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Marisa Cecchetti. “È sempre così al mattino” di Umberto Cecchi
21 Agosto 2017
 

Umberto Cecchi

È sempre così al mattino

Mauro Pagliai Editore, pp. 460, € 19,50

 

Un romanzo che incuriosisce il lettore fin dalle prime pagine, quello di Umberto Cecchi, già direttore di una importante testata giornalistica, che ha coperto ruoli di inviato speciale in Italia ed all’estero. Senza dubbio grande conoscitore dell’Africa, in special modo dell’Uganda degli anni della feroce dittatura di Idi Amin Dada, che gravò sul paese dal 1971 al 1979.

Il romanzo si sviluppa alternando due fondamentali contesti ambientali, l’Italia e l’Uganda, a cominciare dagli anni ’60 in Italia, e precisamente da un bar di Firenze, alle Cascine, per trasportarci subito, con un forte balzo spazio temporale, in una situazione di prigionia in Uganda, molti anni dopo.

Alle Cascine il giovane David ha conosciuto tre ragazze, Rebecca, Gabriella, Marinella, e David è il prigioniero tenuto al buio nella capanna di uno sperduto villaggio di lebbrosi, in Uganda.

David è il personaggio maschile principale, sulla cui disponibilità e fondamentale bontà le tre ragazze sapranno contare sempre, secondo una impercettibile linea di demarcazione tra il lecito e l’illecito, tra il legame affettivo vero e lo sfruttamento dell’affetto stesso; in un contrasto palpabile tra la semplicità e la fiducia di lui, di profonde convinzioni etiche e pronto anche al sacrificio, e le capacità seduttive delle altre, sotto varie forme, senza escludere l’ipocrisia, la menzogna spudorata e interessata.

Un altro personaggio trasversale è Larry, ugandese formatosi culturalmente in Italia, deciso a combattere quell’Amin sanguinario che ha già fatto uccidere suo fratello.

Larry ha un fascino particolare a cui le tre amiche non riescono a sottrarsi, con conseguenze che influiranno profondamente sullo svolgimento della storia. Intorno alla figura di Larry, anche questa dalle molte sfaccettature, rimane fino in fondo un’aria di mistero, non esclusa una connotazione eroica.

Le tre donne non facilitano la vita di David, il quale, se si trova a rischiare la vita in una capanna ugandese senza sapere chi l’abbia condotto lì e perché, lo deve alle richieste di Rebecca ed agli intrallazzi di Gabriella, che intanto si è fatta suora missionaria nei paesi africani.

Rebecca è il personaggio femminile più difficile e contorto –senza niente togliere alle altre due–. È stata la ragazza di David per tre anni, in un rapporto intensamente fisico che lascerà drammatiche ripercussioni. La disinvoltura sessuale si inquadra perfettamente in un momento di rivendicazioni femminili, quando la sessualità disinibita era sbandierata come una conquista.

A legare tutto c’è George, adottato piccolino da Rebecca in Uganda, dalla colorazione nera un po’ sbiadita e dagli occhi stranamente azzurri, che ha una parte fondamentale nel romanzo.

Ci sono altri personaggi che ruotano intorno ai quattro delle Cascine, senza dubbio importanti, ognuno dei quali porta un tassello ad una storia che il lettore riesce a capire piano piano, e che si chiarisce alla fine, come se fosse un giallo.

Tante le domande a cui tra le pagine si troverà risposta. Chi è Larry? Quanti volti di Gabriella? Quale la verità di Rebecca? Di chi è figlio George? Perché Amin e il suo capo di polizia consigliano David di non mettere più piede in Uganda, dopo che David stesso ha seguito la fase finale della adozione, su pressante richiesta di Rebecca? Perché è ritornato, nonostante tutto, a ricercare George adolescente, scomparso in Uganda? Chi sono le bande ribelli e gli antigovernativi? Chi ha trascinato George alla ricerca delle sue radici?

Coinvolgente ma complesso il romanzo di Cecchi, che va letto con calma, anche per la scelta dell’autore di cambiare narratore ad ogni istante, di passare dalla narrazione o dalla descrizione al discorso diretto, o viceversa, senza che niente guidi il lettore; con l’uso costante del flash back così come di ellissi, in un alternarsi di punti di vista che porta ad analizzare più volte gli stessi elementi, tuttavia sempre con l’aggiunta di un pezzetto nuovo al puzzle.

Al di là di un intreccio così denso ed a suo modo intrigante, Cecchi colpisce per una straordinaria conoscenza degli eventi e dei personaggi storici, personaggi a cui non risparmia nulla, nemmeno nelle atrocità. Non tace nemmeno sull’enorme vaso di vetro pieno di occhi umani, di nemici, che Amin ostentava come un trofeo e di cui era orgoglioso; neppure tace sul suo presunto cannibalismo. Cecchi comunque è obiettivo, realistico, e non trascura gli aspetti di umanità profonda e di generosità di altri personaggi. Splendida la figura di una giovane donna, Baya, che per David prigioniero costituisce la sopravvivenza, così come la figura del figlio di lei, Lopìo.

Rimangono impresse le descrizioni dell’Africa carica di colori, di suoni e di profumi. È una terra di bellezza, dolore e mistero: “C’era, in mezzo al piazzale, un sicomororo, che sembrava volerle fermare, quelle nubi, tanto era alto. Ed era quell’albero a raccogliere il vento della pianura gialla di erbe assetate e a ricevere l’odore dei bivacchi e dei villaggi”. E la luna africana è una dea: “Dea di latte cagliato, rotonda, sempre gravida, disanimata, folle occhio ritagliato nella tenda del cielo e avvolta da collane di stelle come voraci parassiti; padrona delle ombre e di ogni angolo nascosto”.

 

Marisa Cecchetti


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