Si è aperta la mostra “Giuliano da Sangallo Disegni degli Uffizi” nella sede del Gabinetto e delle Stampe ‘Sala Edoardo Detti e Sala del Camino’ agli Uffizi, fino al 20 agosto a cura di Dario Donetti, Marzia Faietti e Sabine Frommel (catalogo Giunti).
Giuliano da Sangallo è una figura chiave per l’architettura del Rinascimento italiano e, non da ultimo, perché è il primo di cui sopravvive una raccolta di disegni di architettura, custodita e curata dai suoi eredi: il suo corpus grafico consta di 21 fogli di attribuzione certa, conservati presso il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, a cui si aggiunge il Codice Barberiniano della Biblioteca Apostolica Vaticana, la più prestigiosa selezione di monumenti dall’Antico Rinascimento, e il Taccuino senese, una specie di notiziario custodito nella Biblioteca comunale degli Intronati di Siena. I disegni rispecchiano il profilo poliedrico di Sangallo e gettano luce non solo sullo sviluppo dei suoi peculiari metodi tecnici e grafici, ma in generale su quelli più diffusi e condivisi nel periodo compreso tra gli ultimi decenni del Quattrocento e la fine del secondo Rinascimento. Di taglio monografico, la mostra riunisce per la prima volta i suoi disegni di architettura e di figura conservati nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, insieme ad alcune rappresentazioni firmate da suoi colleghi, parenti o successori.
A partire dalla fine dell’Ottocento un ragionamento critico sull’opera grafica del fiorentino è stato avviato da Pasquale Nerino Ferri, Cornelius von Fabriczy, Christian Hülsen e Lodovico Zdekauser. Dopo questi sono apparsi numerosi altri studi, volti sia ad approfondire aspetti particolari sia a elaborare un’analisi complessiva, come il volume di Giuseppe Marchini sull’opera architettonica (1942) e quello di Stefano Borsi (1985) sull’intera produzione grafica, prima che il cinquecentesimo anniversario della morte, nel 2016, suscitasse una revisione più ampia della quale fa parte anche la mostra del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe. La ricerca condivide l’interpretazione della data «MCCCCLXV», iscritta sul frontespizio del Codice Barberiniano, come l’inizio delle sue esperienze a Roma. Questo libro contiene in primo luogo disegni di capitelli, basi e dettagli di monumenti antichi composti alla maniera del Musterbuch di Benozzo Gozzoli. Non risultano però tramandati progetti direttamente riferibili ai capolavori ideati al tempo di Lorenzo de’ Medici, il periodo più proficuo della sua attività, di Giuliano della Rovere o dei lavori lauretani.
Benché di carattere eterogeneo, soprattutto quanto a tipologie e a cronologia, la ricca produzione grafica rispecchia le diverse culture e strategie iconografiche promosse da Lorenzo il Magnifico, da Giuliano II e da Leone X, quest’ultimo legato alle tradizioni paterne. Al servizio di Giulio II dal 1504, Sangallo traspone la sua nuova visione nel Libro degli Archi, una raccolta di archi trionfali antichi delineati su fogli di grande formato, in questo caso restituiti nella loro interezza. Un confronto con i disegni degli stessi monumenti del Taccuino Senese rivela un evidente scarto evolutivo, aspetto palesato da proporzioni più equilibrate, da nitide costruzioni geometriche, dalla robusta corporeità dei volumi e dai ritmi più contrastanti e animati da giochi di ombre e di luci. Agli ultimi dodici anni della sua vita si riferisce la maggior parte degli elaborati di progetto a noi pervenuti: quello per la loggia dei trombettieri, quelli per San Pietro, per la villa della Magliana, l’alzato di un edificio effimero e due facciate di chiesa. Il gruppo più coerente risale al pontificato di Leone X e tra i disegni spiccano quello per un palazzo mediceo a piazza Navona, per l’ampliamento della torre Borgia, il progetto per la facciata di San Lorenzo e quello per una residenza medicea lungo via Laura, nel capoluogo toscano. È possibile osservare un’assimilazione sempre più convincente dei prototipi antichi e delle regole vetruviane, dovuta a una migliore conoscenza del patrimonio del passato e alla crescente influenza di Bramante, nel quale il pontefice già nel 1503 aveva riconosciuto il migliore interprete delle sue aspirazioni. I quattro progetti di Giuliano per San Pietro, risalenti al decennio compreso tra il 1505 e il 1515 circa, attestano il processo di progressivo avvicinamento all’antichità romana, come mostrano i muri scavati da nicchie e l’uso degli ordini, loro parti integranti. I disegni di San Lorenzo degli anni 1515 – 1516 dimostrano che Giuliano neanche alla fine dei suoi giorni aveva acquisito una conoscenza dell’Antico paragonabile a quella esibita poi da suo nipote Antonio nel cortile di palazzo Farnese.
Maria Paola Forlani