Emiliano Gucci
Voi due senza di me
Feltrinelli, 2017, pp. 224, €16,00
Se esistono davvero gli angeli non lo sappiamo. Però, al di là di qualsiasi credo, forse anche i più convinti materialisti una volta si saranno chiesti dove mai vada a finire la nostra energia vitale: se nulla si crea e nulla si distrugge, perché non possono essere in qualche modo vicino a noi i nostri cari, a cui magari siamo soliti rivolgerci perché ci aiutino nelle difficoltà, come se fossero Dio? Gucci dà per scontato che gli angeli esistono, in questo suo nuovo romanzo, Voi due senza di me. Ed è il punto di vista di lui, un angelo piccolino, che racconta i due protagonisti, non ne perde un attimo ed un respiro.
Loro sono Marta e Michele che un tempo sono stati sposati. Michele vive ancora solo, dopo dieci anni dalla separazione, Marta ha un compagno che le dà sicurezza, in un ritmo di vita tranquillo.
Il loro è stato un amore a prova di tempo, di quelli capaci di risvegliarsi, sempre: “Era essere tutto, ovunque, in un istante solo, in una creatura sola… La gente sbarrava gli occhi, perdeva le mandibole per strada al nostro passaggio. Non eravamo invidiati, eravamo temuti: rovesciavamo l’idea di felicità, rimettevamo in discussione il canone, esaltavamo il verbo… ci scorreva nel sangue, era parte di noi”. È stata una separazione legata ad una tragedia capace di trasformare quell’amore in equivalente odio, con la stessa potenza.
Il tempo ridimensiona ogni evento, fa leggere in modo più oggettivo i fatti, può soffiare via ogni risentimento, come polvere.
Per questo Michele decide che Marta deve tornare. Dopo dieci anni la va ad incontrare al mattino mentre lei si reca al lavoro, la accompagna, si impone in tutti i suoi tempi vuoti. Lei, improvvisamente divenuta fragile, lo segue per le strade di Firenze nei luoghi noti dei loro incontri e del loro amore, divisa tra furore e gioia, tra sconforto e sorpresa. Irrimediabilmente e colpevolmente attratta.
Hanno la complicità di un cielo straordinario che illumina Firenze di una luce mai vista: “quella luce era surreale, troppo azzurra e vivida come da queste parti non si ricordava o forse non era stata mai; luce che penetrava le cose, le case, le persone, non ravvivandole di bianco ma tinteggiandole di blu”. Forse è complice un angelo, forse qualcosa si può di nuovo sperare.
Arriva l’ora del treno, il ritorno in stazione, l’attesa, la ricostruzione dei ricordi con le persone del loro passato, le informazioni.
Il dubbio.
Gettata là da Marta all’ultimo istante, come un sasso, c’è un frase che rovescia ogni speranza: “E se fossi stata veramente io?” Allora per Michele tutto crolla.
Ora non lo affascina più il cielo cobalto, ma Firenze gli appare nel degrado della sua periferia: “Quei bambini moccicosi, quei vecchi bavosi. Quei palazzoni enormi d’intorno, adagiati sul fianco, centinaia di finestre larghe e strette, tutte uguali, tutte sbagliate; una tenda da rattoppare, due ciclamini sfioriti e tre primule che stentano, migliaia di esistenze brulicanti su sei, sette, otto piani di marciume e cemento diluito con la sabbia”.
Passano altri dieci anni.
Il romanzo si presenta perfettamente speculare, doppio. Ora è Marta che si muove alla ricerca di Michele, puntando tutto su una giornata speciale.
È un giorno di neve a Firenze, con ritmi lenti, silenzi mai ascoltati e vuoti sconosciuti. Questa volta è Michele a sorprendersi quando la vede catapultarsi nella sua nuova vita ordinata e completa di affetti, quando scopre ciò che lui stesso desidera ancora e che la ragione gli dice di rifiutare. Ora la più determinata è Marta.
La sera ghiacciata li trova a procedere lenti su strade innevate, infreddoliti e miserandi, tra il volere e il non volere di lui, tuttavia trascinati da una forza che annulla ogni ostacolo.
Gucci ha un narrare asciutto, rapido, concreto, mai scontato, capace di scolpire personaggi, ambienti; con dialoghi che scavano l’anima, dove le parole escono a mozziconi dal profondo, tirate fuori a poco a poco, dove i fatti accaduti – sempre che si possa conoscere la verità oggettiva – sono disseminati con parsimonia.
Nel dipanarsi del romanzo si riconoscono elementi trasversali alla produzione letteraria di Emiliano: l’attenzione ai dettagli, agli oggetti, che talvolta sembrano animarsi come personaggi; la preoccupazione e lo sconforto davanti alla sua Firenze dai muri imbrattati e dagli angoli puzzolenti; la bicicletta che snobba il traffico cittadino; il piacere di un buon bicchiere di rosso. E la capacità di tenerci incollati alla pagina.
Marisa Cecchetti