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Renato Ciaponi. Ardenno: Tre generazioni unite per produrre l'olio dell'Elfo
20 Maggio 2017
 

Si chiama olio dell’Elfo e nasce dalla prima piantagione di ulivi messi a dimora in bassa valle nel 1999. L’etichetta verde, con un piccolo elfo che tiene in mano un rametto di olive dice “colline degli Elfi dal 1999 - olio extra vergine di oliva - Azienda agricola Folini - Ardenno”.

Ma assolutamente nessun riferimento alla mitologia nordica, e nemmeno al simbolo dell’aria, del fuoco e della terra. Semplicemente le iniziali di Elisa Folini, giovane figlia di Giuseppe e nipote di Cesare nata nel 1999. La terza generazione di una famiglia che ha creduto nell’innovazione e che alla fine degli anni 2000 ha sostituito le viti di un terrazzamento con una piantagione di ulivi.

Tre pertiche di terreno, sedici gradoni, calpestati per anni dall’anziano Cesare che ha sempre avuto una grande passione per la sua vigna ma che purtroppo l’età avanzata ha richiesto un radicale cambiamento.

«Una sfida che ho voluto tentare perché ero stanco della vigna, anche se sinceramente mi è dispiaciuto cambiare», mi racconta Cesare. «Ero affezionato, ma la vigna costa troppa fatica, poi è soggetta a diverse malattie, gli ulivi sono più resistenti, richiedono meno attenzione, così ho deciso.

Era il 1998, grazie ad un contributo della Comunità montana ho iniziato a estirpare le viti e a sostituirle con ulivi. Ho iniziato con 70 piante che venivano da Pistoia, poi altre 70 fino ad arrivare a 140 alberi da frutto che dovrebbero fruttare in piena produzione 3 tonnellate di olive a raccolto. Inizialmente volevo metter piccoli frutti, ma poi l’ulivo m’ha affascinato. Mi dicevano tutti, che ero un po’ matto ma io son andato avanti, scontrandomi anche con le gelosie dei produttori del lago cui avevo chiesto informazioni per iniziare».

«Devo ringraziare» prosegue «l’amico Fulvio Briotti di Chiuro che possiede due uliveti in Toscana che mi ha consigliato e aiutato. Ricordo ancora il primo olio prodotto, erano tre litri, che non posso neanche dire che derivassero dalle mie olive. La quantità di olive era così limitata che nel frantoio di Lenno sono state miscelate con altre olive della zona del lago. Per avere il mio olio ho dovuto aspettare altri anni, quando ho avuto una produzione più alta, circa due quintali».

Poi Cesare mi mostra con orgoglio la fotocopia di un articolo di un vecchio numero di Centro Valle che parla di lui, che racconta la sua storia.

SPUNTA IL PRIMO ULIVETO IN VALLE”,

chissà mai che fra qualche anno, fra le bresaole, i vini, i formaggi, le mele di Valtellina non compaia anche sul mercato l’olio di oliva e chissà che come quello per esempio prodotto sulle rive del lago non riesca ad entrare nel paradiso dei prodotti doc. Nessuno l’avrebbe mai detto ma anche in Valtellina è possibile coltivare ulivi e avere ottimi frutti...

Toglie, dalla cartelletta di plastica, un'altra fotocopia.

È NATO IL PRIMO OLIO VALTELLINESE”

Quest’anno e nato il primo olio di oliva interamente nostrano, prodotto sui nostri terrazzamenti che per anni hanno accolto vigneti. Il raccolto è stato eccezionale, 178 kg per produrre 25 kg di ottimo olio spremuto presso il frantoio di Lenno in provincia d Como…

Rimette con cura in una cartelletta di plastica le due fotocopie e continua a raccontarmi della sua piantagione: «…ma ormai sono vecchio, non riesco neppure ad andare a trovare le mie piante, tutto è passato nelle mani di mio figlio Giuseppe e di mia nipote Elisa».

Giuseppe ha ascoltato in silenzio la nostra conversazione, senza mai interrompere, rispettando e condividendo le parole del padre, poi m’invita a fare una passeggiata tra gli ulivi. E lì in mezzo al verde delle piante dove i piccoli boccioli floreali incominciano ad aprirsi, mi mostra le creature del nonno, passate sotto le sue attente cure. Ormai sono passati quasi vent’anni, la produzione è aumentata, non sono più i 178 chilogrammi, il raccolto 2016 è stato di 12 quintali con una produzione di circa 120 litri di olio.

