Firenze – Sono rimasto incuriosito da una vicenda che non ha avuto granché di spazio mediatico, ma che di per sé è significativa della società in cui oggi viviamo. Ne parlo da un punto di vista antropologico, sociale e culturale. La censura cui si è dovuta sottomettere l’on. Giorgia Meloni,1 da parte di Facebook, per la promozione di una festa della sua parte politica.
La nostra ex-ministra che manda fulmini contro Facebook fa sorridere, è come la mosca che s’arrabbia perché le impediscono di posarsi sul cibo di un desco, ché al pari della mosca basta poco per farla smettere di dare fastidio, foss’anche che questo poco sia silenzio, non-risposta ad ogni sua affermazione.
Siamo nel 2017. Nel 1861 veniva creata l’Italia. Nel secolo scorso, dopo un trentennio, nel 1943, finiva il governo fascista dell’Italia (quello per cui, oltre alla moda e al cibo, siamo più ricordati nel mondo). Il nazionalismo italiano non ha grandi radici culturali e storiche (a parte la propaganda, in qualunque periodo), ma fu solo esaltato, per l’appunto, nel periodo fascista; anche col goffo tentativo, per competere coi grandi del mondo, di una politica coloniale annettendosi alcuni Paesi africani, oggi non a caso totalmente disgiunti culturalmente, politicamente ed economicamente dalla realtà istituzionale italiana.
Quando sento parlare di patria, di nazione italiana mi pongo sempre una domanda: di cosa stanno parlando? E mi viene in testa una mia recente spiegazione data ad alcuni conoscenti non-letterati che vivono dall’altra parte del Pianeta (territori francesi d’oltremare), quando mi chiedevano se l’Italia avesse avuto ed avesse delle colonie: “l’Italia non è una nazione, è un insieme di città, con alcune venature regionali. La politica italiana coloniale, quindi, non avrebbe potuto che essere un disastro – dal punto di vista storico – per fortuna di tutti estinto, niente a che fare con Francia e Regno Unito, per esempio”.
Credo che questa sia la nostra bellezza, uno dei motivi per cui serenamente mi definisco italiano quando non sono nel nostro Paese, uno dei motivi per cui non possiamo non essere alfieri del federalismo europeo che, non a caso, è nato dalla testa e dalla politica di personaggi italiani del calibro di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi.
Il titolo che ho dato a questo scritto è provocatorio. Io credo di essere l’antitesi del patriota. Ho usato questa parola come se fosse “partigiano”. Ma non l’ho fatto perché preferisco restare nell’ambito della provocazione. “Patriota”, “partigiano”, “seguace”, “accolito”, mi danno la sensazione di fanatismo. Mentre credo che un buon governo e un buon riformismo debbano essere improntati proprio sul contrario del fanatismo politico, sociale, economico e culturale: liberismo e libertà. E per questo rifuggo anche da chi parla di “Patria Europa”. E mi lasciano decisamente perplesso anche le manifestazioni di nazionalismo nel Paese più federalista del mondo, gli Usa (anche banali, innocue e della vita quotidiana, come l’esposizione della bandiera nel giardino della propria casa).
Torniamo al nostro ex-ministro della Gioventù (!!!). Che vive e cresce sulla parola patria, anche per opporsi alla censura di Facebook. Senza rendersi conto che proprio questo social network è l’espressione del fascismo contemporaneo,2 figlio non-degenere della cultura cui lei si riferisce, con la caratteristica che non è una forma statuale, ma privata e – non a caso, come per il Fascismo agli albori della sua comparsa – avversario dello Stato (le sue memorabili evasioni fiscali sono solo la punta di un iceberg).
Questo è il mio tributo alla ricorrenza del XX settembre che sta per arrivare. Non andrò a porre corone di fiori con l’accompagnamento di fanfare per ricordare i bersaglieri caduti nella breccia di Porta Pia nel 1870 per – con l’annessione di Roma al Regno d’Italia – dare libertà dal clero cattolico-romano al neo-nato Stato italiano. No. Prendo spunto da questo episodio storico di libertà per fortificare speranza e lotta per gli Stati Uniti d’Europa, “usando” il Paese di cui sono cittadino come grimaldello così come lo è stato per l’avvio del complicato processo che oggi ci ha portato all’Unione Europea. Che – non potrebbe essere altrimenti, on. Meloni – non può che non essere una patria. Del resto, come potrebbero altrimenti ragionare di comune accordo (per comuni interessi che innegabilmente ci sono) due cittadini europei, uno di Cagliari, per esempio, e un altro di Tallinn (capitale dell’Estonia)?
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
1 Ex-ministro per la Gioventù in uno dei passati governi guidati da Silvio Berlusconi. Ministro per la gioventù, non dimentichiamolo: chiamata a dover realizzare le politiche per i giovani – lei fascista dichiarata e osservante, non solo ex – nel 2008.
2 Uso l’allocuzione “fascismo contemporaneo” per meglio capirci “tra italiani” (adusi ad usare la parola fascismo per meglio semplificare e chiarire ogni forma di autoritarismo estremo), perché la definizione precisa sarebbe “autoritarismo contemporaneo”, ché la parola “fascista”, nel mondo e nei livelli di Facebook, sanno a stento che esista.