auguro che la figura da deficiente fatta in Italia dal Governatore Zaia, che ha cavalcato la battaglia del rifiuto della vaccinazione obbligatoria ai bimbi azzerata dalla Magistratura, stia facendo procrastinare la battaglia isolazionista.
Però sono pessimista all’arrivo dei trattori catalani e pessimista coi miei veneti mone.
Carlo Forin