«Ho dovuto eliminare diverse piante, erano state messe troppo strette e dalle 140 iniziali sono arrivato a 110; dovrei toglierne ancora, ma mi dispiace, mi piange il cuore dover tagliare altre piante». Poi mi mostra il sistema di potatura adottato che tende a privilegiare la parte esterna della pianta, liberando la parte più interna in modo da portare la fruttificazione nelle zone più esposte al sole.

«Ci vuole tempo, per fare un buon lavoro», mi dice, «ma la potatura è molto importante per avere una produzione maggiore e soprattutto per avere olive di qualità. Io sono un metalmeccanico, ho imparato da solo, leggendo libri, cercando su internet, chiedendo informazione a chi è più esperto. La potatura e la raccolta sono i lavori più impegnativi, poi occorre tagliare l’erba, qualche trattamento a base di rame, dopo la raccolta e dopo la potatura, non sempre necessari, comunque sicuramente meno impegnativo della vite».

Camminiamo in mezzo alla piante, su questi gradoni, realizzati anticamente, che hanno sempre visto le radici delle vite e che oggi iniziamo a vedere una coltivazione diversa. Attorno a noi si vedono alcune vigne coltivate, altre abbandonate, trasformate in bosco. Penso alla fatica di nonno Cesare nell’estirpare le viti, nel preparare le buche per il nuovo impianto, nel trasportare il letame con la gerla per la concimazione. Ma penso anche alla soddisfazione di Giuseppe nel lavorare un terreno che viceversa sarebbe stato abbandonato, destinato ad un degrado pericoloso.

Giuseppe mi parla ancora della necessità di collaborazioni con le istituzioni, con le associazioni, dell’importanza della comunità montana nell’organizzare i corsi per la potatura, soprattutto per tutti i giovani che vogliono iniziare, della necessità di avere un frantoio più vicino, utilizzabile da tutti i produttori del nostro territorio, per abbassare i costi ma anche per avere un’immagine più completa dell’olio della Valtellina. Ma soprattutto insiste sull’importanza di incentivare questa coltivazione per evitare l’abbandono dei terrazzamenti dove la coltivazione della vite risulta antieconomica, per creare una risposta concreta nella difesa del territorio e nel creare un ambiente anche bello dal punto di vista estetico. Poi il discorso si sposta sull’aspetto economico. «Io sono soddisfatto» mi dice: «riesco a vendere tutto il mio prodotto, a Sapori di Montagna, una azienda di distribuzione di prodotti tipici, senza più preoccuparmi della vendita diretta. Il prezzo è buono, potrebbe essere anche di più, se paragonato a quello degli oli del Lago che solo perché hanno la Dop sono venduti a 30 euro al litro. La qualità del nostro olio è elevata. Non hanno niente da invidiare alle dop del Lario. I nostri costi sono alti. Partiamo da un costo per l’estrazione di 20 euro ogni quintale di olive, cioè circa 2 euro ogni litro d’olio, poi c’è la bottiglia, l’etichetta, il trasporto… Però io sono contento».

Sorride e mi parla del suo sogno: creare una piccola azienda per la figlia Elisa, giovane studentessa dell’istituto tecnico agrario. «Oltre l’uliveto, abbiamo una decina di capre camosciate. Mi piacerebbe aumentarle, creare una stalla di una quarantina di capi; poi mettere una decina di arnie, che potrebbero anche essere utili per le piante di olivo, e così formaggio, olio, miele, potrebbe portare un reddito per una ragazza che ha la passione per l’agricoltura».

Lasciati gli ulivi Giuseppe mi presenta Elisa, la terza generazione di una famiglia ancora legata all’agricoltura. Elisa sta finendo la lavorazione di una piccola cagliata derivante dal latte di capra ed è pronta per andare con il padre a mungere le capre. Le chiedo “dove ti vedi, tra dieci annio?” Mi sorride, i suoi occhi verdi si illuminano, ci pensa un po’ e poi mi dice: «in un’azienda mia, dove poter produrre formaggi caprini, miele e, naturalmente, l'olio extravergine dell’Elfo!»

 

Renato Ciaponi

(dal Blog il gusto del gusto, 19 maggio 2017)


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