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Maria Paola Forlani: Picasso. Sulla spiaggia
03 Settembre 2017
 

Fino al 7 gennaio 2018 la Collezione Peggy Guggenheim presenta, negli spazi espositivi della Project Rooms, la mostra-dossier Picasso. Sulla spiaggia”, a cura di Luca Massimo Barbero. Inaugurate lo scorso febbraio, le Project Rooms sono due nuove sale destinate ad accogliere progetti espositivi raccolti e mirati, finalizzati ad approfondire il lavoro di un artista, o specifiche tematiche legate alla produzione artistica di un determinato interprete del XX secolo, legato alla collezione di Peggy Guggenheim.

Attraverso una selezione unica e raffinatissima di opere, tre dipinti, dieci disegni realizzati da Pablo Picasso tra febbraio e dicembre del 1937 e una scultura, esposte insieme per la prima volta, Barbero cerca di gettare nuova luce sul lavoro dell’artista spagnolo, evidenziando i suoi collegamenti con quel Mediterraneo che ha avuto un ruolo così importante nella sua carriera artistica: dalle radici in Spagna, alla vita in Francia, alle relazioni con artisti e forme d’arte che avevano nel Mediterraneo un punto di riferimento. Nata dalla collaborazione con il Musée National Picasso-Paris, la mostra, raccolta e mirata, si snoda attorno a una delle tele più amate da Peggy Guggenheim, il dipinto picassiano Sulla spiaggia (La Baignade), appartenente oggi al museo veneziano. L’esposizione rientra nell’intenso programma di seminari, pubblicazioni, studi ed esposizioni legato al progetto triennale “Picasso-Méditerranée”, promosso dal Musée National Picasso-Paris. Più di sessanta istituzioni hanno immaginato una serie di mostre sull’opera ostinatamente mediterranea di Pablo Picasso al fine di celebrare la sua arte e questo suo legame con la cultura del Mediterraneo. Con le sue numerosissime rappresentazioni di spiagge e bagnanti, Picasso non ha certamente scoperto un nuovo soggetto ma ha identificato e rivelato l’unico vero “scenario esterno” dell’intera sua opera. Come la maggior parte dei suoi temi, il concetto di spiaggia viene affrontato in maniera sia tradizionale che più propriamente moderna. Giorgione, Tiziano, Ingres, Puvis de Chavannes, Manet, Cézanne, Matisse, Renoir sono tutti artisti ai quali Picasso mostra di aver guardato come fonte di ispirazione per le sue figurazioni e strutture compositive; il tema del nudo in movimento è tema ricorrente e di primaria importanza per tutti quegli artisti interessati alla pittura figurativa. Il passo avanti fatto dall’artista non è dato, tuttavia dal soggetto quanto invece dal modo in cui il genio spagnolo, collegando l’esperienza individuale alle forme della tradizione, creò non solo qualcosa di nuovo ma assolutamente rivoluzionario.

Nella pace del rifugio campestre di Le Tremblay, Picasso dipinge una serie di nature morte illuminate da stelle improvvisamente apparse, di metafisiche marine, o meglio di composizioni di grandi figure nude sulla spiaggia, in riva al mare, intente alla lettura di un libro, piegate nel gioco di una barchetta, mentre all’orizzonte alto si leva, come a spiarle, la testa smisurata di una compagna, quasi una nuvola che copra il sole o il sole stesso.

Sono figure dipinte o piuttosto sculture dipinte? Perché le figure sono assolutamente plastiche, definite e racchiuse in volumi precisi, geometrici, monocromi che si staccano con il tono ocra sulla fascia azzurra del mare. Guardando queste figure non si può non pensare allo scultore inglese Henry Moore, alle sue figure sdraiate, ai volumi puri attraversati dai fori che confermano l’unità dello spazio.

In realtà quando Picasso scolpisce preferisce figure metalliche piatte, oppure invenzioni che rivisitino e trasformino oggetti conosciuti e banali nella suggestione del suo suggerimento ironico.

Nel quadro “va in scena” un ampio contrasto tra umano e non umano – e ancora una volta Picasso sceglie di rappresentare tre figure, come spesso accade nelle scene di bagnanti degli anni venti – tra quiete delicata dell’idillio e la tensione evidente, carica di possibile erotismo, delle forme, dello sguardo voyeuristico, della non celata e appunto “animale” nudità.

Sei giorni dopo l’esecuzione di Sulla spiaggia, il 18 febbraio 1937 Picasso dipinge Grande bagnante con libro, di dimensioni leggermente più ridotte dell’opera precedente, eppure compressa, articolata, misteriosa forse ancor più delle bagnanti a cui tradizionalmente si accosta. La spiaggia è ora il teatro del silenzio, dell’isolamento, della lettura. Il procedimento è radicalmente pittorico, la resa dei volumi sottilmente allusiva, tutta giocata sugli affondi delle zone in ombra e gli affioramenti del bianco che trasmigra in un “tonalismo monocromo” che permea tutta la composizione.

Di lì a poco tempo Picasso affronta il tema delle bagnanti in chiave “mostruosa”, tanto da trasformare in Erinni deformi dalle fauci mute e sdentate le sue Due nudi sulla spiaggia (1° maggio 1937), è certo che questa “ultima bagnante” racchiude il silenzio e la perfezione che Picasso era andato cercando con i quadri precedenti. Non vi è più racconto di quotidianità giocosa o il gesto grossolano del mondare il piede, il circuito dello sguardo è chiuso nella curva mancata della testa che sprofonda verso la lettura. Il sapiente gioco del pastello e del carboncino suggerisce un’infinità di slittamenti, di piani che si intersecano e avvolgono, un ipotetico ventre, cosce pietrificate e improbabili gambe incrociate. La metamorfosi è compiuta. Regna questo spazio cristallino un essere eterno e sontuoso.

 

Maria Paola Forlani


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