Lo sport che è memoria, impresa, sacrificio, dimenticanza, meraviglia, tormento, fatica, sudore, amore e morte. Lo sport che è poesia pura. Una poesia che fa vibrare la nostra anima, che accarezza la nostra memoria, che ci riporta ai tempi del mito, della giovinezza, della nostra passione, di un'avventura che, lentamente, tra gol e salite, ring e piste, prese, lentamente e inesorabilmente, il posto degli eroi salgariani. Ci voleva un poeta vero, ardente, capace di cesellare parole e ricordi, per mettere in versi quei nomi che ci fanno esaltare, commuovere, recuperare, ancora appassionare: un poeta come Alberto Figliolia. Queste poesie sportive, con ogni protagonista accompagnato da una biografia sentimentale, rappresentano un conforto per la mente e per il cuore, scandiscono il tempo della nostalgia. Si parte dall'alpinismo per arrivare al pugilato, in mezzo automobilismo, atletica leggera (con il mio amico fraterno Livio Berruti), il tanto calcio, il ciclismo, la ginnastica artistica e la pallacanestro. Sono versi teneri e robusti, “entrano” nell'atleta e nel tempo storico, ci riportano l'impresa o la mancata impresa, tra contorni di arte e rimandi di letteratura.
Ho ritrovato Bob Beamon che, da ragazzino, mi lasciò a bocca aperta con il suo balzo in lungo di 8,90 a Città del Messico. Sembrava Flash Gordon, quello del fumetto. «Ma ancora oggi, Bob, nel nostro pensiero / tu voli, plani e mai ti posi, mai ti posi...». E sempre in quella Olimpiade il gesto generoso dell'australiano Peter George Norman, l'australiano che, argento sul podio del 200 metri, partecipò alla protesta silenziosa dei velocisti neri Tommie Smith e John Carlos. E per essere stato al fianco dei due americani e del Progetto Olimpico per i Diritti Umani finì di gareggiare e sognare. «I piedi scalzi di Tommie e John, / le mani guantate di nero / (la destra per l'uno, la mancina per l'altro), il capo chino di entrambi sul podio / erano anche i tuoi: / e questo non ti fu perdonato: / fu l'ostracismo, fu la viltà / contro il tuo coraggio».
Poi, ecco l'idolo del pallone. La dedica a Renato Cappellini, che fu centravanti all'Inter. È una poesia di assoluta luce e bellezza (e io pensavo, leggendo e rileggendo, al mio beniamino Pietro Anastasi della Juventus): «Rincorrevo i sassi per strada / e li calciavo come pensavo / solo tu sapessi fare. / La tua figurina tenevo / perennemente in tasca / e attaccata alle bretelle, / strano e giocoso residuo / di un tempo andato, / come un santino, / di giallo bordata, / per avere sempre il tuo sorriso / sullo sfondo azzurro / di un cielo lontano».
Potrei continuare all'infinito: Coppi e Bartali e Benvenuti e Mazzinghi cantati insieme, Reinhold Messner e Jury Chechi, Alberto Ascari e Andrea Meneghin. Ma, ora, vi lascio al piacere, immenso, della lettura. Dopo La solitudine dell'ala destra (Einaudi) del poeta Fernando Acitelli, una raccolta, abbagliante e sorprendente, interamente dedicata al calcio, ecco lo sport celebrato dai versi di Alberto Figliolia, versi di un autore che conosce il segreto profondo della narrazione; una narrazione che sorprende, illumina, tra tenerezza e “saudade”. Perché basta la “chiusa” di Primo Carnera per fare di questo libro un nostro bene prezioso: «Carnera a petto nudo / incute terrore, / Carnera che rialza / l'avversario caduto, / Carnera che non serba rancore, / Carnera che torna / al paese per morire, / scende dalla scaletta / dell'aereo e se ne va / triste, magro, / e due inviati di giornale / si chiedono chi sia / quel gigante muto / che si allontana...». Da antologia scolastica.
Darwin Pastorin
Alberto Figliolia, Cieli di Gloria. Poesie sportive
EIF, 2017, pp. 110, € 12,00