Le influenze del Preraffaellismo, del Simbolismo francese e di quello belga di Torop nonché i fermenti suggestivi dell’Art Nouveau confluiscono sul finire del secolo nelle cosiddette Secessioni. Il Simbolismo, in generale, aveva inteso «trarre dalle cose materiali, attraverso una serie di decifrazioni, uno stato spirituale». Herman Bahr, l’apostolo della Secessione, esorta a dipingere quadri in cui «si veda l’anima».
Negli ultimi anni in Italia il tema delle Secessioni è stato indagato e presentato in rassegne prevalentemente dedicate al singolo episodio viennese e a quello romano.
“Secessione. Monaco Vienna Praga Roma. L’onda della modernità”. È la mostra a cura di Francesco Parisi aperta a Rovigo a Palazzo Roverella fino al 21 gennaio 2018, (catalogo SilvanaEditoriale), l’evento propone per la prima volta un panorama complessivo delle vicende storico-artistiche dei quattro principali centri in cui si svilupparono la Secessione: Monaco, Vienna, Praga e Roma. Evidenziando differenze, affinità e tangenze dei diversi linguaggi espressivi nel primo vero scambio culturale europeo, basti pensare a Gustav Klimt e a Egon Schile che esposero alle mostre della Secessione Romana o a Segantini che partecipò alle annuali mostre viennesi. Nella rassegna vengono messi in evidenza gli esiti modernisti della secessione monacense, il trionfo del decorativismo della secessione viennese, il visionario espressionismo del gruppo Sursum praghese fino al crocevia romano e alla sua continua ricerca di una via altra e diversa.
Scandita per sezioni tematiche dedicate alle singole città europee, la mostra si apre, cronologicamente, con la Secessione di Monaco.
Quando, nel 1892, apparve sulla scena, non presentava una fisionomia ben definita e specifica, ma presto avrebbe assunto quel taglio modernista che sarà definito Jugendstil, titolo derivato dalla rivista Jugend che ospitò le illustrazioni della giovane bohéme monacense e non solo, arrivando ad includere nel corso degli anni anche artisti italiani. Al movimento aderirono Franz von Stuck, Ludwig von Hofmann, Carl Strahatman, Thomas Theodor Heine. Il focus dell’intera sezione della mostra dedicata alla Secessione di Monaco è incentrata principalmente su gruppi di opere prodotte tra il 1898 e il 1910.
Nella secessione di Vienna l’artista più noto e discusso è senza dubbio Gustav Klimt (1862-1918), il rappresentante più scoperto del decadentismo. Osservando le sue opere il pensiero corre a D’Annunzio: «Egli era giunto a perpetuare nel suo spirito, senza intervalli, la condizione misteriosa da cui nasce l’opera di bellezza e a trasformare così d’un tratto in specie ideali tutte le figure passeggere della sua esistenza volubile». In mostra sono presenti opere fondamentali dell’artista sia di pittura, come Amiche (Le sorelle) e Signora con cappello su sfondo rosso, che di grafica, come ad esempio il manifesto della prima mostra della Secessione Viennese. Al volgere del secolo il movimento iniziò a rappresentare con i suoi compiacimenti astratto-razionalisti e bizantineggianti una visione diversa dell’arte rispetto al Modernismo europeo, estendendo la sua influenza, come la consorella monacense, verso l’area italiana e slava. Nonostante la Secessione di Vienna sia stata quella con un respiro più internazionale, l’attenzione in mostra è posta in particolare sull’aspetto autoctono degli artisti esposti, con particolare rilievo alla pittura, alla grafica e alle arti decorative. In questa sezione immancabili sono Josef Maria Auchentaller, Kolo Moser, Carl Otto Czeschka ed ovviamente Egon Schile.
La secessione di Praga prese forma in una serie di gruppi di artisti più o meno organizzati, che a partire dal 1890 si ritrovarono a manifestare le loro idee in aperto contrasto con l’arte ufficiale boema. Tra i primi movimenti modernisti sicuramente il ruolo apripista lo ebbe il gruppo Manes, sorto singolarmente nell’accademia di Monaco, ma presto trasferitosi a Praga nel tentativo di riformare l’arte nazionale Ceca. Attorno al 1910 si formò invece il più celebre gruppo Sursum, che manteneva al suo interno diverse anime, da quella più espressionista e Nabis di Josef Vachal a quella più finemente tardo simbolista di Frantisek Kobliha e di Jan Konůpek (sua è la splendida Salomé in mostra) fino alle sculture Jaroslav Horejc. Dato il grande sviluppo dell’illustrazione, del disegno e dell’incisione, circa un terzo dell’intera sezione è costituito da opere su carta.
A differenza delle secessioni europee, che mostravano tutte una predisposizione all’estetica simbolista, la Secessione di Roma (1913-1916) aveva una formula diversa, quella dell’esposizione libera e “giovane” che permetteva al suo interno, seppur con alcune limitazioni, lo svilupparsi di linguaggi differenti. Ben distinta dalle avanguardie futuriste la Secessione romana era legata piuttosto a criteri che appartenevano ancora ad un ambito di “aristocrazia dell’arte” che ne limitava le sperimentazioni più ardite, ma altresì aperta a suggestioni internazionali: la Prima Esposizione Internazionale della Secessione fu l’occasione per vedere in mostra per la prima volta opere di Matisse e dei post-impressionisti, mentre l’anno successivo, alla II Esposizione, accanto a Cézanne e Matisse, furono presenti Klimt e Schile.
Tra i maggiori rappresentanti della corrente romana, Enrico Lionne, Giuseppe Biasi, Aleardo Terzi, Plinio Nomellini (splendido il suo ritratto di Grazia Deledda) e Felice Casorati (con il ritratto di Ada).
Maria Paola Forlani