Le parole di Emma Bonino (cfr. video di Angela Nittoli, laRepubblica.it, 06/09/17, ndr) sono un richiamo potente alla realtà e alla responsabilità per una democrazia fondata sullo stato di diritto e la difesa dei diritti umani (che si chiamano così perché prescindono dai confini e dalle cittadinanze).
Per l’Italia e per l’Ue non è né praticabile, né ammissibile chiudere gli occhi rispetto a quanto accade alle donne e agli uomini che l'Europa contribuisce a trattenere o riportare in Libia.
Abbiamo pressoché da soli sostenuto il processo di ricostruzione istituzionale libico disegnato dall'Onu che ha portato al governo di Al Sarraj e al suo (relativo) consolidamento. Questo ha consentito di ottenere la collaborazione libica, anzi di avere una richiesta libica all'Italia di cooperazione, per il controllo dei flussi irregolari di migranti e il contrasto al vile mercato di donne, uomini e bambini.
Quando fu stipulato l'accordo tra Berlusconi e Gheddafi non fu possibile nemmeno ottenere dal dittatore la riapertura dell'ufficio UNHCR di Tripoli.
L'accordo con Erdogan ha sollevato il tema dei diritti umani e politici in Turchia, ma nell'intero Paese con cui dialogavamo e che abbiamo sostenuto finanziariamente, non tanto rispetto alla condizione dei rifugiati siriani.
Ieri Gentiloni non solo ha dichiarato di condividere “l’allarme umanitario”, ma ha ribadito che per il governo italiano questo rappresenta “uno dei nostri impegni maggiori”. Il Presidente del Consiglio (RaiNes) ha insistito sulla necessità di assicurare in tempi rapidi una efficace azione sul terreno libico, con le organizzazioni non governative e quelle internazionali, da parte dell'Italia e della UE, per avere condizioni di vita civili delle persone che aspettano di chiedere rifugio in Europa e capire se lo avranno o no.
I diritti umani dei migranti in Libia, forse, non sono alti nelle priorità di chi pensa alla castrazione chimica preventiva dei migranti che toccano il suolo italiano o evoca gli untori manzoniani per un drammatico caso di malaria. Per noi non è così.
La legittimità e la sostenibilità politica del controllo delle partenze dalla Libia in collaborazione con le autorità libiche non può prescindere dal fatto che quelli libici siano “porti sicuri”. Questa deve essere una priorità italiana ed europea. Se non saremo in grado di ottenere risultati su questo fronte, mettendo energie e risorse necessarie, dovremo cambiare strategia, prima che i successi di oggi possano diventare un fallimento domani.
Benedetto Della Vedova